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L’INIZIATIVA

Venti anni di Istituto Grandi Marchi, esempio concreto del “fare squadra”, raccontati in un docufilm

Un documento che ripercorre due decenni di un gruppo di 18 grandi nomi del vino italiano, che mettono insieme 600 milioni di euro di giro d’affari

Un docufilm per raccontare la capacità, rara, di saper fare squadra tra competitor sui mercati del mondo, ma anche colleghi tra le vigne d’Italia, per affermare la forza della diversità e del made in Italy, che porta vantaggi a tutti. A presentarlo, ieri a Roma, le 18 cantine riunite, da oltre venti anni, nell’Istituto del Vino Italiano di Qualità - Grandi Marchi, con nomi come Ambrogio & Giovanni Folonari, Antinori, Argiolas, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Col d’Orcia, Donnafugata, Jermann, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido, Tenuta San Leonardo e Umani Ronchi, capaci di mettere insieme 600 milioni di euro (il 4,3% del giro d’affari totale del vino italiano nel 2023), di cui oltre il 55% destinato all’estero con un valore di circa 330 milioni di euro (il 4,2% della quota export complessiva del vino tricolore del 2023).
Un viaggio, quello raccontato nel docufilm, tra esperienze, aneddoti, propositi attraverso il racconto del presidente Piero Mastroberardino, del presidente onorario Piero Antinori, e di tutti i vignaioli che compongono questa prestigiosa “squadra”. Quaranta minuti per ripercorrere la storia del gruppo, dal primo incontro all’impegno verso i mercati emergenti, dalle missioni nei vari continenti ai passaggi di testimone tra esponenti di diverse generazioni.
“Siamo tornati a Roma per condividere un momento importante di questo ambizioso viaggio condotto insieme da un gruppo di amici, prima ancor che colleghi - ha sottolineato Piero Mastroberardino - tutti legati da un comune sentire: la simbiosi tra i valori familiari e quelli della propria terra, da cui scaturiscono interpretazioni enoiche di rara bellezza. Il contributo di ciascuna di queste antiche e prestigiose storie familiari compone un mosaico di buone pratiche nel mondo imprenditoriale che travalica l’ambito specifico della filiera vino. Di qui la proposizione di un programma di attività che, con la missione di difesa e valorizzazione della nostra filiera, promuove iniziative a carattere etico e investimenti ad elevata sostenibilità, che fa dei Grandi Marchi una rappresentazione armonica della biodiversità tipica del patrimonio enologico dello Stivale”.
Sull’importanza del ruolo che Istituto Grandi Marchi ricopre da vent’anni si è espresso anche il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida: “a Istituto Grandi Marchi va riconosciuto il grande merito di aver messo da parte l’individualismo a favore del lavoro di squadra - ha spiegato Lollobrigida - così facendo ha dimostrato come l’Italia, nel momento in cui si muove come sistema, risulti sempre vincente grazie a un patrimonio fatto di straordinaria qualità e di capacità umane che sono nel nostro Dna. Qui ci troviamo di fronte a delle grandi famiglie, rappresentative dei propri territori e capaci di stare al passo con i tempi senza mai perdere le radici e la propria identità. Infine, va sottolineato il modo di proporre il vino di questo gruppo, in un approccio a questo meraviglioso prodotto fatto di cultura e di consapevolezza”.
“Era il 2003 quando noi produttori ci incontrammo per la prima volta - ha raccontato Piero Antinori, primo presidente dell’Istituto (qui la sua intervista a WineNews) - in occasione di una Wine Experience a New York. Prese così il via questa grande avventura che ha visto i nostri vini aprire nuove frontiere, dalla Russia alla Cina, fino al Sud Est Asiatico, e le missioni in Australia, India, Malesia, e in tanti altri mercati che ancora oggi sono considerati emergenti, ma che, all’epoca, rappresentavano una vera e propria operazione pionieristica. Negli anni la nostra attenzione si è spostata anche su scenari più consolidati: già note le nostre missioni in Usa, Canada e Inghilterra che ogni anno confermano il crescente interesse di questi mercati tanto per le nostre etichette quanto per lo stile e la cultura che ci contraddistinguono”.

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