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BATTAGLIA GLOBALE

Se l’Oms “detta” la linea ai giornalisti sui rischi del consumo di alcol

Monolitico e zeppo di imprecisioni, il “Reporting about alcohol: a guide for journalists” è l’ennesimo attacco (anche) al vino
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L’Oms ed il vino

La battaglia contro il consumo - più che l’abuso - di alcol si fa sempre più spigolosa, a tutti i livelli. Sul fronte interno all’Europa, il via libera del Governo di Dublino agli health warning in etichetta, che riguarda ogni tipo di bevanda alcolica, compreso ovviamente il vino, è stato un colpo duro da digerire, anche perché difficilmente in sede Wto, dove si è spostato il confronto, si assisterà ad un dietrofront. A dettare la linea, però, è l’Oms, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, che ha, nelle sue rigide linee guida, proprio la lotta, senza quartiere, al consumo di alcol. Portata avanti senza guardare in faccia nessuno, neanche la libertà della stampa e dei giornalisti, per i quali l’Oms stessa ha pubblicato un vero e proprio memorandum: “Reporting about alcohol: a guide for journalists” (che potete trovare e scaricare qui).

Decisamente non un bell’esempio di cultura liberale, cara a tutto l’Occidente. Ma neanche di onestà intellettuale, perché, come ha sottolineato Krystel Lepresle, delegata generale Vin & Société, al magazine francese “Vitisphere”, le linee guida sono zeppe di assolutismi ed imprecisioni, che non fanno certo il bene di un dibattito pubblico dai toni sempre più esacerbati. Innanzitutto, si parte dal solito presupposto per cui l’alcol, essendo una molecola tossica, proprio come il tabacco, va semplicemente debellato. Non c’è spazio per il consumo responsabile, né per i tanti studi che dimostrano come la moderazione porti più di un vantaggio - insieme ovviamente ad uno stile di vita sano - alla salute.

Una visione piatta, monolitica, dettata dalle più irriducibili associazioni salutiste, tra cui Movendi International, confraternita che fa parte del movimento per la temperanza, che promuove l’astinenza dall’alcol e da altre droghe sin dal 1851. Come se non bastasse, persino le campagne firmate dalle associazioni dei produttori di alcolici (ad esempio quella sulla guida sicura, che ha salvato, negli anni, migliaia di vite in tutta Europa) vengono messe alla berlina, considerate esclusivamente come un modo, per il settore, di ripulirsi la coscienza e deresponsabilizzarsi. In questo senso, ci sentiamo di condividere appieno quanto sostenuto, in calce al suo articolo, da Krystel Lepresle: “il vino è parte integrante del patrimonio culturale, gastronomico e turistico della Francia (come dell’Italia, ndr). Modella i nostri paesaggi e fa parte di una storia millenaria. Conosciamolo, apprezziamolo, assaggiamolo con moderazione ... Ma non sacrifichiamolo sull’altare di un igienismo globalizzato sempre più disinibito. Resistere al suo assalto è una lotta permanente, difficile ma assolutamente necessaria per preservare il patrimonio culturale che è il nostro bene comune”.

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