
I soggiorni più straordinari, il servizio più esclusivo, il design studiato nei minimi dettagli, i ristoranti stellati, le esperienze taylor made per clienti cosmopoliti ed esigenti in arrivo da ogni Paese del mondo: sono i luxury hotel italiani premiati dalle “Chiavi” Michelin, la più celebre ed influente guida della ristorazione mondiale, che con questo riconoscimento sancisce un nuovo benchmark globale per esperienze alberghiere fuori dal comune. Ma alcuni di questi indirizzi da sogno sono anche aziende produttrici di vino, famose per le loro etichette: tra i 188 hotel italiani premiati con le “Chiavi” Michelin 2025 sono 14 quelli che vantano vigneti e cantine proprie, occupando saldamente un posto nel mondo dell’enologia nazionale. Al vertice della classifica, analizzata da WineNews, tra i 13 hotel vincitori del massimo riconoscimento delle “Tre Chiavi”, ben 3 sono produttori di vino: Rosewood Castiglion del Bosco a Montalcino (Siena), Borgo Santo Pietro a Chiusdino (Siena) e Castello di Reschio a Lisciano Niccone (Perugia). Tra le eccellenze alberghiere che hanno conquistato le “Due Chiavi” sono 4 le aziende produttrici, tutte in Toscana: Il Borro, Castello di Casole, Castelfalfi e Borgo San Felice. Invece, tra gli hotel premiati con “Una Chiave” Michelin, sono 7 quelle che producono vino: Castello di Vicarello, Conti di San Bonifacio, Castello Banfi Il Borgo, Villa Le Prata, La Foresteria Planeta Estate, Wine Relais Feudi del Pisciotto e Monaci delle Terre Nere.
I tre hotel che, oltre ad aver conquistato l’ambito riconoscimento delle “Tre Chiavi” 2025 sono anche produttori di vino, sono: Rosewood Castiglion del Bosco a Montalcino (Siena), Borgo Santo Pietro a Chiusdino (Siena) e Castello di Reschio a Lisciano Niccone (Perugia). A partire da Rosewood Castiglion del Bosco: qui, in una tenuta di oltre 2.000 ettari con un castello dell’XI secolo e una chiesa medioevale, nel 2003 Massimo e Chiara Ferragamo hanno avviato un progetto di recupero e valorizzazione. Dal 2015 la gestione dell’ospitalità è stata affidata a Rosewood Hotels & Resorts, dando vita a Rosewood Castiglion del Bosco, e nel 2022 la proprietà è stata venduta ad un family office internazionale. Castiglion del Bosco conta 42 suite e 11 ville private immerse nella campagna senese, un campo da golf disegnato dal campione Tom Weiskopf, una Spa, un orto biologico, una scuola di cucina e due ristoranti, di cui uno (“Campo del Drago”, guidato dallo chef Matteo Temperini) vanta 2 Stelle Michelin. E naturalmente la cantina, che ha scritto pagine importanti nella storia del Brunello di Montalcino: gli ettari vitati sono 62 e vengono coltivati in regime biologico, per una produzione complessiva di circa 300.000 bottiglie.
Borgo Santo Pietro, a Chiusdino (Siena), è un boutique hotel a 5 stelle di proprietà di una coppia di imprenditori danesi. Due i ristoranti, il raffinato “Saporium” e la più informale “Trattoria sull’Albero”. I 120 ettari della tenuta vengono coltivati secondo i principi dell’agricoltura biologica, tra orti, campi, giardini, boschi e naturalmente vigneti: in tutto 25 ettari, soprattutto a Sangiovese (ma ci sono anche Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot e Pinot nero, e tra i bianchi Trebbiano, Chardonnay e Viognier). Nel 2023 è stato lanciato il brand Borgo San Pietro Wines. Solo tre le referenze, dai nomi evocativi e dalle bottiglie di design, impreziosite dal lettering della famosa calligrafa Betty Soldi: il Rosè “Per gli amici”, il bianco a base Chardonnay “Per mia madre” e il rosso “Per l’amore mio” (100% Pinot Noir). Il Castello di Reschio a Lisciano Niccone (Perugia), al confine tra Umbria e Toscana, è un antico maniero risalente al X secolo, interamente ristrutturato dal conte e architetto austriaco Benedikt Bolza, insieme a sua moglie, Nencia Corsini: qui tutto è in edizione unica e personalizzata, tra mobili di design contemporaneo e opere d’arte d’epoca, tra le torri del castello e le ville vicine, con piscine e campi da tennis. Il castello è immerso in una tenuta di 1.500 ettari in cui, oltre a cereali e olio evo, vengono coltivati Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon e Grechetto Trebbiano, che danno vita ai vini ad etichetta Reschio.
