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LE STORIE DEL VINO

Tenuta di Trinoro, una storia che continua, e che racconta nel vino il carattere di annate e persone

La visione di Benjamin Franchetti, alla guida della Tenuta creata dal padre, Andrea Franchetti, nel cuore della Val d’Orcia

Non è semplice trovare in una persona, ad un tempo, l’audacia ed il coraggio di osare e sperimentare, di andare “in direzione ostinata e contraria”, per citare Fabrizio De Andrè, insieme all’umiltà di accettare gli errori e cambiare percorso, scartando lo sbagliato e tenendo il buono. Caratteristiche che, in qualche modo, descrivono un parte della complessa e forte personalità di Andrea Franchetti, uno dei personaggi più anticonformisti del vino italiano, produttore di assoluta eccellenza tra la Val d’Orcia, patrimonio Unesco, con la Tenuta di Trinoro, e l’Etna, con Passopisciaro, “filosofo del vino” e conoscitore dei territori enoici di tutto il mondo, capace di capire, di amare e di produrre tanto con i grandi vitigni internazionali che con i vitigni di antica coltivazione in Italia. Altrettanto difficile è trovare, in un giovane figlio d’arte come Benjamin Franchetti, che guida la tenuta dopo la scomparsa del padre (alla fine del 2021), la capacità di riconoscere che “la parte più difficile è stata fatta da mio padre”, e l’umiltà e la riconoscenza di voler continuare nella sua scia, cercando di conoscere e capire ancora di più quelle vigne e quei vini. E lasciando intatto la spirito che ne è alla base, ovvero la volontà di riflettere nella bottiglia il carattere dell’annata e delle persone che creano quel vino. Con la consapevolezza che i vini firmati da Andrea Franchetti erano vini pensati da un carattere “solitario”, come era il produttore quando nella Tenuta di Trinoro assaggiava i vini e creava i suoi tagli, e che quelli di oggi sono figli di un lavoro di squadra, dove accanto a Benjamin Franchetti lavorano il direttore dell’azienda, Calogero Portannese, e l’enologo Lorenzo Fornaini (che, insieme, con Andrea Franchetti, hanno firmato l’annata 2019 del Tenuta di Trinoro, 100/100 per “Robert Parker Wine Advocate”, la cui firma dall’Italia è Monica Larner, ndr).
Un team giovane, tutto “under 35”, ma con le idee ben chiare, come ha spiegato, a WineNews, Benjamin Franchetti, nel lancio dell’annata 2020 del Tenuta di Trinoro, il vino simbolo dell’azienda (affiancato da Le Cupole, da I Palazzi, merlot in purezza, e dai tre “vigna”, tutti Cabernet Franc in purezza, che sono il Campo di Camagi, il Campo Magnacosta ed il Campo di Tenaglia) che, nato in un territorio tutt’altro che celebre ed importante per il vino, è diventato da subito un riferimento qualitativo a livello internazionale. “Il Tenuta di Trinoro - ha spiegato Benjamin Franchetti - racconta ogni anno un’annata agricola, può essere un blend tutto diverso ogni anno - tra Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot, non sempre tutti presenti, ed in percentuali variabili - ma è un vino che descrive le persone dietro al vino, mio padre diceva che c’è una persona dietro ogni processo enologico. Lui era qui da solo, provava i vini da solo, la sua psicologia finiva nel vino. Tenuta di Trinoro è stato un diario della sua vita (insieme alle note scritte di suo pugno che raccontano l’andamento ed il risultato di ogni annata), che evolve, è anche un nuovo capitolo iniziato nel 2015 quando io e Calogero e altri siamo entrati in questa storia. La mia speranza è che questa storia evolva in modo che tra vent’anni possiamo essere ancora qui ad assaggiare come saranno le ultime annate di questo vino che, con mio padre, è diventato uno dei migliori del mondo”.
La visione del futuro, per la Tenuta di Trinoro, è chiara. Oggi i vigneti coprono una superficie di 23 ettari, suddivisi in 16 appezzamenti, alcuni anche di solo pochi migliaia di metri quadrati, su altitudini tra i 450 e i 600 metri di altitudini, con suoli diversi, dove l’argilla è il filo conduttore, accompagnata da suoli calcarei e ghiaie miste, sia erosive che alluvionali a diverse profondità. E con rese bassissime, intorno ai 25 ettolitri di vino ad ettaro. “Forse un giorno potremo arrivare a 30 ettari di vigneto, ma non di più, perchè non possiamo perdere la nostra dimensione di artigiani, la cura di ogni dettaglio dalla vigna alla cantine. Oggi però dobbiamo lavorare bene su quello che abbiamo, conoscere e studiare ancora meglio i nostri vigneti, sistemare le fallanze dove ci sono, e continuare a fare vini di qualità e personalità. Come diceva mio padre, Andrea Franchetti, fare vino, è un lavoro artistico. Ogni anno non cambia solo l’andamento climatico ma anche l’uomo che lo fa che, come una vite, è influenzato dal paesaggio e dalle stagioni e non può fare altro che trasferire queste impressioni in cantina”.
Ad accompagnare questa conversazione (ed il lancio del Tenuta di Trinoro 2020) è stata una grande verticale, di diverse annate dal 1998 alla 2020 stessa, del Tenuta di Trinoro, che hanno raccontato in bottiglia le differenze di ogni millesimo, legate dal filo rosso dell’eleganza e della vibrante potenza dell’impronta bordolese dei vitigni impressa nel terreno della Val d’Orcia, voluta da Andrea. In un lembo di terra, un valle rinchiusa tra le pendici del Monte Amiata e del Monte Cetona, con il borgo millenario di Castiglioncello del Trinoro, terra di agricoltura “povera”, di cereali e foraggi, e di pastorizia che, grazie all’intuizione geniale e al sogno di Andrea Franchetti prima, e a quello di Benjamin Franchetti e della sua squadra oggi, è impreziosita da una delle perle più brillanti del vino italiano.

