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EXPORT NEGLI STATES

Usa, nei primi 6 mesi 2018 vino italiano a +11,5%. Dati  US Department of Commerce forniti dall’Ice

Oltre 417 milioni di impressions per “Italian Wine - Taste the Passion”, nel “Progetto Vino Usa”. Parla il direttore dell’Ice New York, Maurizio Forte

Crescono, nel complesso, le esportazioni di vino italiano in Usa, più in valore che in volume, in quello che è il primo mercato per le cantine del Belpaese, e dove, nel complesso, le importazioni di vino aumentano in valore, ma diminuiscono in volume. È il quadro dei primi 6 mesi del 2018 tracciato a WineNews dall’Ice, che proprio tra fine aprile e luglio ha lanciato la prima fase della campagna “Italian Wine - Taste the Passion”, nel “Progetto Vino Usa”, il più importante progetto di promozione istituzionale del vino italiano mai messo in campo, e concertato con il tavolo di lavoro della filiera rappresentata da Unione Italiana Vini, Federvini e Federdoc. Venendo ai dati di mercato, emerge che nella prima metà del 2018, l’Italia ha esportato vino per un valore complessivo appena superiore ad 1 miliardo di dollari (quasi il 40% di tutto l’export agroalimentare del Belpaese verso gli States, a 2,5 miliardi di dollari), con una crescita in valore del +11,5, per un volume di 171,3 milioni di litri complessivi, con una crescita del +2,5%.
Un export enoico tricolore che è fatto al 34% di vino rosso, al 33% di vino bianco, al 20% di vini spumanti, al 4% in vermut e al 9% di vini in formati fino a 2 litri o superiori. Tutto questo in un quadro in cui le importazioni complessive in Usa, nella prima metà dell’anno, hanno raggiunto i 3,075 miliardi di dollari (+8,5%), scendendo però 587 milioni di litri (-5%).

Nel dettaglio, spiega l’Ice, emerge che nei primi 6 mesi, seppur con dinamiche differenti, l’Italia ha aumentato le vendite in tutte le categorie: +0,5% per i vini bianchi (341 milioni di dollari), +12% per i vini rossi (348 milioni di dollari), ed un balzo del +28,5% per gli spumanti (210 milioni di dollari); ma crescono anche i vini in formati fino a 2 litri (87 milioni di dollari), quelli oltre i 2 litri (12,5 milioni di dollari) e i vermut e altri vini aromatizzati, a 42,5 milioni di dollari.
Nondimeno, però, l’Italia ha perso, seppur di poco, la sua posizione di leader assoluta di quota di mercato in valore, sottolinea l’Ice, a vantaggio della Francia, a quota 1,013 miliardi di dollari, una crescita del 18% (grazie in particolare ai rosati della Provenza) ed una quota di mercato tra i vini stranieri, in valore, del 33%. A seguire, tra i principali fornitori, vengono la Nuova Zelanda, con 230 milioni di dollari (+12,9%), la Spagna a 183 (+6,2%) e l’Australia a 167 (-17%). In quantità, invece, l’Italia consolida il primato come fornitore degli Usa nel vino, esportando più del doppio in litri rispetto all’Australia (72 milioni di litri, -29%) e alla Francia (90 milioni di litri, +9,5%). “È importante considerare che solo all’inizio del nuovo millennio le esportazioni alla volta del mercato a stelle e strisce si attestavano sui 160 milioni di litri - sottolinea ancora l’Ice - e che, con una progressione quasi ininterrotta, si è arrivati agli attuali 334 milioni di litri (2017), con già 171,3 milioni di litri importati alla fine giugno 2018”.
Altro aspetto decisamente interessante da sottolineare, per l’Ice, è l’aumento “dei prezzi medi, che sono i più alti finora mai raggiunti dai vini italiani, in tutte le categorie: 5,1 dollari al litro per i bianchi, 6,6 per i rossi e 5,6 per gli spumanti, con una media di 5,8 dollari al litro”.
