Quando si parla di Asia, per il vino, si parla quasi sempre di Cina. Ma sono tanti i mercati orientali che possono regalare soddisfazione. Tra questi, senza dubbio, c’è la Corea del Sud, “Paese che nel dopoguerra era tra i più poveri al mondo, con 100 dollari di reddito procapite all’anno, e che oggi invece è sui livelli dell’Italia, intorno ai 22.000 euro”, spiega a WineNews Guglielmo Galli, direttore dell’Agenzia per l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ex Ice) di Seoul. E dove il consumo di vino, seppur ancora modesto dal punto di vista dei numeri, cresce. Lo conferma anche l’export di vini italiani nel Paese, cresciuto, in valore, da 17,75 milioni di dollari nel 2009 a 22,1 milioni nel 2011, con l’Italia alla posizione n. 3 per quota di mercato, con il 16%, dietro a Francia e Cile. “E se è vero che il vino è considerato ancora un prodotto di elite anche per via dei prezzi, visto che grosso modo una bottiglia arriva sullo scaffale ad 8 volte il prezzo di partenza dalla cantina, da un lato l’eliminazione, nel luglio del 2011, delle tasse doganali, e dall’altro il crescente interesse per il prodotto, fanno intravedere buone prospettive. E poi la ristorazione italiana è molto presente, soprattutto nella capitale dove ci sono 700 ristoranti italiani, e questo è importante”. Certo la crisi si sente anche qui, tanto che il prezzo medio al litro del vino consumato è sceso da 5,8 dollari nel 2008 a 5,1 nel 2011, ma gli spazi di crescita ci sono, come dimostra una ricerca sui trend tra gli appassionati di vino coreani. La maggior parte di loro (il 39%) ha speso tra i 26 e i 42 dollari a bottiglia nel 2011, e il 24% tra i 43 e gli 83 dollari. Il vino rosso domina, con il 78% delle preferenze. Nel 53,7% si beve a casa, anche se è molto diffusa l’abitudine a stappare al ristorante, pagando il “diritto di tappo”, bottiglie acquistate in enoteca (nel 22% dei casi). E “in un Paese ancora molto affascinato dai brand, e dove se si fa un regalo si va sulla Francia, ad eccezione di pochi italiani come Brunello di Montalcino o Amarone”, dice Galli, la degustazione è il motivo più influente (33%), tra i fattori che determinano l’acquisto. Segno di un mercato con una base di maturità enoica che lo rende ancora più appetibile.
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