Quasi 1 italiano su 5 (17%) ha scelto di trascorrere le vacanze estive 2021 in campagna, parchi naturali e oasi, tra verde ed enogastronomia, coniugando la voglia di normalità con la garanzia di stare in sicurezza senza rischiare gli affollamenti, e facendone la seconda meta di viaggio subito dietro al mare. Ma soprattuto, più di un italiano su due (54%) vorrebbe lasciare la città per andare a vivere in campagna, spinto dalla ricerca di una migliore qualità della vita ma anche dalla paura della pandemia e dalla voglia di riscoprire il senso di comunità allentato dall’emergenza sanitaria. Emerge da un’indagine Coldiretti/Notosondaggi diffusa nell’incontro “L’Italia torna contadina”, organizzato con Fondazione Univerde e Campagna Amica, oggi, a Roma, a 20 anni esatti dall’approvazione della Legge di Orientamento, celebrata da un Annullo Filatelico di Poste Italiane. La curiosità? Nel lavoro, più di 1 italiano su 3 (35%) consiglierebbe al proprio figlio di fare l’agricoltore.
A trainare le vacanze green sono i 24.000 agriturismi nazionali in zone isolate, in strutture familiari e dove le distanze si misurano in ettari. Non a caso l’80% degli italiani ritiene che le strutture agrituristiche abbiano un ruolo importante per il rilancio del turismo post pandemia. Una possibilità facilitata anche dal superamento del limite delle 22 per il coprifuoco che colpiva soprattutto gli agriturismi situati nelle aree rurali lontane dalle città. Ma è importante anche la fine della quarantena per i turisti stranieri che in alcune Regioni rappresentano oltre la metà degli ospiti degli agriturismi.
Assieme alla ricerca di sicurezza, a spingere la vacanza green è soprattutto il turismo enogastronomico che vale oltre 5 miliardi di euro e con il 55% degli italiani che in epoca Covid ha svolto almeno un viaggio con il cibo come principale motivazione, secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2021 di Roberta Garibaldi, quasi il triplo rispetto a cinque anni fa. È proprio per soddisfare questa domanda che sono stati salvati nella pandemia 418 prodotti tipici e razze animali mostrati nel primo salone de “I Sigilli di Campagna Amica 2021”, censiti dall’Osservatorio sulla biodiversità istituito dal comitato scientifico di Campagna Amica. Dal Caciocavallo podolico della Basilicata al Pistacchio di Bronte Siciliano, dal formaggio Casu Exedu sardo al mais corvino, antica varietà di granturco che si coltiva in Lombardia, dall’Anice Verde delle Marche che si usa per la preparazione di confetti al Testarolo toscano, antico primo piatto originario della Lunigiana che viene considerato la pastasciutta più antica. E, ancora, dalla patata blu di Margone del Trentino al Peperone cornetto di Pontecorvo laziale, dal Pisello centogiorni campano alla Fagiolina del Trasimeno umbra, dal Mugnolo pugliese, rarissima varietà di cavolo, all’antica uva Tintilia del Molise, dal peperone rosso di Altino dell’Abruzzo al formaggio Sot la trape prodotto immergendolo nelle vinacce di uve bianche o rosse del Friuli Venezia Giulia, dal Conciato di San Vittore laziale all’Asiago Stravecchio di Malga del Veneto, dal Reblec fresco valdostano al Bruss del Piemonte, prodotto con pezzi di formaggio riciclato e ricotte inacidite, dalla Pitta “mpigliata” calabrese alla Saba dell’Emilia Romagna, fino alla Rosa della Valle Scrivia in Liguria.
“La difesa della biodiversità non ha solo un valore naturalistico, ma è anche il vero valore aggiunto delle produzioni agricole nazionali e un motore trainante della vacanza made in Italy - per il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - investire sulla distintività è una condizione necessaria per le imprese agricole di distinguersi in termini di qualità delle produzioni e affrontare così il mercato globalizzato salvaguardando, difendendo e creando sistemi economici locali attorno al valore del cibo”.
Ma gli italiani sono dunque tornati a guardare le campagne anche come luogo in cui vivere, e non solo come meta per gite fuori porta, tanto che il mercato immobiliare delle case in zone rurali o in piccoli borghi, evidenzia Coldiretti, registra aumenti anche del 29% sui siti specializzati. E una ulteriore spinta potrebbe venire dallo stanziamento di 600 milioni di euro previsto in “Turismo e cultura” della Missione Uno del Recovery Plan per interventi di restauro e di riqualificazione dell’edilizia rurale e storica. Con il rilancio di piccoli borghi abbandonati si inizia a programmare l’Italia del post Covid oltre a salvare l’immenso patrimonio edilizio rurale italiano composto da 2 milioni di edifici rurali tra malghe, cascine, fattorie, masserie e stalle a rischio degrado.
Della svolta country favorita dalla pandemia in molti ambiti della vita, un esempio è anche il boom della spesa dagli agricoltori con il 38% degli italiani che acquista regolarmente prodotti alimentari nei mercati contadini di Campagna Amica o direttamente nelle fattorie e negli agriturismi. In tempo di pandemia poi, il lavoro dell’agricoltore è considerato il più sicuro come dimostra il fatto che appena lo 0,3% dei contagi si sia verificata in agricoltura dove peraltro non si è mai smesso di lavorare per garantire le forniture alimentari degli italiani. Accanto a chi si costruisce una vera e propria professione in campagna c’è poi un esercito di hobby farmers, con oltre 4 italiani su 10 (44%) che con la pandemia si è dedicato alla coltivazione fai da te di frutta e verdura in giardini, terrazzi, orti urbani e piccoli appezzamenti di terreno, utilizzando ogni spazio verde a disposizione per garantirsi cibo sano da offrire a se stessi e agli altri.
