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CONSUMI ITTICI

Sulla tavola degli italiani salmone e pesce congelato, Slow Fish: non fa bene ai nostri mari

Dati Ismea, presentati alla kermesse by Slow Food: il pesce fresco rappresenta il 48% dei consumi totali, il canale di acquisto preferito è la Gdo
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Da Slow Fish, i dati Ismea sui consumi di pesce in Italia: si consuma poco fresco e si acquista in Gdo

Non ci sono dubbi, mangiare pesce fa bene alla salute. Per lo meno a quella degli essere umani: sì perché, in realtà, nella scelta del pesce da acquistare e portare in tavola dovrebbe pesare anche la salute dei nostri mari. E Slow Fish, la kermesse di scena al Porto Antinco di Genova fino al 12 maggio, edizione n. 9 dedicata al tema del “Mare, bene comune”, lancia l’appello: ci sono alcuni piccoli accorgimenti da tenere in considerazione, che sia a ciclo vitale breve, perché contiene pochi contaminanti e metalli pesanti; fresco e di stagione, perché ci permette di variare la nostra dieta rispettando i tempi del mare e dei pesci. Ma, proprio oggi, dalla manifestazione firmata Slow Food sono stati presentati i dati Ismea sui consumi di pesce da parte degli italiani, che mostrano abitudini molto diverse. Il pesce è infatti tra i prodotti alimentari che maggiormente risentono delle oscillazioni del potere d’acquisto delle famiglie: secondo le elaborazioni dell’Ismea, dopo la crescita registrata nel 2017, gli acquisti di prodotti ittici in Italia hanno subito un calo di quasi il 2% nel 2018. Ci sono tuttavia alcune eccezioni che forniscono indicazioni sull’orientamento dei consumi verso alcuni prodotti di utilizzo più pratico o verso alcune specie, generalmente di importazione, come il salmone, divenute in pochi anni protagoniste delle nostre tavole. I dati del 2018 mostrano infatti un incremento dell’acquisto per il pesce surgelato confezionato, in larga parte filetti e bastoncini di merluzzo e platessa, che registra un + 2,6%, mentre tra il fresco sono poche le specie per le quali si rileva un aumento della domanda (salmone, pesce persico, orate, merluzzi, spada e di poco le alici). Tra le conserve, a fronte di un calo per alici e sardine, cresce l’interesse per il salmone.

Per effetto di tali cambiamenti, il consumo domestico del fresco rappresenta meno della metà (48%) della domanda complessiva di pesce. La Gdo si conferma il canale preferito dalle famiglie per l’acquisto di pesce (oltre l’80% nel 2018), a discapito dei punti vendita tradizionali.

Ad ogni modo, complessivamente, sottolinea l’Ismea, una buona parte del pesce che arriva sulle nostre tavole è di provenienza estera (comunitaria e, in misura lievemente minore, extracomunitaria). L’import, in costante crescita nell’ultimo decennio, ha raggiunto 1,35 milioni di tonnellate nel 2018, generando esborsi complessivi pari a 5,9 miliardi di euro, circa un terzo in più rispetto a inizio decennio.

Insomma, l’aumento del consumo di salmone - pesce di allevamento carnivoro alimentato con mangimi a base di pesce pescato e antibiotici - e del prodotto congelato e surgelato venduto attraverso la grande distribuzione dicono che probabilmente negli acquisti in fatto di pesce ci facciamo prendere dalla fretta della vita moderna, quando conoscenza e consapevolezza ci aiuterebbero a fare scelte più oculate, per il bene nostro e quello del nostro mare. È per questo che, secondo Slow Food, è fondamentale organizzare eventi come Slow Fish, in cui, al piacere del gusto per il palato e la mente, si affiancano messaggi a volte anche complessi che riguardano il modello di produzione di cibo e la sua distribuzione, le conseguenze sull’ambiente e i benefici sulla salute di chi produce e consuma.

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