Una vendemmia “minore” la 2019, in quantità, rispetto all’abbondante 2018 (-16%), ma non scarsa (sui 46 milioni di ettolitri), che arriva a dare un po’ di respiro, forse, sul fronte dei prezzi all’origine (-13% in media nel 2018 sul 2017), mentre le esportazioni del vino italiano, tutto sommato, continuano a crescere (+11% a volume e +5,5% a valore, a 2,6 miliardi di euro). È il quadro delineato dalla stime di vendemmia che, per la prima volta, vedono unite, in sinergia, Unione Italiana Vini, Assoenologi e Ismea, presentate oggi a Roma, mentre la raccolta, tornata in tempistiche più vicine alla tradizione, è appena iniziata o alle porte in tanti territorio d’Italia. Le elaborazioni effettuate a fine agosto, dunque stimano la produzione nazionale di vino 2019 a 46 milioni di ettolitri, con una riduzione del 16% rispetto all’annata record del 2018, quando erano stati sfiorati i 55 milioni di ettolitri (dato Agea, sulla base delle dichiarazioni di produzione). Il dato stimato, come di consueto, risulta da una media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni, comunque inferiore alla media degli ultimi 5 anni. Un calo previsto in tutte le Regioni, ad eccezione della Toscana (+10%). Il primato produttivo regionale, nonostante una diminuzione in perfetta media nazionale, del -16%, sarà ancora del Veneto, a 11,2 milioni di ettolitri, davanti alla Puglia, che con un calo percentuale simile, dovrebbe toccare gli 8 milioni di ettolitri, davanti all’Emilia Romagna, in calo del 20%, a 7,5 milioni di ettolitri. Tra le Regioni più produttive, seguono Sicilia (-20%, a 3,7 milioni di ettolitri), Abruzzo (-11%, a 3 milioni di ettolitri), Toscana (+10%, a 2,5 milioni di ettolitri) e Piemonte (-15%, a 2,4 milioni di ettolitri). Le perdite maggiori, sottolineano Uiv, Assoenologi e Ismea, si contano sulle uve precoci, mentre per quelle più tardive l’evoluzione produttiva sarà legata all’andamento meteo di settembre.
Nonostante una vendemmia meno generosa, peraltro né inattesa né tantomeno vissuta come problematica dagli operatori, stando alle previsioni sembra salva anche per il 2019 la leadership mondiale del nostro Paese, dal momento che la Francia è attesa a un dato di 43,4 milioni di ettolitri (stima al 19 agosto ministero Agricoltura francese) e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni (dato ministero Agricoltura spagnolo).
“Con la vendemmia 2019 rientriamo nella media degli ultimi anni, segnando una flessione marcata rispetto alla eccezionale produzione dello scorso anno - commenta Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini - con una qualità variabile, tra il buono e l’eccellente a seconda delle zone, che ci consente di guardare al futuro con ottimismo e fiducia. È lecito attendersi la tenuta dei prezzi sui vini a Denominazione, che rimanendo nei volumi dei disciplinari subiranno meno la flessione così come lo scorso anno hanno risentito meno dell’aumento produttivo, e un possibile ritocco in alto dei listini degli sfusi visto il calo vendemmiale anche di Francia e Spagna. Manteniamo il primato produttivo mondiale ma in un contesto geopolitico difficile dove arrivano segnali preoccupanti da alcuni mercati importanti per il nostro vino mentre si aprono prospettive nuove di sviluppo grazie agli accordi di libero scambio. Il mercato interno mostra un trend in leggera crescita seppur in un contesto di deciso cambiamento che ci invita ad una riflessione più attenta su nuove strategie da adottare verso il nostro tradizionale consumatore”.
“Se l’annata 2018 è stata generosa, nel 2019 si assiste in molte zone ad inversione di rotta. Dal punto di vista climatico anche quest’anno la variabilità meteo si è fatta sentire - sottolinea il presidente Assoenologi Riccardo Cotarella - in particolare a maggio con un abbassamento delle temperature accompagnato da abbondati precipitazioni che hanno determinato un rallentamento del ciclo vegetativo della vite. Si rileva un generale ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni, tanto da far rientrare l’epoca di vendemmia in periodi più legati alla tradizione, dopo gli innumerevoli anticipi registrati negli ultimi anni. Quest’anno sono da rilevare comunque evidenti disformità di maturazione anche all’interno di uno stesso appezzamento, conseguenza dell’ormai consolidata variabilità metereologica e di uno spostamento climatico da temperato a caldo arido, con precipitazioni irregolari e di carattere temporalesco, che determinano irregolarità del ciclo vegetativo, dove l’opera dell’enologo, attraverso le proprie competenze ed esperienze, risulterà determinante e fondamentale per il livello qualitativo dei futuri vini”.