“Il nuovo rapporto degli italiani con la campagna pone le condizioni per far esplodere le enormi risorse che il territorio può offrire al rilancio dell’economia del Paese” conclude Prandini nel sottolineare che “occorre però superare gli insostenibili ritardi che oggi esistono tra città e campagne a partire dalle infrastrutture telematiche e superare il digital divide che spezza il Paese”.
Focus - Dalla pandemia della mucca pazza al Covid, i 20 anni della Legge di Orientamento che ha rivoluzionato l’agricoltura italiana e il ruolo degli agricoltori
Venti anni sono trascorsi dalla firma, il 18 maggio 2001, da parte dell’allora Ministro dell’Agricoltura, Alfonso Pecoraro Scanio, della Legge di Orientamento che, dopo una pandemia, ovvero l’emergenza mucca pazza, ha favorito la rigenerazione dell’agricoltura italiana nell’ottica della multifunzionalità, dando valore al patrimonio agroalimentare italiano, dignità agli agricoltori e sicurezza alimentare ai consumatori, dimostrando che non c’era una sola agricoltura, ma “tante”, buone, belle e diverse una dall’altra. Una Legge grazie alla quale il produttore agricolo per gli industriali diventava produttore di cibo, creando nuovo lavoro e quindi portando nuovo reddito al settore, con tante nuove opportunità per oltre 100.000 giovani (più del 50% provenienti da altri settori) e per le donne, ma favorendo anche la riscoperta di cibi antichi e dunque della biodiversità grazie al ruolo degli agricoltori come custodi dei loro territori, la vendita diretta e lo sviluppo degli agriturismi, senza dimenticare l’impulso dato all’agricoltura sociale e all’educazione alimentare. Oggi, è emerso nell’incontro organizzato da Coldiretti con Fondazione Univerde e Campagna Amica, anche le piccole e piccolissime imprese contribuiscono fino al 35% del Pil agricolo italiano, e l’integrazione di reddito favorita dai soli mercati contadini di Campagna Amica, resi possibili dalla Legge e diventati un fenomeno economico, sta per raggiungere la soglia dei 4 miliardi di euro di fatturato di scontrini emessi ogni anno. Ma la multifunzionalità ha permesso anche di rigenerare l’agricoltura italiana facendola diventare la più green d’Europa, a partire dalla produzione di energia pulita, e di arrivare con consapevolezza alla battaglia delle battaglie della transizione ecologica. E, soprattutto, ha permesso alle campagne italiane di non fermarsi neppure di fronte alla nuova pandemia dovuta all’emergenza Covid, garantendo i beni di prima necessità e di conforto per chi ha bisogno.
“Nel Recovery Fund si parla di strategia “one health”, e, come 20 anni affermava la Legge di Orientamento, si ribadisce che anche l’agricoltura è salute - ha detto il Ministro della Salute Roberto Speranza - la nostra salute e quella dell’ambiente, la qualità dell’agricoltura e quella degli animali, sono connesse e vanno considerate con un unico approccio, grazie anche ad una visione più ampia del ruolo dell’agricoltore. L’altra nostra grande battaglia è tutelare la qualità dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole. Nell’Italia che riapre e prova a ripartire dovremo continuare ad investire sulla salute favorendo anche l’agricoltura di qualità che ha dato davvero un contributo straordinario nella pandemia”. Un settore, per il Ministro del Turismo Massimo Garavaglia, grazie al quale, ieri come oggi, l’Italia può guardare con fiducia al suo futuro. Perché proprio la multifunzionalità sancita dalla Legge di Orientamento è una solida base “che permetterà oggi al settore provato dalla pandemia di costruire ancora una volta il suo domani - ha sottolineato il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli - e le risorse della nuova Pac e del Next Generation Eu potranno dare rinnovate prospettive al settore”.
E grazie all’agricoltura, a guardare con più fiducia al suo futuro, è anche una città come Roma, “il Comune agricolo più grande d’Italia e d’Europa - ha ricordato il sindaco Virginia Raggi - solo per quanto riguarda la sua Provincia il settore sviluppa un fatturato per oltre mezzo miliardo di euro. Un settore su cui dobbiamo puntare di fronte ai timidi segnali di ripresa del turismo italiano e soprattutto straniero, e investire risorse. Nei momenti di criticità bisogna riuscire a trovare anche le opportunità nascoste. Roma conta ben 130 mercati rionali, su cui abbiamo investito 25 milioni di euro per recuperarli e valorizzarli non solo come luoghi in cui si fa la spesa ma come centro di socialità, in cui si può fare somministrazione ma che possono anche offrire servizi come quelli degli uffici anagrafici. Roma Capitale lavora molto anche per le sue Tenute, che hanno la certificazione bio, per farle diventare centri di educazione alimentare, oltre a produrre olio e pasta, ed in cui lavorano ragazzi bisognosi di aiuto. E nella nostra Provincia abbiamo numerose denominazioni Dop e Igp, fortemente caratterizzanti del territorio. Un valore aggiunto, a sostegno del quale abbiamo approvato il primo Piano Agrifood della Capitale”.
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