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ESCAFIX

Una cura contro il Mal dell’Esca che guarisce oltre l’80% delle piante di vite colpite

Una pasta biologica, messa a punto da tre agronomi toscani, fa regredire la malattia. La sperimentazione da Montalcino per salvare le vecchie vigne

Tra le malattie che possono colpire la vite, il Mal dell’Esca, negli ultimi 15 anni, è diventata tra le più problematiche, perché ad oggi non esistono rimedi efficaci: le piante attaccate dalle famiglie di funghi che colonizzano i vasi linfatici, dove creano delle vere e proprie masse che vanno progressivamente a intasarli, provocandone la morte quasi istantanea, vanno prima estirpate e poi bruciate per evitare la propagazione della malattia. Si cerca di lavorare più che altro sulla prevenzione, che consiste principalmente su trattamenti a base di funghi antagonisti, che però non risolvono il problema.
Ogni anno, ad ogni longitudine, il Mal dell’Esca provoca danni molto gravi: gli effetti sulla vite sono estremamente evidenti, a luglio-agosto le foglie ingialliscono e arrossiscono, proprio come succede in autunno, ma nel caso della malattia le foglie restano attaccate al tralcio, la vite si secca molto velocemente, e anche l’uva rimane verde, non matura, avvizzisce e si secca. Tutto proprio durante il periodo di massimo rigoglio vegetativo del vigneto, perciò le piante malate, di colore giallo-marrone, si possono notare facilmente.

Un dramma che, nella sola California, secondo uno studio dell’Università di Stellenbosch in Sud Africa, è quantificabile in 1,5 miliardi di dollari ogni anno. Facile immaginare che le dimensioni, in Europa siano ancora più grandi, specie per chi coltiva Sauvignon, Merlot e Sangiovese, varietà particolarmente sensibili al Mal dell’Esca. Non è un caso, quindi, che siano stati tre agronomi toscani - Alberto Passeri, Mario Guerrieri e Roberto Ercolani - nel 2017 a decidere di collaborare ed unire gli sforzi per sperimentare una cura, mettendo a punto un prodotto biologico ed un protocollo di somministrazione che ha fornito subito risultati eclatanti, con oltre l’80% delle piante trattate che sono guarite. Si tratta di una pasta totalmente biologica, che viene applicata su un taglio verticale provocato al tronco di una vite già pesantemente compromessa, dove sono evidenziate le lesioni della malattia. L’impacco resta sulla pianta tutto l’inverno, ed in primavera la vite ricomincia a vegetare, presentando foglie sane, una notevole spinta vegetativa e frutti di ottima qualità, praticamente identici a quelli delle viti sane.

I primi risultati, che in prospettiva permettono ai vignaioli dei grandi territori del vino di poter salvare e salvaguardare il patrimonio vitato più prezioso, quello delle vecchie vigne da cui nascono i vini migliori, spingono i tre agronomi (Alberto Passeri, Mario Guerrieri e Roberto Ercolani) ad intraprendere un percorso scientifico ancora più rigoroso. Creano una startup - “Escafix” - votata alla ricerca e la sperimentazione, e si rivolgono al Crea - Consiglio per la Ricerca in Agricoltura, punto di riferimento per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura in Italia, e al contempo depositano il Brevetto Italiano del protocollo. Che, dopo un percorso di sperimentazione partito da Montalcino, tra i filari de La Gerla (seguita, nel tempo, da Querciabella, nel Chianti Classico e in Maremma, Castello di Monsanto nel Chianti Classico, Banfi, Caparzo, Ferrero e Fanti a Montalcino, Mantellassi e Castello di Montepò - Biondi Santi nel Morellino di Scansano, mentre sono in fase di attesa la Fattoria San Leonardo in Trentino e Castello di Fonterutoli nel Chianti Classico), ha portato a risultati importanti, monitorati attraverso una relazione finale dal Crea che, in sostanza, promuove, a pieni voti, il progetto, evidenziando otto risultati fondamentali raggiunti: 85% di piante guarite su vitigno Sangiovese, 78-80% sui Sauvignon; minore mortalità presente nei vigneti trattati con prodotto Escafix; maggiore vegetazione delle piante trattate rispetto a quelle non trattate anche sane; uva delle viti curate con caratteristiche identiche a quella delle piante sane; gestione idrica delle piante guarite notevolmente migliorata; minore incidenza delle infezioni nel vigneto con il passare degli anni dal primo trattamento; traspirazione fogliare migliorata; fotosintesi ripristinata a livello di quella delle piante sane.

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