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DA RAI 3 AL DIBATTITO

Trasparenza e produzione, “Piccoli chimici” il servizio di “Report” sul vino fa discutere

Le reazioni, da Uiv a Assoenologi, dalla Fivi alla politica, con il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida e il vice presidente del Senato Centinaio
ASSOENOLOGI, FIVI, FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, GIAN MARCO CENTINAIO, LAMBERTO FRESCOBALDI, LORENZO CESCONI, MINISTRO DELL'AGRICOLTURA, RAI 3, REPORT, RICCARDO COTARELLA, SENATO, UNIONE ITALIANA VINI, Archivio
Il servizio di “Report” sul vino fa discutere

Annunciata qualche giorno prima della messa in onda, sin dalle anticipazioni si era intuito come la puntata di “Report”, la trasmissione d’inchiesta in onda la domenica in prima serata su Rai 3 (il 17 dicembre, ndr), fosse destinata a creare un piccolo-grande terremoto nel mondo del vino. Sensazione confermata da quel titolo, “Piccoli chimici”, con cui il servizio viene identificato e che lascia poco spazio alle interpretazioni, ma anche all’approccio scelto, e dalle reazioni che ha suscitato e di fronte alle quali, per una volta, WineNews si è presa del tempo per raccontarlo come sempre facciamo anche a chi ci segue e non fa parte di questo mondo che, in questi casi, pecca di autoreferenzialità con il rischio che le sue questioni diventino incomprensibili al grande pubblico. La trasmissione ha voluto indagare sul “dietro le quinte” della produzione smontando un po’, come ha tra l’altro detto il conduttore Sigfrido Ranucci, “la figura romantica del vignaiolo che sta dentro a pigiare il mosto ed esalterà, invece, quella del vignaiolo che indossa il camice del piccolo chimico”.
Una tesi costruita principalmente dal contributo dato da Francesco Grossi, definito esperto di vino (ma anche produttore) da “Report”, che ha spiegato all’inizio come “la sofisticazione esiste da quando esiste il mondo”. Il servizio, del giornalista Emanuele Bellano, si domanda se “è possibile intervenire su un mosto di bassa qualità e trasformarlo in un vino che può essere venduto con una denominazione?”, mostrando, con il passare dei minuti, pratiche note, e legali, come l’utilizzo di mosto concentrato rettificato consentito dai disciplinari di tutte le grandi denominazioni (con autorizzazione della Regione come attesta l’esempio riportato della Toscana) e citando possibili soluzioni per avvicinare il vino ai gusti del palato, ma anche visivi, del consumatore. E quindi dai chiarificatori per ottenere un vino più limpido che sarebbe preferito alla più costosa tecnica del freddo, alla gelatina di origine animale che renderebbe il vino un prodotto non adatto per i vegani, ed ancora, albuminia, colla proteica, bentonite, lieviti particolari, chips da mettere nelle vasche di acciaio. Ma anche ipotizzando l’impiego di quello che non si può, come gli aromi artificiali e l’enocianina. Il servizio si sofferma più volte su ciò che è scritto e, soprattutto, su ciò che non lo è, nell’etichetta della bottiglia, un aspetto, quest’ultimo, su cui si sta ora discutendo. Non compare, invece, nel servizio, la voce dei Consorzi di tutela delle Denominazioni (il contraddittorio si sarebbe certamente arricchito), ma a rispondere alle domande c’è Lamberto Frescobaldi, presidente Unione Italiana Vini (Uiv) e alla guida di una delle imprese più importanti del vino italiano, il Gruppo Frescobaldi.
La seconda parte del servizio si concentra sugli effetti della peronospora con le immagini che ci portano nei vigneti di Tollo, in Abruzzo, uno dei centri produttivi vitivinicoli più importanti, con il calo produttivo dell’uva Trebbiano, ma anche del Montepulciano, vino-simbolo della Regione, a causa proprio della peronospora.
Si sente poi il punto di vista di “viticoltori anonimi” che, come riporta la voce fuori campo del servizio, “spiegano che le carenze di materia prima si colmano da sempre attraverso traffici di mosto o di vino da un’area all’altra d’Italia”. Compresa l’uva da tavola, non utilizzabile per legge per fare il vino, che partirebbe dal Sud per andare al Nord. Un “traffico” di uva legato a motivi economici visto che, viene citata la Puglia, in certe zone costa meno. “Report” parla anche dei controlli che vengono effettuati, e, in una nota che si legge sotto il video, dice questo: “esiste, però, un grande numero di pratiche enologiche che permettono di migliorare i parametri di uve scadenti fino a farli rientrare in quelli previsti dalla norma e alla fine venderli anche come vini a denominazione. Proprio per questo produttori senza scrupoli acquistano sul mercato mosti e uve di bassa qualità o addirittura uva da tavola che costano molto meno, le sistemano artificialmente e poi le imbottigliano come vino. Il settore è controllato dalla Repressione Frodi del Ministero dell’Agricoltura. Ma i controlli non sempre sono come dovrebbero essere: l’intreccio tra politica, grande industria del vino e dirigenti della Repressione Frodi può distorcere il meccanismo di controllo al punto da usare le indagini giudiziarie come un mezzo per colpire produttori scomodi”. Nel servizio c’è la ricostruzione di “Report” sull’operazione denominata “Pinocchio” di qualche anno fa.

