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Slow Food: “no alla messa al bando dei formaggi a latte crudo, ma investire in ricerca”

I messaggi da “Cheese” a Bra, anche di pace, nel gemellaggio con Betlemme dove la Chiocciola sostiene la cantina Cremisan, tra Israele e Palestina

“Noi non siamo fuori dal mondo, siamo dentro al mondo e vediamo come, da tempo, la fame e la malnutrizione siano usate come arma di guerra. Siamo in presenza di qualcosa di mai visto, dove si uccide con determinazione la povera gente e i bambini. Ecco perché non possiamo e non dobbiamo stare in silenzio: quello del governo israeliano è un atteggiamento criminale intollerabile. A chi dice che questo non c’entra coi formaggi rispondo che c’entra eccome, perché “Cheese” è un luogo di pace, confronto e di dialogo, che unisce persone da tutto il mondo”. È il messaggio che Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, ha lanciato da “Cheese” 2025, a Bra, lo storico evento della Chiocciola dedicato ai formaggi a latte crudo, edizione n. 15 organizzata con la Città di Bra, dove si chiude oggi.
Un mondo, quello dei formaggi a latte crudo, “fragile che cade sotto i colpi dell’industrializzazione di tutto e tutti, cade di fronte a una drammatica separazione degli esseri umani dalla natura e dagli animali - ha detto Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia - cade per via di un turismo aggressivo e veloce, cade perché mancano politiche lungimiranti sulle aree interne, collinari e montane, da cui potrebbe ripartire un ripensamento del futuro del nostro Paese. Nell’idea che abbiamo per la produzione casearia del futuro servono corretta e chiara informazione, una comunicazione capillare ed equilibrata, una approfondita e articolata formazione dei produttori e un importante aggiornamento degli operatori sanitari”.
Un mondo “intorno” al formaggio a latte crudo che è fatto di pastori e casare, ma anche di boschi e praterie, castanicoltori e apicoltrici, cardatori e tessitrici di lane, artigiani che lavorano il legno e botanici. Tanto che, a “Cheese”, è stata promossa la Scuola di perfezionamento per la pastorizia estensiva di Calascio, a L’Aquila, rivolta ad aspiranti pastori, a forestali, veterinari e agronomi, ma anche a chi ha già dimestichezza con animali e greggi, con un’offerta formativa di otto masterclass tra il 2025 e la primavera del 2026: dalla gestione del pascolo alla conservazione della biodiversità, dalla produzione alimentare sostenibile al marketing territoriale (per candidarsi: info.scuolapastoriziacalascio@gmail.com). “Fare il pastore non significa solo gestire il gregge, servono competenze nuove - ha sottolineato Federico Varazi, vicepresidente Slow Food Italia - detiene un ruolo strategico nella conservazione del paesaggio e della biodiversità e nella produzione di servizi ecosistemici. Per questo occorrono nozioni diverse, oltre a saper gestire bene un gregge, che spaziano dalle scienze veterinarie alla botanica, passando naturalmente dalla approfondita conoscenza delle normative che regolano il settore dell’allevamento e della trasformazione dei prodotti”.