Sono tutte in Toscana - a dimostrazione dello stretto intreccio tra turismo internazionale, accoglienza di alto livello ed eccellenza enologica da sempre incarnato dalla regione - le 4 eccellenze alberghiere e produttori di vino che hanno conquistato le “Due Chiavi”. A Il Borro, tenuta di 1.100 ettari nel Valdarno di proprietà, fin dal 1993, della famiglia di Ferruccio Ferragamo, ogni spazio - dal borgo medievale interamente restaurato alle numerose suite e ville d’epoca - è concepito per offrire un’esperienza che riflette l’identità più autentica del territorio. L’ospitalità si completa con ben quattro ristoranti - tra cui “L’Osteria del Borro” e “Il Borro Tuscan Bistro”, guidati dall’executive chef Andrea Campani - a cui si sommano l’orto biologico, 33 ettari di uliveti, il frantoio, gli allevamenti e le arnie. Cuore pulsante dell’azienda è la cantina, che si snoda per 300 metri sottoterra e gli 85 ettari di vigneti, dai quali si producono vini pregiati interamente biologici.
A Casole d’Elsa (Siena), la tenuta del Castello di Casole, resort di lusso a 5 stelle del Gruppo Belmond (del gruppo leader mondiale del lusso Lvmh) si estende su 1.700 ettari e conta 39 tra camere e lussuose suite, una Spa ricavata da un’antica cantina, piscine, ristoranti, un centro fitness e numerosi giardini e terrazze. Ma nella tenuta ci sono anche 10 ettari di vigneti biologici distribuiti in 13 diversi appezzamenti, tra cui Cabernet, Sangiovese, Merlot e Petit Verdot. Con le uve della tenuta si producono i vini a marchio esclusivo “Sì di Sì”, un gioco di parole sulla pronuncia inglese dell’acronimo CdC - Castello di Casole, con etichette in stile vintage ispirate ai film degli anni Sessanta del Novecento. Castelfalfi, a Montaione (Firenze), è un borgo medievale con 800 anni di storia nel cuore della Toscana: la tenuta, di recente acquistata dall’imprenditore indonesiano Sri Prakash Lohia, si estende per oltre 1.100 ettari tra vigneti, oliveti, casolari e il borgo storico, e, accanto alla bellezza naturale e all’eleganza del magnifico hotel, offre un’ampia gamma di esperienze, tra eccellenze enogastronomiche, una wellness Spa d’avanguardia, boutique esclusive e numerose attività sportive e all’aria aperta. Sono 25 gli ettari vitati, che vedono il Sangiovese come il vitigno principe, mentre Colorino, Merlot, Cabernet, Alicante e Vermentino crescono in quantità minore. Borgo San Felice Resort (di proprietà del Gruppo Allianz) il primo Relais & Châteaux del Chianti Classico. Oltre a svariate ville private e lussuose suite, conta su due ristoranti, uno gourmet (“Poggio Rosso”, con lo chef Stelios Sakalis) con una stella rossa e una verde Michelin, l’altro più rustico e informale. Sul fronte vitivinicolo San Felice è una delle realtà più significative della denominazione del Chianti Classico, con una valorizzazione del Sangiovese che ha fatto scuola per anni, affiancata da una ricerca sui vitigni di antica coltivazione con le Università di Firenze e Pisa. Oggi, con 140 ettari a vigneto per una produzione complessiva di 900.000 bottiglie, è tra i protagonisti indiscussi della Unità Geografica Aggiuntiva chiantigiana di Castelnuovo Berardenga. Tra i vincitori delle “Due Chiavi” da segnalare anche Monteverdi Tuscany, raffinato albergo diffuso a Castiglioncello del Trinoro, nel cuore della Val d’Orcia, di proprietà di Michel Cioffi (avvocato americano già consulente dell’ex Presidente Usa Barack Obama), che non produce direttamente vino, ma ha rilevato a Montepulciano Tenuta Val di Piatta, una delle griffe storiche del Nobile di Montepulciano.