Focus - Le reazioni del mondo del vino su “Report”: “un’occasione di servizio pubblico mancata per la testata della Rai”
Dal mondo del vino alla politica, fin dal giorno successivo la messa in onda della puntata non sono mancate le reazioni, ad iniziare dall’Unione Italiana Vini (Uiv) che ha fatto sentire la propria voce attraverso il presidente Lamberto Frescobaldi: “riteniamo che l’inchiesta di “Report” sul vino in onda ieri sera (domenica 17 dicembre, ndr) sia stata un’occasione di servizio pubblico mancata per la testata della Rai. Siamo fermamente convinti che un giornalismo libero sia necessario per la crescita del sistema Paese e dei suoi asset, ma in questo caso si è clamorosamente mancato l’obbiettivo”. Frescobaldi ha aggiunto che “se da una parte “Report” ha giustamente rilevato, come fatto in precedenza da Uiv, alcune attività non consentite dalla legge come il commercio di uva da tavola per fare il vino, dall’altra ha pedissequamente confuso pratiche perfettamente legali con altre illegali, additivi chimici con prodotti dell’uva consentiti. È poi imbarazzante affidare la narrazione a un sedicente esperto di vino - lui sì “piccolo chimico” - con considerazioni da Bar Sport che non rendono onore alla trasmissione. “Report” ha fatto di un’erba un fascio lasciando intendere che il settore sia pervaso dal marcio; anziché evidenziare e circostanziare le zone d’ombra si è scelta la strada del qualunquismo, e questo fa male sia ai consumatori che a un asset in grado di rendere 7,5 miliardi di euro all’anno di bilancia commerciale con l’estero e dare lavoro a quasi un milione di persone”, ha concluso il presidente Uiv.
Sull’argomento ha detto la sua al “Gambero Rosso” anche Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi e co-presidente Union Internationale des Oenologues, produttore, e tra i consulenti enologi più importanti del Belpaese e non solo: “noi facciamo gli enologi e non siamo di certo dei piccoli chimici” ha detto Cotarella, aggiungendo poi che “il vino è avvezzo a queste critiche, è sempre al centro dell’attenzione mediatica e, come tale, diventa oggetto di questi attacchi”.
Quindi, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi), da sempre contrari, come ha spiegato, il presidente Lorenzo Cesconi, alla pratica dell’arricchimento con il mosto concentrato ammessa in quasi tutti i disciplinari italiani, mentre all’estero si può addirittura aggiungere zucchero. E che è tra le questioni da tempo dibattute dal settore e da rivedere, così come la necessità di un’etichetta trasparente a partire dall’indicazione di tutti gli ingredienti utilizzati che si scontra con un grande caos burocratico, normativo e applicativo, ma che non basta certo a far luce nei confronti del consumatore tra chi compra vino e lo imbottiglia e chi lo produce, dalla vigna alla bottiglia. Ma da rivedere lo sono anche il sistema delle Denominazioni che da solo non basta a garantire la qualità del vino e la trasparenza, e la governance dei Consorzi dove anche i piccoli produttori devono avere voce in capitolo, e sempre di più. Ma il sistema dei controlli italiano è serio e i vignaioli che ci mettono la faccia sono tra i soggetti più controllati da parte di organismi diversi.
