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Sicilia en Primeur 2017: il “continente vitivinicolo” affronta la sua complessità tra stili enologici in evoluzione e fluidità dei mercati. I migliori assaggi di WineNews. 2016 soddisfacente ma con pochi picchi qualitativi assoluti

Italia
Etna territorio top della Sicilia enoica di oggi

Vale certamente l’appellativo di “continente vitivinicolo” per la Sicilia enoica, ma come per ogni sistema complesso e variegato, e in crescita, ci troviamo di fronte anche ad un enorme “cantiere aperto”, dove ancora una definizione precisa, soprattutto, degli stili aziendali e della vocazionalità più articolata dei vari terroir, resta non definitiva e definibile. Anche i vini, pertanto, riflettono questo “working in progress” e se, in generale, dimostrano una buona qualità di fondo all’insegna della piacevolezza soprattutto, emergono pochi picchi qualitativi, pure possibili, capaci di lanciare definitivamente la Sicilia enoica verso nuovi successi nel mondo. In un momento, peraltro, che vede i vini dell’isola sempre più proiettati sui mercati esteri (dove in generale arriva il 50% della produzione, mentre l’altro 50 resta nei confini nazionali e, anzi, per molte realtà tra i confini dell’isola). Ecco l’imprinting generale che è uscito dalla degustazione di Sicilia en Primeur 2017, la kermesse organizzata da Assovini Sicilia (composta da 76 aziende vinicole, piccole, medie e grandi), che presenta l’annata che si appresta ad entrare sul mercato, per questa edizione, la 2016: un millesimo interessante per la Trinacria, come, peraltro, tutti quelli in cui il caldo estivo non ha raggiunto livelli troppo elevati, favorendo in questo senso declinazioni più eleganti e fresche sia nei rossi che nei bianchi; grazie ad un’estate mite e senza picchi di calore, infatti, l’uva ha potuto raggiungere una maturazione ottimale gradualmente, valorizzando i profumi e la complessità degli aromi e producendo vini di buona struttura e freschezza gustativa.
Tutto bene, quindi? Non del tutto. Le aziende siciliane continuano ad esprimere una differenziazione piuttosto evidente tra le cantine con più esperienza alle spalle e quelle di nuova costituzione e/o minore esperienza tecnico-produttiva: intendiamoci, non c’è più spazio per vini poco definiti o, peggio, con presenza di difetti, tuttavia resta ancora evidente una certa difformità, come accennato, nell’esprimere uno stile e un’appartenenza territoriale definita. Le scelte enologiche che hanno descritto storicamente la parabola del successo enologica dell’isola, dai vini da vitigno alla produzione incentrata su uve internazionali e l’uso massiccio della barrique, solo per fare gli esempi più evidenti, hanno probabilmente cessato la loro spinta propulsiva, anche in risposta ad un cambiamento tendenzialmente universale dei gusti e delle mode enoiche più di tendenza.
Un processo che sta interessando l’intero panorama vitivinicolo nazionale e che qui in Sicilia sta “costringendo” le aziende a muovere i primi passi, soprattutto grazie al “traino” rappresentato dal fenomeno Etna. La denominazione in questione, che potremmo dire gioca una partita “su un altro campo” (istituita nel 1968 e indicata da Giacomo Tachis, già agli inizi degli anni Novanta quando collaborò ai progetti di rilancio dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino, come una delle zone più interessanti della Sicilia), riesce a concentrare in se stessa un po’ tutti gli ingredienti della ricetta più ricercata del vino dei primi venti anni del nuovo Millennio: freschezza, bevibilità, eleganza, legame riconoscibile con un territorio specifico, presenza di un vitigno locale predominante.
Un input che tutta la Sicilia del vino sta, comunque, metabolizzando concentrandosi sul patrimonio che pure esiste composto da vitigni di antica coltivazione che meritano una valorizzazione più attenta e importante e terroir di buonissima vocazione per la vite. A partire, per fare l’esempio più eclatante, dallo stesso Nero d’Avola che, nel recente passato, ha subito, per così dire, le influenze di uno stile “nuovo mondista” che ha finito per penalizzarlo e che attualmente sta ricercando una identità più vera e coerente. Encomiabile, poi, lo sforzo di valorizzare varietà difficili come il Perricone o coltivare in zone calde bianchi come il Catarratto, ricercando declinazioni all’insegna dell’eleganza e del legame con il territorio, unito ad una ritrovata attenzione verso metodiche di affinamento più “mediterranee” come il legno grande.