Anche la famiglia Sanoner, proprietaria dell’universo Adler - che quest’anno ha ottenuto il riconoscimento delle “Due Chiavi” con il suggestivo Adler Spa Resort in Sicilia e di “Una Chiave” con l’Adler Lodge Ritten a Soprabolzano - possiede in Val d’Orcia la cantina Sanoner, che produce etichette di eccellenza in regime biodinamico.
Infine, tra gli hotel premiati con “Una Chiave” Michelin, sono in 7 a produrre vino: il Castello di Vicarello, a Cinigiano (Grosseto), che conta su 40 ettari di vigneti biologici; Conti di San Bonificio, wine resort di lusso a Gavorrano (Grosseto), che produce etichette bio con la supervisione dell’enologo Riccardo Cotarella; la Foresteria Planeta Estate a Menfi (Agrigento), di proprietà della famiglia Planeta, una delle griffe più famose dell’enologia siciliana; Castello Banfi Il Borgo Relais & Chateaux, a Montalcino, che con 14 tra camere, ville e suite, una Spa, due ristoranti (di cui uno stellato, “Sala dei Grappoli”, con lo chef Domenico Francone), un’enoteca, una balsameria ed un Museo del vetro, rappresenta da sempre uno dei riferimenti del turismo del vino in Italia, oltre che una pietra miliare della storia del Brunello di Montalcino; Wine Relais Feudi del Pisciotto a Niscemi (Caltanissetta), un antico feudo del Seicento con 44 ettari vitati, che fa parte di Domini Castellare di Castellina; Villa Le Prata a Montalcino, raffinato wine resort di proprietà di Anna Brookshaw e Bernardo Losappio, nato dal restauro di un casino di caccia ottocentesco, in cui vengono prodotti Brunello da collezione; infine, Monaci delle Terre Nere, a Zafferana Etnea (Catania), un wine resort alle pendici dell’Etna, con 25 ettari a regime biologico di cui 6 vitati, in cui nascono i vini firmati Guido Coffa.
L’intreccio tra ospitalità di lusso & vino è ormai talmente rilevante che, secondo i rumors, il Gruppo Michelin, che edita la più celebre ed influente guida della ristorazione mondiale, e che dal 2019 possiede anche il 100% di “The Wine Advocate”, pubblicazione leader della critica enologica fondata dal critico Robert Parker, potrebbe in un futuro molto vicino lanciarsi una sorta di “Guida Michelin del vino”: lo avrebbe lasciato intendere, in queste ore, il ceo Michelin, Florent Menegaux. D’altronde, in questi anni, la Guida Michelin - che, nel 2025, celebra i 125 anni dalla prima edizione assoluta, dedicata alla Francia (mentre la prima edizione sull’Italia è del 1956, “Dalle Alpi a Siena”, con la “copertura” nazionale a partire dal 1957) - è cambiato molto ed ha introdotto molte novità. Dalle “stelle verdi”, per esempio, dedicate ai ristoranti di qualità particolarmente impegnati sul fronte della sostenibilità, alla copertura di nuovi Paesi e aree del mondo, a vere e proprie novità.
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