“Il vino italiano negli ultimi anni ha consolidato un importante percorso di internazionalizzazione tramite la concentrazione e la riorganizzazione dell’offerta verso prodotti di maggiore qualità e gradimento nei mercati esteri. Gli effetti di tale evoluzione verso la qualità e l’efficacia delle politiche commerciali - ha sottolineato Raffaele Borriello, direttore generale dell’Ismea - sono testimoniati dal costante aumento del fatturato all’export, quasi raddoppiato negli ultimi dieci anni. In prospettiva, sul futuro del settore peseranno le modalità di uscita del Regno Unito dall’Europa e l’incertezza del nuovo assetto geopolitico mondiale, dove le dinamiche dei mercati saranno sempre più difficili da leggere e imporranno strategie sempre più complesse, differenziate e flessibili: maggiori rischi, ma anche maggiori opportunità, per chi saprà anticipare le tendenze evolutive, lavorando a una accurata segmentazione delle politiche commerciali di esportazione”.
Tornado alla vendemmia 2019, il calo produttivo è da imputare essenzialmente alle condizioni climatiche di gran lunga meno favorevoli rispetto a quelle che avevano portato all’abbondante vendemmia 2018.
Le anomalie sono iniziate già in inverno, che ha registrato temperature leggermente superiori rispetto alla norma e precipitazioni inferiori alla media. Andamento meteo che si è protratto anche per i mesi di marzo e aprile, mentre maggio ha registrato una decisa inversione di tendenza: l’abbassamento delle temperature e le abbondanti precipitazioni hanno causato un ritardo della fioritura e un rallentamento del ciclo vegetativo della vite.
Da quel momento in poi ogni fase fenologica della vite ha risentito di un clima non particolarmente idoneo: l’andamento termico ha disturbato la fioritura e ostacolato in alcune varietà una perfetta allegagione. I mesi di giugno e di luglio hanno invece fatto registrare scarse precipitazioni, che hanno obbligato, in alcuni areali, ad interventi di irrigazione di soccorso, in particolare su impianti giovani. Alcune piogge a carattere temporalesco hanno causato consistenti grandinate. Per quasi tutto il mese di agosto, poi, le temperature si sono mantenute elevate, così come l’umidità, favorendo un rigoglioso sviluppo della vegetazione nei vigneti, che ha costretto i viticoltori ad attenti interventi di potatura verde.
Alla fine di agosto lo stato sanitario delle uve si presentava generalmente buono: il ritorno delle piogge in alcuni areali ha favorito un buon accrescimento dei grappoli e, fortunatamente, sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio, circoscritti e ben contenuti da opportuni trattamenti, risultati tuttavia superiori rispetto allo scorso anno. Questo mix di fattori, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte che hanno favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve e un ottimale sviluppo degli aromi, ha permesso di ottenere una qualità generalmente buona su tutto il territorio nazionale. I primi riscontri analitici, peraltro, evidenziano gradazioni medie nella norma, un buon rapporto zuccheri/acidità e per le prime uve vendemmiate un buon quadro aromatico. Si evidenzia anche una sintesi ottimale delle sostanze coloranti nelle uve a bacca rossa.
Tutte le vicissitudini climatiche e meteorologiche hanno portato un ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni rispetto alla passata campagna, così da far rientrare in un calendario normale l’epoca di vendemmia, dopo gli anticipi registrati negli ultimi anni. Ne è dimostrazione il fatto che per i primi giorni di settembre si stima l’arrivo in cantina di poco più del 15% delle uve, mentre solo due anni fa si parlava già di oltre il 40%. Anche quest’anno, ad aprire la vendemmia è stata la Sicilia nella prima settimana di agosto, seguita, a cavallo di Ferragosto, dalla Puglia e poi dalla Lombardia (Franciacorta) nella seconda decade di agosto. Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni si sono svolte le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon).
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