Veniamo ai vini. Sul fronte dei bianchi, colpisce per pulizia e freschezza la declinazione “secca” dello Zibibbo, classicamente realizzata nel Lighea 2016 di Donnafugata, un vino affidabile e immediatamente piacevole. Sapidità e ritmo nel sorso del Bianco Maggiore 2016 di Cantine Rallo, vino centrato ottenuto da Grillo in purezza. Sembra quasi un “divertissement” enoico, molto semplice ma delizioso il Grillo 2016 prodotto a Mozia da Tasca d’Almerita. Un vino decisamente piacevole e di fattura ineccepibile l’Azisa 2016 di Zisola , Grillo e Cataratto in blend. Possiede profumi aperti ed incisivi e una progressione gustativa continua il Grillo Zagra 2016 di Valle dell’Acate. Continua a restare un bianco di riferimento e non solo in Sicilia l’Etna Bianco A’ Puddara 2013 della Tenuta di Fessina . Cenni di pietra focaia e frutti tropicali anticipano un sorso avvincente e incisivo nel bianco Eruzione 1614 2016 di Planeta. Aromi pieni e intensi per l’appagante e gustoso Grillo Parlante 2016 di Fondo Antico. Progressione gustativa piena e ritmata su profumi intensi e puliti nel C’D’C’ 2016 di Baglio del Cristo di Campobello. Nitido aromaticamente quanto verticale in bocca l’Etna Bianco Calderara 2015 di Cottanera. Bilanciato e fresco l’Etna Bianco Arcurìa 2015 di Graci, mentre quello 2012 di Tenute Nicosia, dimostra l’evoluzione possibile del Carricante.
Tra i rossi, è profumato e di beva rilassata il Nero d’Avola Campo Reale 2016 della Tenuta Rapitalà , mentre è goloso e non privo di carattere Il Frappato 2016 di Valle dell’Acate. Versione austera e di grande energia quella 2013 del Rosso del Conte di Tasca d’Almerita, vino simbolo della Trinacria. Immediato ma non banale il Cerasuolo di Vittoria 2015 di Planeta, un rosso di consolidata affidabilità. Succoso e caldo ma anche ben sostenuto dall’acidità l’Etna Rosso San Lorenzo 2015 di Girolamo Russo. Dalla cifra stilistica moderna e robusta il Nero d’Avola Deliella 2014 del Feudo Principe di Butera (Zonin). Concentrato e potente il Nero d’Avola Saia 2015 di Feudo Maccari, rosso senza compromessi di grande intensità. Sorso elegante anche se fitto e denso per il Duca Enrico 2012 di Duca di Salaparuta, Nero d’Avola in purezza dai profumi articolati. Sfumato aromaticamente e dalla progressione gustativa leggiadra l’Etna Rosso Alta Mora 2014 di Cusumano. Più evoluto nei profumi ma dal fascino intatto l’Etna Rosso Rovitello 2013 di Bennati. Pietra focaia e piccoli frutti rossi anticipano una bocca ritmata e gustosa nell’Etna Rosso 2013 di Cottanera. Austero ma vivave il Quota 1000 Barbabecchi 2013 di Graci.
Una specialità della Sicilia enoica è senz’altro rappresentata dai vini dolci, dove, senza inutili giri di parole, esiste un vino di riferimento: il Passito di Pantelleria Ben Ryè di Donnafugata, che anche nella versione 2014, dimostra di avere una marcia in più per complessità aromatica e piacevolezza del sorso. Piacevole anche il Moscato Ra’is 2012 di Baglio di Pianetto e ben costruita la Malvasia delle Lipari Passita Najm 2013 delle Cantine Colosi. Profuma di datteri e pesche sciroppate il Passito di Pantelleria Alcova 2012 di Coste Ghirlanda , raffinato anche al gusto mai stucchevole e ben bilanciato. Profumato e dolcissimo l’Hekate 2013 di Feudo Arancio.
Anche in Sicilia cresce la febbre per le bollicine, usando i vitigni locali. Lo spumante Nero Luce di Feudo Principi di Butera, ottenuto da nero d’Avola, ha buona progressione e profumi centrati. Croccante e profondo il Sosta Tre Santi Brut Metodo Classico di Nicosia, ottenuto da Carricante in purezza, dalla bella nota di pietra focaia sul finale. 
I rosati, infine: molto interessante il Mandrarossa Perricone Rosé 2016 di Cantine Settesoli e altrettanto godibile l’Etna Rosato 2016 di Pietradolce.

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