E sempre “intorno” ci sono anche i Presìdi Slow Food, dal Graukäse della Valle Aurina al Macagn, passando per il caciocavallo Podolico del Gargano, il caciofiore della campagna romana, e anche quelli dei prodotti non caseari, come il miele di alta montagna che copre tutte le Alpi, dalla Liguria al Friuli, il prosciutto del Casentino, la cipolla di Giarratana, per citarne solo alcuni, tra i 400 in tutta Italia e riuniscono 2.200 produttori, ponendo al centro la biodiversità nella sua complessità. E proprio in occasione di “Cheese” è stato presentato uno studio che analizza lo stato di salute di questi Presìdi (che hanno appena compiuto 25 anni) - grazie al sostegno dell’azienda vitivinicola Guido Berlucchi, “custode” del primo Franciacorta della storia, e in collaborazione con le Università di Torino e di Palermo - ne sono stati valutati 82. Un campione significativo per quantità e varietà di produzioni, appartenenti a tre diverse categorie merceologiche: 47 prodotti vegetali, 21 formaggi e 14 salumi coinvolgendo 621 produttori, il 29% del totale. “Da oltre vent’anni Berlucchi e Slow Food condividono valori e obiettivi comuni: la salvaguardia delle tradizioni agroalimentari, la tutela della biodiversità e la promozione di un modello di sviluppo sostenibile - ha detto Cristina Ziliani, alla guida della Guido Berlucchi insieme ai fratelli Arturo e Paolo - lo pratichiamo con il nostro lavoro quotidiano in azienda e lo dimostriamo anche sostenendo l’attività di monitoraggio dei Presìdi oggi. Siamo felici di aver collaborato con Slow Food ancora una volta e di aver contribuito così a valorizzare un pezzo di storia italiana”. Un monitoraggio che racconta, per esempio, che il 27% dei produttori dei Presìdi ha meno di 40 anni, e che il dato più elevato riguarda i formaggi, con il 39% delle aziende guidate da giovani. E che fra i 621 produttori coinvolti nello studio, le donne sono 213, e anche qua è nel settore caseario che si ha la maggior concentrazione (47%), con i vegetali che invece stanno a metà strada (33%), con i salumi più in basso (20%). Un dato rilevante, spiega il report, perché la pastorizia, storicamente, è appannaggio degli uomini e in molti casi associata a sistemi patriarcali. Donne-protagoniste e controcorrente, che sono riuscite a ritagliarsi il loro spazio e che hanno adattato questo mestiere alla specificità del genere femminile. Allevano, gestiscono fattorie, fanno formaggio, vendono direttamente e spesso sono impegnate nelle attività educative dell’azienda. Il monitoraggio evidenzia anche che nel 56% dei casi la remuneratività delle produzioni è aumentata, mentre nessun produttore ha sperimentato una riduzione, e che nel 67% dei casi i Presìdi contribuiscono a conservare un paesaggio rurale di particolare valore (giardini, frutteti storici, piante millenarie, sentieri, tratturi). In particolare, per i Presìdi caseari, che, prevedendo il pascolo degli animali, favoriscono la conservazione e la buona gestione dei paesaggi prativi montani e di alta collina. Infine, emerge che più del 90% dei produttori ha ridotto l’impiego di concimi chimici di sintesi, mentre oltre il 60% ha scelto di orientarsi verso pratiche di fertilizzazione organica. Inoltre il 90% dei Presìdi caseari prevede la cura di prati stabili, l’86% dichiara invece di allevare razze locali e l’81% contribuisce - con la sola presenza - alla conservazione di un paesaggio rurale (pascolo, sentieri, tratturi, sottobosco gestito). C’è poi un 67% che garantisce ai propri animali spazi maggiori in stalla rispetto a quelli previsti dalle normative.