Tra le diverse tipologie, il Belpaese ha mantenuto pressochè stabile la sua quota di mercato tra i vini bianchi (dal 40,4% al 40%), e alla leggera crescita in valore ha fatto da contraltare un calo del 3,7% in volume. E sebbene l’Italia sia dominante, “sarà opportuno tenere sotto controllo l’andamento di questa categoria, visto la crescita di Nuova Zelanda, Francia e Spagna”. Sul fronte dei rossi, invece, va sottolineata anche la crescita in volume, del +2%, oltre a quella in valore, con l’Italia leader assoluta nella tipologia, in un contesto in cui, peraltro, Paesi come “Cile e Australia continuano a perdere quota negli ultimi 2 anni”.
Infine, il capitolo spumanti, il segmento più dinamico per l’Italia del vino. “La Francia grazie allo Champagne mantiene la sua posizione vincente al livello di valore con 50,4% della quota del mercato, però vede avvicinarsi in modo rapido l’Italia - sottolinea ancora l’Ice - che tocca la quota del 40% per la prima volta negli Usa. È da notare la crescita in percentuale (28,5%) delle importazioni in termini di valore nei mesi gennaio-giugno 2018 rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. Quando però si parla di quantità, l’Italia mantiene la leadership, superando il 61% della quota del mercato, rispetto alla Francia con il 21%, in lieve calo dall’anno precedente. Rispetto al giugno del 2017, anno in cui l’Italia ha visto crescere di oltre 10% l’importazione degli spumanti in quantità, nel 2018 si verifica un aumento di 16%, indice molto promettente per la stagione non solo estiva ma pure quella essenziale delle feste in fine anno”.
Insomma, un quadro positivo, nel complesso, in Usa, per l’Italia del vino, che spedisce negli States quasi il 25% delle sue esportazioni enoiche. Ovviamente si tratta dei dati del primo semestre e la speranza e’ che a fine anno si possa consolidare questo trend generale, ricorda l’Ice.
E dove, come detto, si è appena conclusa la prima fase della campagna istituzionale guidata dall’Ice, la più grande mai realizzata, e che vedrà la sua seconda fase tra settembre e dicembre 2018, periodo dell’anno cruciale per il mercato enoico. Una campagna articolata, tra attività di comunicazione, di formazione per i professionisti del settore (importatori, distributori, sommelier e personale di vendita di wine stores), ma anche di supporto ai “Newcomers”, ovvero a quelle aziende che ancora non esportano in Usa, e ancora con promozione e accordi in ristoranti e retail per aumentare la visibilità e la presenza del vino italiano tra gli scaffali Usa, senza dimenticare le attività di incoming. Fulcro dell’attività è la campagna di comunicazione, “che ha l’obiettivo di affermare un posizionamento esclusivo e aspirazionale dei vini italiani. Il vino made in Italy - sottoliena l’Ice -viene associato ad esperienze di elevato contenuto simbolico, legate a contesti culturali, territoriali, di lifestyle espressivi della eccellenza e unicità italiana”. Concetti che hanno guidato la creazione di “Italian Wine - Taste the Passion”. La campagna, che nel 2018 si sta svolgendo in due periodi (maggio-luglio e settembre- dIcembre), è indirizzata a consumatori tra i 35 e i 55 anni e avrà respiro nazionale, con priorità verso i seguenti stati target: New York Tri-State (che tocca anche aree del New Jersey e del Connecticut), California, Florida, Illinois e Texas, dove si concentra il 52% del consumo di vino in Usa, e dalle cui dogane, per altro, transita il 68% del vino importato negli States.
Ed i risultati dopo poco più di tre mesi di campagna, spiega l’Ice, sono incoraggianti: “Raccolte oltre 417 milioni di impressions tra i diversi canali: solo con i digital, che impiegano le più moderne tecnologie per intercettare il target di riferimento, sono state registrate 394 milioni di impressions.