E poi c’è il mondo della politica che non è rimasto insensibile alla puntata. Ad iniziare dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che è intervenuto sulla famosa trasmissione d’inchiesta e sul suo conduttore: “abbiamo qualche nemico in casa ... Ranucci, non riesco a comprendere lo chiamerò per sapere perché dobbiamo avere sulla tv di Stato persone che aggrediscono i nostri prodotti?”.
Tra le reazioni, provocate dal servizio di “Report”, c’è anche quella del vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, responsabile del Dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega: “Report” “continua la sua campagna denigratoria contro le eccellenze agroalimentari italiane. I nostri produttori di vino sono stati bollati come imbroglioni senza scrupoli da una trasmissione che continua a fare scandalismo approssimativo anziché buona informazione. Faccio fatica a capire il gusto che prova Ranucci a screditare i nostri prodotti migliori”. Ed ancora: “il vino italiano è esportato e amato in tutto il mondo perché è di ottima qualità, le norme che ne regolano la produzione sono rigorose e ancor di più lo sono i disciplinari per le Indicazioni Geografiche. Non esiste un malcostume diffuso e non ha senso mettere sullo stesso piano prodotti naturali utilizzati nella lavorazione con additivi chimici illegali”. Centinaio conclude dicendo che “è evidente che anche tra i produttori vitivinicoli ci sia chi imbroglia e deve essere individuato e punito. Su costoro, le inchieste giornalistiche fanno bene a puntare i riflettori. Ma è inaccettabile che pochi impostori possano macchiare la reputazione di un comparto nazionale che è corretto e che semmai subisce la concorrenza sleale di aziende straniere”.
Anche il mondo accademico del vino ha fatto sentire la propria reazione, attraverso l’Accademia Italiana della Vite e del Vino (Aivv): “va bene fare informazione, ma quando questa diventa una mistificazione della realtà è lesiva per tutti - ha detto Vincenzo Gerbi, tra i più stimati docenti di enologia al mondo e vicepresidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino - non si può far parlare di tecniche di vinificazione una persona che come qualifica ha “esperto di vino” senza comunque poter far spiegare certe tecniche da chi ha le conoscenze scientifiche per farlo”. Ed ancora: “innanzi tutto dobbiamo dire che le teorie fatte dire al sedicente “esperto di vino” sono tra loro discordanti e prive di fondamento, a partire, per esempio, dalla disacidificazione con la bentonite, o confondere l’uso di additivi con quello di coadiuvanti, queste sono affermazioni del tutto errate che denotano l’incompetenza dell’interlocutore nel merito - continua il vicepresidente dell’Accademia - inoltre il settore è stato liquidato con argomentazioni a livello di chiacchiere da bar su temi invece importanti e delicati, su pratiche per altro lecite e rese tali da regolamenti europei senza ricordare per altro che l’Italia è il Paese che a livello enologico ha le regole più restrittive a livello internazionale, come il divieto dell’uso del saccarosio per l’arricchimento dei mosti, possibile solo con mosto d’uva concentrato e rettificato”. Per Gerbi “il sistema Dop Igp nel vino, come nell’agroalimentare, è una garanzia per produttori e consumatori soprattutto, in Italia abbiamo uno dei sistemi di controllo e repressione delle frodi più proficuo e interventi come quello proposto dal programma della Rai sono la dimostrazione che se i controlli funzionano e i pochissimi che non stanno alle regole vengono smascherati”.

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