Va sempre forte l’italianità - qualsiasi riferimento al legame con il territorio, dalla bandiera tricolore ai marchi Dop, Doc e Docg, fino all’indicazione della regione - sono ancora ricercati i prodotti “free from” (ovvero i “senza qualcosa”, che sia zucchero, sale o conservanti), ma i più richiesti sono quelli “rich-in”, in particolare se arricchiti con proteine e fermenti lattici; tra gli ingredienti, rimangono in testa alle preferenze cacao, nocciola e limone, anche se il caramello continua la sua ascesa. I trend emergenti? Pappa reale, burro d’arachidi e salsa thaina. Sono queste alcune delle tendenze sulle vendite di prodotti nella grande distribuzione che emergono dall’Osservatorio Immagino GS1 Italy, edizione n. 14, uno strumento prezioso per analizzare il carrello della spesa degli italiani. Il report (che raccoglie i dati dell’anno terminato a giugno 2023) nasce dall’incrocio delle informazioni riportate sulle etichette di oltre 136.000 prodotti digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi (ingredienti, tabelle nutrizionali, loghi e certificazioni, claim e indicazioni di consumo) con le rilevazioni NielsenIQ su venduto (retail measurement service) e consumo (consumer panel). A giugno 2023 i prodotti alla base dell’Osservatorio Immagino hanno sviluppato oltre 46 miliardi di euro di sell-out, pari all’82,6% di quanto venduto da ipermercati e supermercati nel mercato totale del largo consumo in Italia.
Che le etichette dei prodotti siano un mezzo di comunicazione, a disposizione di industria e distribuzione, per parlare col consumatore è un fatto acclarato da tempo. Lo stesso legislatore interviene su questo tema attraverso norme e regolamenti, sia a carattere europeo che nazionale. L’Osservatorio Immagino è nato proprio per questa ragione: registrare, catalogare, analizzare tutto quello che transita sulle etichette. Ma oltre a quello che propone l’offerta, come risponde la domanda? In generale possiamo dire che il consumatore italiano sempre di più ricerca, consulta e utilizza le informazioni di prodotto. Le persone sono alla ricerca di punti di riferimento, di informazioni complete e trasparenti: “informare bene” è oggi - e lo sarà sempre di più su una serie crescente di tematiche - una delle mission costitutive per le imprese, sia produttive che distributive. Da una recente ricerca sulla lettura delle etichette nei prodotti di largo consumo, realizzata da Ipsos per GS1 Italy, tra i diversi risultati emerge un dato interessante. In fase di acquisto il consumatore consulta le etichette principalmente per cinque motivi: il 63% degli intervistati dichiara di leggere le etichette per controllare la scadenza dei prodotti; al secondo posto, il 44% lo fa per verificare la provenienza, i luoghi di produzione e i luoghi di origine, il 31% per capire le modalità di uso e preparazione, il 31% per controllare i contenuti di grassi e zuccheri, il 27% per la salute in generale ed un altro 27% per verificare i valori nutrizionali, a testimonianza che esiste una fetta consistente di consumatori che ricerca informazioni che ritiene utili per un acquisto e un consumo più consapevoli. Le etichette, insomma, raccolgono tante informazioni - obbligatorie e facoltative - e questo è un trend crescente, tanto che lo spazio a disposizione diventa sempre più scarso, a scapito della leggibilità e fruibilità di queste informazioni da parte del consumatore.
Anche per questo è in atto in questi mesi un dibattito se sia auspicabile “pulire”le etichette, trasferendo alcune informazioni in maniera digitale. Meglio dare informazioni più chiare ed esaustive sfruttando la tecnologia (di uno smartphone che legge un codice che atterra su una pagina web), o ridurre il font dei caratteri stampati sul sempre più congestionato spazio di una etichetta fisica? “Il GS1 Digital Link è la risposta tecnologica a questa domanda - spiega Marco Cuppini, research & communication director GS1 Italy - parliamo di un indirizzo web con una struttura standard che, grazie ad un codice di identificazione GS1 del prodotto come il GTIN, rende possibili collegamenti web a tutte le informazioni del singolo prodotto, che possono essere business-to-business ma anche business-to-consumer, di marketing (valori, qualità ingredienti, sostenibilità) o di servizio (fattori nutrizionali, tracciabilità, etichetta ambientale). Questo link può essere riportato in un QR code applicato al prodotto: al consumatore basterà, quindi, farne la scansione con la fotocamera dello smartphone per essere rimandato ad una pagina con ogni informazione e curiosità (caratteristiche, ingredienti, raccolta differenziata, tracciabilità, ricette, video tutorial, assistenza clienti ...) colmando così l’esigenza di informazioni che caratterizza nuovi consumatori. La ricerca ci rassicura dicendo che gli italiani conoscono il QR code più del tradizionale codice a barre (92% contro 89%). Un lascito della pandemia che in molte occasioni (al ristorante per consultare un menù, per esempio) ci ha costretti ad una familiarità con tecnologie forse meno usate in precedenza”.