Le immagini della campagna Italian Wine-Taste the Passion sono inoltre state inserite nelle principali riviste di settore (come “Wine Spectator”, “Wine Enthusiast”, “The Tasting Panel” e “SommJournal”), rivolte al consumatore oltre che professionali, insieme con un ampio ventaglio di lifestyle magazines (fra cui “Travel & Leisure”, “New York”, “Saveur”, “Food and Wine”), totalizzando oltre 16,3 milioni di impressions. Inoltre, il video è stato visto negli schermi dei taxi di New York e Chicago da oltre 7 milioni di passeggeri.
In aggiunta, sui social media (Instagram, Facebook e Twitter) sono state registrate 1 milione e 247 mila impressions sul vino italiano dall’inizio della campagna. In più è stato attivato il sito web www.extraordinaryitalianwine.us, che sarà utile sia ai professionisti che ai consumatori, con articoli sulla storia vitivinicola dell’Italia, una mappa interattiva delle regioni che si declina in cartine e descrizioni delle denominazioni, oltre ad una pagina “News” continuamente aggiornata con gli ultimi articoli di interesse sul vino italiano ed eventuali eventi, e una pagina dedicata ai professionisti del settore per comunicare le attività della campagna e dell’Ice al loro favore.
Come detto, altro punto cardine della campagna è l’attività di formazione per i professionisti del settore. “Mentre il consumatore americano non abbandona i vini più noti e riconoscibili quali Prosecco, Pinot Grigio e Chianti - sottolinea l’Ice - tende a rivolgersi ai vini Californiani e Francesi quando compra vini “premium.” Affrontare il mondo vitivinicolo italiano vuol dire tuffarsi in un mare di termini a volte difficili da pronunciare per un americano, di una geografia complicata e di un elenco di vitigni e denominazioni che può sembrare infinito. Per questo motivo è stato concepito un programma intensivo di formazione sul trade, che favorirà la creazione di oltre 250 ambasciatori del vino italiano fra professionisti del settore, in grado di guidare e influenzare le scelte dei clienti alla scoperta dei vini del Belpaese. La formazione si svolgerà in 10 tappe nei primi cinque stati “focus”, oltre che nei successivi cinque stati che registrano un trend più promettente: New York, California, Florida, Illinois, Texas, più Massachusetts, Pennsylvania, Ohio, Virginia (compreso Washington DC), e Colorado”.
Il progetto “Newcomers”, invece, prevede un supporto specifico per aziende ancora non presenti nel mercato, che per partecipare dovranno avere “specifici requisiti, strutturali e produttivi necessari per entrare negli Usa, potendone cogliere le potenzialità ma anche essendo in grado di fronteggiare le numerose criticità. Alle aziende partecipanti sarà dedicato un programma di consulenza aziendale personalizzato”.
Altra direttrice che seguirà il progetto, sono le “Trade Partnerships”, collaborazioni con “catene della ristorazione americana e wine stores (sia “fisici” che e-commerce) di alto livello, per far crescere la presenza della varietà del vino italiano sugli scaffali e nelle carte dei vini. In particolare, con attività di degustazione in store, per diffondere conoscenza della varietà del vino italiano e proposti abbinamenti a cucine internazionali, molto diffuse e nelle quali magari la presenza di etichette italiane è più limitata”.
Un progetto organico ed ambizioso, dunque, a supporto del vino italiano, in un mercato, quello Usa, vitale per la crescita di tutto il settore.

Focus - Il vino italiano in Usa secondo gli ultimi dati del US Department of Commerce forniti dall’Ice di New York, commentati dal direttore Maurizio Forte
Esportazioni italiane che crescono in Usa soprattutto grazie agli spumanti, ma anche ai vini rossi, tanta strada ancora da fare, perché il vino italiano negli States, sebbene presente e protagonista da tempo, non è ancora così conosciuto come si pensa, e buone prospettive, legate alla relativa tranquillità, almeno per il wine & food, sul fronte dazi. Questo il commento di Maurizio Forte, direttore dell’Ice di New York.
