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INCHIESTA “THE INSIDER”

Se la Russia aggira le sanzioni sui fine wines, che spopolano nei grandi ristoranti di Mosca

Mentre infuria la guerra, gli oligarchi hanno trovato il modo di importare le griffe di Borgogna e Bordeaux, tra connivenze e triangolazioni

Dall’invasione dell’Ucraina, poco meno di un anno fa, i rapporti commerciali tra la Russia e i Paesi dell’Unione Europea sono ridotti, comprensibilmente, ai minimi termini. L’Europa sta cercando in ogni modo di superare la dipendenza dal gas e dal petrolio russo, e la lista dei prodotti sotto embargo è ben nutrita, eppure, i flussi commerciali con la Russia non si sono mai del tutto interrotti. Anzi, a guardare i dati Istat sulle esportazioni di vino italiano (analizzati ogni mese da WineNews), nei primi 10 mesi 2022, con una certa sorpresa, le spedizioni dalle cantine italiane sono cresciute sui primi 10 mesi 2021 del +4,6%, a 120 milioni di euro. Il vino, d’altro canto, non è tra i prodotti sotto embargo, ma le bottiglie che costano oltre i 300 euro, pari all’1% delle importazioni enoiche russe, sì. 

Nel mondo globalizzato, però, pensare di fermare la circolazione di una qualunque merce è obiettivo talvolta utopistico. E, infatti, fatta le legge, gli oligarchi di Mosca hanno presto trovato l’inganno per continuare ad importare e bere Champagne, Borgogna e Bordeaux. Inganno neanche troppo ingegnoso, in realtà, perché di base si tratta di una triangolazione che coinvolge un Paese baltico, con un’azienda di import fittizia a fare da filtro. Come racconta un’inchiesta del magazine investigativo russo “The Insider”il Cremlino ha continuato a comprare centinaia di bottiglie, del valore di decine di migliaia di euro l’una, attraverso la Ryatiko, società di proprietà del magnate dei farmaci Alexey Repik, che con la sua R-Pharm vanta un patrimonio da 1,4 miliardi di dollari. La Ryatiko, in realtà, è nata per importare dal Giappone zenzero in salamoia e stimolanti muscolari, ma negli ultimi due mesi del 2022 ha importato in Russia ben 3,9 milioni di euro per 800 bottiglie di vino: quasi 5.000 euro a bottiglia.

È così che bottiglie come quelle di Vosne-Romané Cros Parantoux 1996 di Henri Jayer, di Romanée-Conti Richebourg 1984, o di Hermitage La Chapelle 1961 di Paul Jaboulet Aine, ma anche i premiers cru di Bordeaux ed i grandi Barolo, finiscono abitualmente sulle tavole degli stellati di Mosca e su quelle degli oligarchi, mentre al fronte giovani ed ignari militari russi vengono mandati a morire nella più atroce delle guerre di questo Millennio, e nel Paese, 17,6 milioni di persone sono costrette a vivere con meno di 200 euro al mese.

È una vicenda ricca di lati oscuri, e come spiega il “The Insider” (qui l’articolo completo), i russi non sarebbero stati in grado di acquistare vino senza l’aiuto delle aziende europee e di un intermediario, che li aiutasse ad aggirare le sanzioni aiutando la Ryatiko. Tutte le consegne sono state effettuate con un unico contratto (n. 12/6/22 del 12 giugno 2022), e parallelamente il pagamento dei vini di decine di diversi produttori è stato effettuato con due fatture (n. 2 del 30 giugno 2022 e n. 3 del 12 agosto 2022). Il ventre molle è rappresentato dai Paesi baltici - Lettonia, Lituania ed Estonia - da dove passano, già da molto prima della guerra, la stragrande maggioranza delle bevande alcoliche importate dalla Russia. Qui, la maggior parte degli importatori affitta dei depositi dove vengono apposti i bolli delle accise e le controetichette russe sulle bottiglie importate.

Sin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che la dogana non avrebbe mai dovuto permettere l’ingresso in Russia si prodotti sanzionati. Ed è qui che arriva il colpo di genio, se così si può dire: 22 lotti dei vini più costosi sono stati importati come campioni da degustazione, anche se la dimensione dei lotti era decisamente superiore agli standard. Il limite è infatti individuato in 2,5 litri per tipo, ma solo di Romanée-Conti sono state importate, con questo sistema, 78 bottiglie. Ma ci sono almeno altre due strade percorribili, per aggirare le sanzioni: l’utilizzo di un intermediario europeo, che possa acquistare vino al prezzo di mercato e poi “aggiustarlo” per l’acquirente russo, oppure il trasferimento fittizio attraverso il territorio della Russia ad altri Paesi dell’unione doganale, come ad esempio il Kazakistan.

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