Venendo ai dati emersi dal report, per i consumatori la ricerca del made in Italy è ancora, e di gran lunga, il fenomeno più importante e pervasivo in supermercati e ipermercati, dove il 27,5% dell’assortimento confezionato e il 28,7% dell’incassato si devono ai prodotti che evidenziano in diversi modi in etichetta il loro rapporto con il territorio italiano, dall’origine nazionale alle denominazioni Dop o Docg. Complessivamente si tratta di quasi 26.000 referenze che, nell’anno finito a giugno 2023, hanno superato gli 11 miliardi di euro di sell-out. Rispetto ai 12 mesi precedenti, hanno registrato una crescita del +10,8% in termini di fatturato a fronte, però, di un calo dei volumi del -4,2%, generalizzato su tutti i claim e le denominazioni rilevati. La componente di offerta si è ridimensionata del -2,1% mentre quella di domanda è cresciuta del +12,8%. Il grosso dell’offerta è costituito dagli oltre 15.000 prodotti che riportano la bandiera italiana sull’etichetta: rappresentano il 15,9% del totale rilevato e sono cresciuti del +11,4% a valore, toccando i 6,5 miliardi di euro.
Quasi un quarto del giro d’affari complessivo del food rilevato dall’Osservatorio Immagino si deve agli oltre 14.000 prodotti che presentano in etichetta almeno uno dei 16 claim relativi al mondo del “free from”, ovvero la minore presenza o assoluta assenza di un nutriente, ingrediente o additivo: ad esempio “pochi zuccheri”, “poche calorie”, “senza zucchero”, “senza olio di palma”, “senza sale”, “senza aspartame”, “senza conservanti”, ecc. Nei 12 mesi rilevati questo paniere ha sviluppato un giro d’affari di quasi 8 miliardi di euro, in crescita del +11,8% rispetto all’anno precedente. A volume, invece, l’andamento è stato negativo, con un calo del -4,4%. L’aumento a valore e la diminuzione a volume hanno accomunato tutti i claim rilevati, con l’eccezione dei tre relativi al mondo degli zuccheri: la loro crescita conferma l’attenzione per il consumo di prodotti con un minor contenuto di zuccheri. Nell’universo composito del “free from” il primo claim in termini di incidenza sulle vendite (8,2% del fatturato del paniere food) e di numerica dei prodotti (5,2% del totale rilevato) è sempre “senza conservanti”. Il secondo claim per valore è “pochi grassi”, individuato sulle etichette di 3.168 prodotti che hanno realizzato oltre 1,7 miliardi di euro di vendite. Medaglia di bronzo per il “senza olio di palma”.
Tra tutti i fenomeni del mondo food monitorati dall’Osservatorio Immagino quello dei prodotti “rich-in” si segnala come il più reattivo degli ultimi 12 mesi: in questo comparto ritroviamo, per esempio, “con vitamine”, “ricco di fibre”, “con Omega 3”, “integrale”, “ricco di ferro” e “fonte di calcio”. Rispetto all’anno finito a giugno 2022, ha mostrato la maggior capacità di tenuta dei volumi, calati solo del -0,9%, e la più alta crescita del fatturato, aumentato del +13,9%. Evidentemente il valore salutistico e nutrizionale dei prodotti naturalmente ricchi o arricchiti di componenti benefiche rappresenta un plus importante nelle scelte d’acquisto degli italiani. In particolare i trend più rilevanti premiano le proteine, accompagnate da magnesio e fermenti lattici, che riescono a tenere positivi i volumi di vendita nonostante l’inflazione.
Da segnalare l’andamento di un altro segmento importante, quello dei prodotti nati per soddisfare le esigenze di chi ha problemi di intolleranze alimentari, che hanno però ben presto ampliato il loro pubblico di riferimento, rivolgendosi anche chi segue stili alimentari più attenti e consapevoli: tra questi, i “senza glutine”, “senza lattosio”, “senza latte”, “senza lievito” e “senza uova”. Oggi, tra supermercati e ipermercati, i prodotti che indicano in etichetta almeno l’assenza di un allergene sono arrivati a quota 13% del totale food e hanno superato i 4,7 miliardi di euro di giro d’affari. Sull’anno precedente le vendite sono aumentate del +9,5% a valore, raggiungendo un peso del 14,1% sul totale alimentare rilevato.
Infine, uno sguardo agli ingredienti più amati e ricercati dai consumatori: la primadonna resta il cacao, che ha superato il miliardo di euro per giro d’affari, realizzato da 2.257 prodotti. A seguire la nocciola e al terzo posto il limone. Ma il best performer resta il caramello, seppure sia il segmento più piccolo del paniere analizzato: grazie ad una sostanziosa crescita a valore (+41,4%) ma anche a volume (+10%), trainata da biscotti tradizionali, snack dolci e dessert freschi, arriva a superare i 133 milioni di euro di sell-out con 383 prodotti a scaffale.
Secondo l’Osservatorio, sono, invece, tre gli ingredienti ancora marginali, ma destinati a crescere in futuro. Il più presente a scaffale e anche quello con il maggior giro d’affari è la pappa reale, individuato su 55 prodotti, con oltre 21 milioni di euro di sell-out, cresciuto del +12,6% a valore e del +5,5% a volume. Al trend positivo hanno contribuito soprattutto integratori, latte fermentato/kefir, latte Uht e miele. Andamento ancora più brillante per i 39 prodotti che segnalano la presenza di burro d’arachidi: con un balzo in avanti del +23,8% a volume e del +33,2% a valore hanno superato i 18 milioni di euro di giro d’affari. Trend decisamente positivo - sia a valore (+23,7%) sia a volume (+18,9%) - anche per la salsa “tahina”, con i suoi 13 prodotti che hanno sfiorato i 2 milioni di euro di sell-out. In questo caso è cresciuta più la componente di domanda che quella di offerta (rispettivamente +21,4% e +2,2%).
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