Focus - La descrizione del Tenuta di Trinoro 2020 firmata da Andrea Franchetti
“Esco nel caldo della mattina presto e sotto le stelle quasi estinte, una brezza africana si è lanciata nella valle a prolungare l’estate. Nel vigneto più vicino, che è di merlot, lo scirocco sta spazzando i grappoli, che sono già nudi all’aria perché abbiamo cominciato a sfogliare per l’autunno. Siamo ancora Iontani dalle date di maturazione e i chicchi che assaggio hanno un sapore ancora piatto e dolcigno. Il vento cresce nei giorni successivi finché richiamiamo la squadra che sta sfogliando le vigne perché in collina c’è qualche tratto dove le uve si stanno prosciugando. Organizziamo subito una prima raccolta per fare pulizia tra la frutta, sforbiciando dai grappoli le parti avvizzite. Il 26 settembre il vento fa un ultimo schiocco e cade una pioggia bianca come saliva che suona forte su tutta la distesa delle vigne e per il resto della valle; è questa, finalmente, la rottura di stagione: infatti viene il freddo, e i colori più profondi dell’autunno si accendono, il cielo illimpidisce. Il 30 settembre le vigne si sono asciugate e incominciamo la vendemmia vera e propria; i raccoglitori lavorano tutto il giorno e questo merlot che entra in cantina annerisce le vasche e manda dei buoni aromi. Ha subìto un primo momento di vento siccitoso, poi è maturato con il raffreddamento improvviso dell’aria ed è passato nel soccorso della pioggia; il chicco in cantina ha una polpa dura e una buccia già morbida, è gonfio e aromatico. Intanto la raccolta continua e si estende fino ai vigneti del merlot che sono più tardivi; passiamo alle vigne più grandi della pianura, il 2 ottobre. Il tempo è mobilissimo; sotto la corsa del cielo entriamo negli appezzamenti importanti; anche lì abbiamo una nuova raccolta di uve ben mature. La cantina si è messa bene in moto e trasforma velocemente la raccolta di giornate intere in una fila di vasche piene. Alla fine, il merlot è stato raccolto in tutti i vigneti. Ricomincia a piovere leggermente il 3 di ottobre. L’8, il 9 ed il 10 sono i giorni in cui matura, con uno scatto, il cabernet franc e le raccolte iniziano di nuovo e durano tutto il giorno fino al buio; inseguiamo la maturità progressiva delle uve, alzandoci sempre più sul fianco della montagna. In cantina il raccolto è esaminato distinguendolo secondo gli appezzamenti, separando la frutta in questo modo nelle vasche; si lavora ogni giorno almeno fino a mezzanotte, finché terminiamo raccogliendo il cabernet franc degli ultimi vigneti; spesso la raccogliamo assieme a certe vigne che gli sono limitrofe di cabernet sauvignon benché queste abbiano l’uva ancora aspra: darà freschezza e spina dorsale alla diluizione che viene dalle piogge: hanno interrotto così spesso la raccolta. Il 10 stiamo con le squadre nei vigneti che stanno più alti sulla montagna dove cresce l’uva che da sola ogni anno determina la vera riuscita della vendemmia: i vigneti di Camagi e Costa Cocceto. Quando queste uve arrivano in cantina si percepisce che hanno una intrepida maturità guadagnata durante una stagione fatta tutta di sprazzi d’acqua e sprazzi di luce. I vini sono tutti fermentati e stanno nelle botti; pensiamo al prossimo febbraio quando verrà la luna crescente e le apriremo per vedere com’è questo vino del 2020. Il modo brillante che ha il cabernet franc di uscire da una vendemmia piovosa è evidente quando as- saggiamo in questi giorni misteriosamente primaverili di fine febbraio. La luna quasi piena ha compiuto il suo miracolo annuale portando sottile dolcezza nell’aria; ha spinto i vini oltre lo stato golfo del mosto fino allo stato del vino sorprendente e autorevole. Questi che assaggiamo sono veramente vibranti, concentrati; proviamo a mescolare i campioni delle 4 vasche migliori di cabernet franc e di colpo appare un vino scuro, compatto e salino; è raccolto su sé stesso in un modo un po’’ inquietante, come un corpo prima di fare un balzo. Aggiungiamo al vino un po’ di merlot proveniente da due vasche, le migliori tra le circa 30 della raccolta: il vino prende un aroma birichino e felice ma è diluito e senza compattezza. Allora diminuisco la percentuale di merlot finche è minore del 100 , assaggiando ogni volta finché il vino non ha ripreso la potenza di prima; si è aggiunta anche, in bocca, la lunghezza, con un seguito di piccole ripartenze e di attacchi al palato che ci lasciano entusiasti. É pomeriggio inoltrato e contiamo la quantità di Tenuta di Trinoro che abbiamo fatto di questa annata 2020. Le bottiglie sono circa la metà di quelle che facciamo gli altri anni, ma la qualità c’è, contenuta in un vino prezioso e senza esagerazioni. É quasi sera e guardiamo per un po’ fuori dalla finestra la neve arancione che si indurisce per terra. Siamo un po’ brilli”.
“Con l’annata 2020 abbiamo deciso, come voleva mio padre, di uscire un anno dopo l’imbottigliamento”.
Benjamin Franchetti

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