“Alla fine di 2017 sia i vini rossi che bianchi dimostravano incrementi deboli. Guardando invece al 2018, dai dati US Dept of Commerce dei primi 6 mesi - spiega Forte a WineNews - risulta una crescita significativa per i vini rossi del 12%, un andamento stabile per i bianchi con +0,5% ed un notevole balzo dei vini frizzanti del 28,5% in valore e 16,2% in quantità. Tutto questo conferma che sono gli spumanti a trainare gli aumenti piu’ rilevanti sostenuti in questa prima parte dell’anno dalla buona performance dei vini rossi. Dati positivi per i primi sei mesi che speriamo possano essere confermati a fine anno”.
Ma l’Italia del vino è fatta di tante anime e di tanti territori, molti ancora da far conoscere in Usa. “In base ai dati Ismea, nel 2017, Toscana e Veneto - con una quota in valore del 28% e del 22% - hanno coperto da sole il 50% dell’export italiano negli Usa (44% in quantità). Seguono il Trentino Alto Adige con il 18% e il Piemonte con il 14%. In totale l’82% dell’export in valore e l’80% in quantità - sottolinea Forte - proviene da queste 4 aree, quando è noto che l’Italia può vantare varietà e denominazioni in ciascuna delle sue venti Regioni. Esistono quindi ancora forti potenzialità.
Inoltre stiamo svolgendo un’attività di monitoraggio sui media per verificare quali sono i territori e vitigni di cui si parla più frequentemente, per comprendere meglio le tendenze in atto. Parlando di Regioni, negli ultimi 5 mesi la Toscana è la regione più citata in assoluto, con 119 articoli e un distacco del 30% rispetto alla Sicilia, che occupa il secondo posto. Seguono Veneto e Piemonte. Già questo risulta interessante: ad esempio la Sicilia è al secondo posto nella classifica stampa ma rappresenta soltanto 2% dell’export totale. Simile situazione per la Campania, che rappresenta solo l’1% delle esportazioni ma al quinto posto nell’interesse dei media. Riteniamo pertanto che ci sia crescente l’interesse, ad esempio, verso alcune regioni del Sud. Per quanto riguarda invece la fascia prezzo, secondo Euromonitor, risulta una continua riduzione nelle vendite di bottiglie di prezzo inferiore a 9,5 dollari a bottiglia. Dalla stessa fonte arriva l’indicazione che tutte le fasce prezzo superiori confermano una sostenuta crescita ininterrotta a partire dal 2012”.
Insomma, Stati Uniti mercato storico per il vino italiano, dove però ancora molto è da far conoscere. “Da un’indagine svolta un anno fa, è risultato che la ricca varietà del vino italiano non è ancora del tutto nota al consumatore medio - conferma Forte - pertanto la nostra campagna di comunicazione si sta concentrando anche nella diffusione di informazioni relative a territori e denominazioni, al fine di stimolarne i consumi. In base al sondaggio di Wine Opinions del 2017, il consumatore conosce i nomi classici, quali Chianti, Barolo, Prosecco, Pinot Grigio, e così via, pero quando si parla di vitigni e denominazioni più particolari, tipo Aglianico, Falanghina, Salice Salentino, e pure Franciacorta, la quota di rispondenti che non ne ha conoscenza sale oltre 50%. Sicuramente c’è una parte di consumatori che ha interesse a sperimentare i vini italiani, ma magari non dispone degli strumenti per comprenderne le qualità. Per questo motivo, il nostro Progetto Vino Usa prevede un investimento nella formazione dei giovani professionisti trade del settore, che possano agire come ambasciatori del vino italiano e influenzare le scelte del consumatore”.
