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USA PIÙ “EASY” PER IL VINO ITALIANO: EMERGE DALL’INCONTRO TRA PRODUTTORI, VINITALY, IL CONGRESSIONAL WINE CAUCUS USA E L’ L’ALCOHOL & TOBACCO TAX & TRADE BUREAU. BILL EARLE, CHAIRMAN DEGLI “IMPORTATORI”: “STATO ITALIANO SIA MENO RIGIDO ALL’EXPORT”

Italia
Cristina Mariani (Banfi), Mike Thompson (Wine Caucus), Stevie Kim (Vinitaly Tour), Bill Earle (Nabi) e Matteo Lunelli (Ferrari)

Gli Usa hanno sete di vino italiano, perché piace e perché è business, e tanto le autorità governative che le organizzazioni imprenditoriali vogliono semplificare le cose ai produttori italiani, nell’interesse reciproco: ecco la buona notizia dell’incontro tra una rappresentanza delle cantine italiane top (da Banfi a Ferrari, da Zonin a Gruppo Italiano Vini, da Allegrini a Terredora), insieme a Vinitaly, con l’Us Congressual Wine Caucus, “lobby informale” formata da più di 200 deputati e 15 senatori “bipartisan” del Congresso degli Stati Uniti, e l’Alcohol & Tobacco Tax & Trade Bureau, che regola l’accesso di alcolici negli States. E che ai produttori italiani ha annunciato un “atteggiamento più rilassato” per le regole di importazione del vino del Belpaese (e non solo) negli States. Tradotto, modifiche in etichetta che prima dovevano essere vagliate dal Ttb, con un dispendio notevole di tempo e soldi per ogni azienda, da oggi potranno essere fatte con più semplicità. Dal nuovo “Cola” (Certificato di abilitazione etichetta) sono “esonerate” pratiche come lo “spostamento” di informazioni obbligatorie e non obbligatorie, il cambiamento di colore e testo, la dichiarazione obbligatoria di gradazione alcolica (qualora il cambiamento non sia incompatibile con la classe e la denominazione della tipologia), e così via. “Questa sarebbe una buona occasione anche per il Governo Italiano - ha detto Bill Earle, chairman della National Association of Beverage Importers (Nabi) - per rivedere le regole per i vini prodotti in Italia e destinati solo all’export. Sarebbe sensato, dal momento che alcune bottiglie non saranno mai sul mercato italiano, rendere liberi i produttori da alcune restrizioni che sul mercato interno sono richieste, ma nel nostro no”. Una cosa della quale beneficerebbe il mercato, visto che per i produttori i costi diminuirebbero, per gli importatori e distributori sarebbe più facile piazzare le bottiglie sul mercato, e per i consumatori più conveniente comprarle. Un percorso lungo, perché “il vecchio mondo” è lento a rispondere. “Ecco perché è significativo che Vinitaly abbia promosso un incontro di altissimo livello: i leader del Congresso hanno bisogno di stimoli importanti. Vinitaly ha un ruolo riconosciuto e apprezzato - Bill Earle - spiega nell’educare sia i consumatori che i protagonisti del mercato. Far conoscere i produttori italiani è un processo senza soste. Non ci si può limitare ad una visita o ad “un’interazione occasionale” con coloro che influenzano il mercato. Lavorare con i produttori basati negli Stati Uniti, con Nabi, con l’Ambasciata Italiana e altri si è dimostrato essere un connubio di successo tra risorse per mantenere il vino italiano in primo piano per i consumatori. Eventi come la visita a Capitol Hill possono risultare fonte di benefici futuri nel caso in cui si dovessero discutere aspetti legislativi e di regolamentazione. Gli eventi ormai abituali di “Vinitaly Tour” sono opportunità positive per educare/informare sia i protagonisti del commercio che i consumatori sul vino Italiano”.

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