Altro tema affrontato nella kermesse è quello dei microbi: “dopo la pandemia di Covid si sta guardando al mondo dei microbi in maniera distorta, considerandoli unicamente come sorgente di pericolo, mentre meno dell’1 per mille delle specie microbiche è potenzialmente pericolosa - ha spiegato Duccio Cavalieri, professore ordinario di Microbiologia all’Università di Firenze e autore di “I microbi salveranno il mondo? Proteggerli per sopravvivere” - è fondamentale, invece, la consapevolezza che senza microrganismi non saremmo vivi, non ci saremmo evoluti, e senza alimenti contenenti microrganismi non potremmo sopravvivere. Semplicemente, senza microrganismi utili, la nostra società non potrebbe esistere - ha aggiunto - essere esposti ai microrganismi presenti negli alimenti fermentati vivi, come lo yogurt, il kefir e il latte crudo, aiuta ad allenare e formare il sistema immunitario”. Ma, come ricorda Slow Food, questo non significa ignorare i casi, seppur rarissimi, di intossicazioni da Escherichia coli Stec, un batterio che si può trovare negli alimenti crudi. “Ogni singolo caso merita tutta la nostra attenzione e tutto il nostro impegno - ha sottolineato Giampaolo Gaiarin, referente tecnico della filiera casearia di Slow Food Italia - proibire la lavorazione del latte crudo e mettere al bando i formaggi che ne derivano sarebbe come vietare la bicicletta o la macchina per via degli incidenti”, ha aggiunto, spiegando che “bisogna investire in ricerca, migliorare gli approcci di rilevazione dei patogeni e applicare tecniche di genomica a tutta la filiera”. A tal proposito, Stefano Pozzetti, dell’associazione Aida, ha sottolineato il rischio che le linee guida ministeriali per il latte crudo trasmettano un messaggio scorretto, evidenziando i limiti e non l’enorme valore dei formaggi a latte crudo, e mettendo in crisi aziende che devono già affrontare enormi difficoltà quotidiane, mentre Angela Saba, pastora e produttrice del pecorino a latte crudo della Maremma, Presidio Slow Food, si è fatta portavoce di centinaia di produttori e produttrici. La Chiocciola ribadisce che le contaminazioni del latte crudo sono possibili (così come di molti altri alimenti crudi), quando le pratiche di lavorazione non sono seguite correttamente, nel rispetto delle regole igieniche pubblicando anche una serie Faq sul latte crudo, spiegando cos’è, come viene prodotto, qual è la differenza con il latte termizzato e pastorizzato, qual è il valore del pascolo e dell’erba nell’alimentazione degli animali, quali sono le necessarie cautele per un consumo corretto.

Focus - I progetti con Cantina Cremisan in Palestina e Scuola Juzoor in Cisgiordania
Insieme a Vis-Volontariato Internazionale per lo sviluppo, nel gemellaggio tra il Comune di Bra e la Città di Betlemme, a “Cheese” 2025 sono stati presentati i progetti dei vini dei Salesiani di Cremisan dai vigneti al confine tra Israele e Palestina, e della Scuola Juzoor in Cisgiordania. Il progetto dei vini dei Salesiani del Monastero di Cremisan (25 ettari e 250.000 bottiglie), vicino a Betlemme (in Cisgiordania), è nato per sostenere le opere salesiane locali: scuole, centri giovanili e un centro culturale. Ogni bottiglia racconta una storia di resilienza, tradizione e speranza. La cantina, importante per la vita di molti palestinesi, sta attraversando grandi difficoltà, con gli attacchi israeliani che hanno bloccato anche il turismo in Terra Santa e le esportazioni (come raccontato, a WineNews, già nei mesi scorsi, dall’enologo e direttore, Fadi Batarseh): “quest’anno, per dare un segno di speranza, abbiamo di nuovo vendemmiato e vinificato - spiega Luca Cristaldi del Vis - e stiamo provando a vendere qualcosa all’estero. Con Slow Food cerchiamo di creare una rete di distribuzione anche in Italia”. Il Monastero si trova esattamente a cavallo del muro israeliano, lungo il confine della Cisgiordania. Cemento armato e filo spinato dividono in due la proprietà, i terreni da una parte e la struttura abitativa e di vinificazione dall’altra. “Grazie alla cooperazione italiana - spiega Raoul Tiraboschi, vicepresidente Slow Food Italia - si è riusciti a identificare le varietà autoctone, vinificarle e produrre un vino eccellente. Un vino che è un ponte tra culture, simbolo di ricostruzione di una comunità fortemente minacciata”.
Scuola Juzoor è il nome invece del secondo progetto raccontato a “Cheese”. L’obiettivo è la costruzione di una scuola primaria nel villaggio di Khallet Taha, a sud di Hebron, la ristrutturazione di quattro istituti in Cisgiordania e il supporto psicosociale a studenti e insegnanti. Al progetto partecipano attivamente anche Slow Food e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: “è un atto di giustizia, un presidio contro un sistema che cerca di cancellare la memoria storica e culturale del popolo palestinese”, ha spiegato il fondatore di Slow Food, Carlin Petrini.

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