Un quadro da cui emerge evidente la necessità di fare ancora tanta promozione, e quella Italia, negli ultimi anni, in qualche modo è stata frenata dal caos sulla gestione dell’Ocm Promozione. “Sempre i dati Ismea evidenziano che la promozione Ocm ha avuto un impatto importante nei mercati extra-comunitari. Parlando specificamente degli Usa - spiega ancora Forte - si è verificato un aumento del 61,5% nel valore delle esportazioni dal 2014-2017 rispetto ai quattro anni precedenti (2007-2010) all’entrata a regime di questo strumento. Questo dato evidenzia che gli Ocm hanno portato dei risultati rilevanti soprattutto in un mercato come gli Usa, dove la clientela va costruita con costanza, continuita’, impegno e investimenti stabili. In tema di tendenze, è interessante quanto risulta dallo studio di Wine Opinions sugli acquisti “frequenti, che evidenzia fra consumatori della fascia eta 20-29 una propensione leggermente maggiore verso il vino francese (32%) rispetto a quello italiano (29%). Al contrario nella fascia di età 30-39, i vini italiani mantengono il primato con 37% degli intervistati che li acquistano frequentemente, contro il 35% dei francesi. Sulla base di questi risultati si può ipotizzare che i consumatori più giovani siano lievemente più attratti dai vini francesi. Questa e’ una indicazione importante di cui l’Agenzia Ice sta tenendo conto nella campagna di comunicazione in corso molto orientata ai millennials, sia nel messaggio che nei canali digitali impiegati”.
Un altro tema che tiene banco, a livello di mercato internazionale, è la guerra dei dazi tra Usa e Cina, che coinvolge in parte anche l’Ue. Ma, per ora, il vino italiano sembra al sicuro. “Non ci sono segnali in questo senso, anche a seguito della visita recente del Presidente del Consiglio italiano negli Usa, dalla quale risulta che i prodotti agroalimentari italiani non dovrebbero essere interessati da misure restrittive”.
Insomma, lo scenario è positivo, anche grazie al lavoro delle imprese, che “a mio avviso stanno già facendo un grande lavoro negli Usa, dove abbiamo una quota di mercato di quasi il 33% e nel quale esportiamo un quarto delle nostre vendite totali all’estero. Sinceramente fatico a chiedere di più alle nostre aziende. Semmai e’ necessario che chi si avvicina al mercato sia sempre più cosciente delle tante difficoltà da affrontare in termini di logistica, normative, dimensione geografiche, stile di business, marketing, comunicazione e così via. È per questo che stiamo dedicando attenzione anche alla formazione dei nostri imprenditori e una iniziativa specifica del Progetto Vino Usa denominata Newcomers - sottolinea il direttore dell’Ice di New York - sarà riservata a chi vuole entrare nel mercato, ma solo dopo aver dimostrato di avere i requisiti minimi necessari con i quali potrà accedere ad un programma di accompagnamento della durata di 18 mesi. L’imperativo di “fare sistema” invece a mio avviso è innanzitutto rivolto alle istituzioni ed ai principali attori della filiera del vino che devono dare il buon esempio. Il “Progetto Vino Usa” realizzato dall’Agenzia Ice su incarico del Ministero dello Sviluppo Economico costituisce un ottimo modello di come lavorare in squadra: è stato inizialmente costituito un “Tavolo Vino” presso presso il Mise coinvolgendo tutti i soggetti attivi negli Usa a vario titolo, poi il Tavolo ha creato un “Gruppo di Lavoro” ristretto espressione di Federvini, Unione Italiana Vini e Federdoc. In questo modo tutte le decisioni vengono assunte con il determinante contributo dei produttori italiani che possono sentire il “Progetto Vino Usa” (ma lo stesso vale per quello in Cina) come espressione della loro volontà e dei loro bisogni. È anche un modo per far sentire la parte pubblica vicina ai privati e creare fiducia reciproca. Stiamo anche lavorando con partner e altri organizzatori di eventi di promozione del vino italiano per presentare un calendario condiviso, che consenta di unire le forze sul campo e dare anche al trade statunitense una immagine coordinata delle azioni sul mercato”.

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