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ANALISI WINENEWS

Solo il Nasdaq meglio dell’Italy 100: la redditività degli investimenti in fine wines

Negli ultimi 5 anni le quotazioni dei vini di pregio italiani al +46,8%. E il calo di fine 2022 è comunque inferiore a qualsiasi indice borsistico
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L’andamento dei diversi indici nel 2022

Non è stato un dicembre scoppiettante per i mercati azionari, che hanno chiuso il 2022 esattamente come ci si aspettava: in perdita. Una crisi, quella degli investimenti finanziari, che in realtà va ben oltre le Borse, finendo per coinvolgere tante altre categorie, dal petrolio ai fine wines, risparmiando solo l’oro. L’ultimo mese dell’anno, infatti, ha registrato un calo dello 0,2% del Liv-ex 100: è il terzo mese consecutivo in territorio negativo per l’indice che analizza l’andamento dei prezzi dei 100 vini più ricercati sul mercato secondario (tra cui il Barolo 2016 di Bartolo Mascarello, il Barolo Monvigliero 2016 Comm. G.B. Burlotto, il Barbaresco 2018 di Gaja, il Barolo Monfortino Riserva 2013 e 2014 di Giacomo Conterno, il Masseto 2016 e 2017 e l’Ornellaia 2018 di Frescobaldi, il Brunello di Montalcino 2016 di Poggio di Sotto, il Sassicaia 2016, 2017 e 2018 di Tenuta San Guido, il Solaia 2018 ed il Tignanello 2016 e 2018 di Antinori e il Soldera Case Basse 2016).

Anche il Liv-ex 1000, ossia l’indice che abbraccia i sette indici regionali del Liv-ex (Bordeaux 500, Bordeaux Legends 40, Burgundy 150, Champagne 50, Rhone 100, Italy 100 e Rest of the World 60) analizzando l’attività di trading di 600 wine merchant, ha chiuso l’anno in territorio negativo: -0,4%, con l’Italy 100 che fa persino peggio, perdendo lo 0,6%.

I cali dei fine wines, comunque, sono decisamente più contenuti di quelli registrati, ad esempio, dal Nasdaq, che a dicembre 2022 ha perso il 6,9%. Restando a Wall Street, fa un po’ meglio il Dow Jones, che limita le perdite al 2%, mentre il più importante indice azionario statunitense, lo Standard & Poor 500, chiude con il -3,6%. Sulla Borsa di Tokyo il Nikkei 225 segna il -7,6%, mentre l’indice azionario delle 100 società più capitalizzate quotate al London Stock Exchange, ossia il FTSE 100, ha chiuso l’anno in territorio leggermente positivo: +0,2%. L’investimento migliore, in generale, è stato quello su un bene rifugio senza età come l’oro, che a dicembre 2022 ha guadagnato il 2,8%, mentre il petrolio ha segnato il calo peggiore in assoluto: -11%.

Le frenata dell’ultimo trimestre dell’anno, però, non deve trarre in inganno: nel 2022 puntare sui vini di pregio si è rivelato comunque un buon investimento. Il Liv-ex 100 ha guadagnato il 6,9%, il Liv-ex 1000 il 13,1%, l’Italy 100 il 9,2%. Nessuno ha saputo fare meglio, tanto meno l’oro, che in effetti viene da un biennio tutt’altro che semplice, e che lo scorso anno ha guadagnato appena lo 0,5%. Tra gli indici borsistici solo il FTSE 100 ha chiuso in territorio positivo (+0,9%), tutti gli altri - come raccontano plasticamente i crolli epocali di colossi come Apple e Tesla - hanno segnato cali importanti: il Nasdaq ha perso il 33,1%, lo Standard & Poor 500 il 19,6%, il Dow Jones l’8,8% ed il Nikkei il 9,4&. Si salva il petrolio, che nel 2022 ha guadagnato il 6,2%, anche se per il 2023 si prospetta un drastico calo delle quotazioni.

Va sottolineato, comunque, che la bontà di un investimento non si misura solo nel breve periodo, ma anche sul lungo termine, e il quadro dipinto dai dati relativi agli ultimi 5 anni è decisamente positivo. Il Liv-ex 100 ha guadagnato il 34,2%, il Liv-ex 1000 il 45,3%, l’Italy 100 addirittura il 46,8%, rivelandosi l’investimento migliore di qualsiasi altro, con l’eccezione del Nasdaq, che segna il +51,6%. In Borsa, il Nikkei 225 è cresciuto negli ultimi 5 anni del 14,6%, lo Standard & Poor 500 del 43,6% ed il Dow Jones del 34,1%, mentre il FTSE 100, che paga la scelta della Gran Bretagna di lasciare l’Unione Europea, ha perso nello stesso periodo il 3,1%. Infine, l’oro, che ha guadagnato il 40,1%, e il petrolio, le cui quotazioni sono cresciute del 33,2% nell’ultimo quinquennio.

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