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STORIE DI SUCCESSO, LEGATE AL TERRITORIO, MESSAGGIO DEL MADE IN ITALY NEL MONDO. SONO LE AZIENDE FAMILIARI DEL VINO ITALIANO UN VERO “AFFARE DI FAMIGLIA” CHE CONTA IL 43,6% DEL FATTURATO DEL SETTORE (4,4 MILIARDI DI EURO). COSÌ L’OSSERVATORIO AUB

Storie di successo, legate al territorio e alla tradizione ma allo stesso tempo con lo sguardo verso il futuro, messaggio del made in Italy nel mondo. Sono le aziende familiari del vino italiano, più della metà (54%) delle cantine italiane con un giro d’affari che supera i 10 milioni di euro all’anno, che contano il 43,6% del fatturato del settore pari a 4,4 miliardi di euro, nel 76% dei casi controllare al 100% dalla famiglia con il leader che nel 53% dei casi ha un’età superiore ai 60 anni. Un vero e proprio “affare di famiglia”, carta vincente di queste aziende che sono in buona salute e hanno visto una crescita del 7,5% nel 2011. A dirlo è l’indagine dell’Osservatorio Aub (Aidaf-Associazione nazionale Imprese Familiari, Unicredit e Bocconi) sulle aziende familiari italiane che nel 2012 ha elaborato il focus sul settore vitivinicolo, di scena oggi a Vinitaly (Verona, 7/10 aprile). A confronto quattro tra le aziende a “gestione familiare” fra le più importanti di Bacco made in Italy: Donnafugata, Marchesi Antinori, Cantine Ferrari e Michele Chiarlo.

Un panorama importante, quello delle aziende familiari italiane nel mondo del vino che nonostante la crisi svelano performance positive, analizzato dall’Osservatorio Aub che ha per obiettivo l’analisi dei tratti distintivi delle aziende da mettere a confronto e delle prospettive di sviluppo futuro con attenzione particolare alle strategie attuate durante la crisi. Dallo studio emerge che si tratta di aziende fortemente radicate nel territorio, vista anche la loro longevità, nel 62,8% dei casi si tratta infatti di cantine che hanno oltre i 25 anni di vita, un primato in confronto alle altre aziende italiane. Fra i fattori d’analisi, c’è anche la dimensione e in questo caso, secondo l’Osservatorio, non c’è bisogno di fare economia di scala per competere nel settore.

Nel 76% dei casi queste aziende sono controllate al 100% dalla famiglia, con una leadership che per il 30,9% delle cantine è rappresentata dall’amministratore unico che il più delle volte (53%) è il capofamiglia che ha un’età superiore ai 60 anni. Solo il 7,4% delle aziende ha un leader che ha meno di 40 anni. Il peso della leadership familiare negli ultimi dieci anni non è cosa di poco conto, ed è passata dal 68,1% al 78,7% di oggi.

Infine, secondo l’Osservatorio, dal profilo economico-finanziario, le famiglie sono più virtuose, si tratta di imprese che vanno bene e che nel 2011 hanno visto una crescita del 7,5%. Hanno una marginalità migliore, e una capacità di ripagare il debito molto migliorata, sono solide e con liquidità, e ad andare meglio sono quelle che hanno performance internazionali, infatti, lo studio evidenzia una relazione diretta fra il livello di internazionalizzazione delle aziende e le loro performance: realtà che esportano oltre il 70% del fatturato denotano ritorni sugli investimenti e sul capitale proprio quadrupli rispetto alle aziende con una quota di export inferiore al 20%.

“Non esiste un vino di successo, fatta eccezione per lo Champagne - spiega Michele Chiarlo, presidente della Michele Chiarlo - che non porti la firma di una grande famiglia, che è soprattutto nel mondo del vino un valore aggiunto”, anche perché “la passione della famiglia - dice Albiera Antinori, vice presedente di Marchesi Antinori - si ripercuote sul prodotto e sull’azienda in generale, che se gestita da una famiglia non può non avere a cuore i progetti della stessa, investendo a lungo termine sull’impresa che è anche il futuro della famiglia”. Certo è che però più della metà di queste aziende ha un fatturato inferiore ai 25 milioni di euro e c’è quindi una frammentazione “che è un ostacolo - sottolinea Josè Rallo di Donnafugata - e per questo, siccome ci sono piccole realtà che affrontano sfide per le quali hanno bisogno di investimenti, come quella dell’export, è importante anche fare sistema, mettere in piedi un impianto di sinergie”. Dello stesso avviso anche Matteo Bruno Lunelli, presidente di Cantine Ferrari: “per le aziende più grandi è più facile, ma ci sono anche le piccole che sono importantissime e che mantengono forte il legame con il territorio ed è fondamentale fare rete a livello territoriale, ma anche come made in Italy in generale, sfruttare le sinergie fra tutte le eccellenze dell’italian style”.

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