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VINCE FUORI CASA IL VINO ITALIANO, MA NON VA OLTRE IL PAREGGIO INTERNO: OK VENDITE ALL’ESTERO (MERCATI STORICI ED EMERGENTI), MENO IN ITALIA ... COSI’ I PRODUTTORI (ANTINORI, PLANETA, GAJA, CAPRAI, MASTROBERARDINO, BANFI, MASI), SONDATI DA WINENEWS

Italia
La cantine italiane brindano al successo all’estero,

“Se il mercato italiano, pur liberandosi dalla stasi che lo ha colpito nel recente passato, non riesce a raggiungere percentuali di incremento che superino il 5%, le note assolutamente positive vengono dall’estero, dove il vino italiano, trainato dalla ristorazione del Bel Paese operante oltre frontiera e dal glamour crescente del “made in Italy”, ha margini d’incremento a doppia cifra, anche con la perdurante debolezza del dollaro, sia nei mercati storici Usa, Canada e Germania, quest’ultimo in ottima ripresa, sia in quelli cosiddetti emergenti, ancora non dai grandi numeri ma dalle buonissime potenzialità”. E’ il sentiment registrato da un sondaggio di WineNews, uno dei siti più seguiti dal mondo del vino, che ha analizzato le dichiarazioni di sette tra i più importanti ed autorevoli produttori italiani, “che esprimono soddisfazione per l’andamento delle vendite nel 2007, in trend certamente positivo anche in previsione dei rendimenti auspicabili per le prossime feste di fine anno”.

Angelo Gaja, una delle voci più autorevoli fra gli imprenditori del vino made in Italy, vede la situazione all’estero del vino italiano che “continua a veleggiare a due velocità. Lenta, molto lenta, in regresso per il 25% del vino si vorrebbe continuare a vendere con il richiamo del prezzo basso - spiega Gaja - insistendo a proporre un prodotto anonimo, affidato a linee di distribuzione obsolete o largamente inidonee. Il mercato estero risponde molto bene, invece, per i vini italiani la cui qualità sia riconosciuta, apprezzata e sostenuta da ristoranti di cucina italiana che operano all’estero, e che si avvalgono di linee commerciali adeguate, proponendo prezzi nella fascia tra i 3 e gli 8 euro ex cantina a bottiglia, vale a dire la fascia di prezzo dei “popular premium” e dei “premium” veri e propri. Anche nella fascia di prezzi ex cantina compresa tra i 9 ed i 20 euro a bottiglia il mercato estero offre degli spunti abbastanza interessanti - continua Gaja - ma solo per un certo numero di piccoli e medi artigiani che hanno lavorato sodo negli ultimi venti anni e che hanno visto la qualità dei loro vini riconosciuta dai degustatori di tutto il mondo e per i marchi italiani più consolidati, dalle reti distributive qualificate, capaci di una promozione mirata e molto attiva e che godono della stima dei ristoratori di cucina italiana. Nella fascia top di prezzi, per il momento il mercato estero è ancora molto riflessivo e premia una cinquantina di cantine italiane in tutto, non più di cinque in posizione di vertice. Per questi vini effettivamente rari, di offerta largamente inferiore alla domanda, conta una solida credibilità acquisita da molti anni, un riconoscimento della qualità attribuito con regolare continuità dagli esperti di tutto il mondo, una domanda consolidata da una clientela di esperti e di appassionati, una capacità di questi vini di emozionare e una elevata disciplina e rigore da parte del produttore. Sul mercato italiano è ancora bagarre - conclude Gaja - perché c’è una grande sovrapposizione dell’offerta. I produttori si rubano l’un l’altro lo spazio nei punti vendita. Nei supermercati oltre il 75% del vino è venduto sotto i 3 euro a bottiglia: per esaudire le aspettative del cliente si lascia talora intendere che sia possibile trovare un grande vino anche a questi prezzi. Resta però una incoraggiante percentuale di nuovi consumatori, desiderosi di apprendere e di provare”.

“In generale, vedo una fase di normalizzazione - spiega Renzo Cotarella, direttore generale della Marchesi Antinori, una delle aziende che ha segnato la rinascita del vino italiano nel mondo - anche se il mercato del vino resta, evidentemente, un mercato molto competitivo. I prodotti di qualità e i marchi più affermati hanno buonissime opportunità - continua Cotarella - ma storicamente dopo una fase euforica, sul finire degli anni ’90, una di crisi, ad inizio millennio, oggi possiamo finalmente registrare che il mercato cresce in modo fisiologico e non patologico. Sostanzialmente il mondo del vino italiano può guardare con ottimismo al breve medio periodo, la situazione di emergenza di uno o due anni fa, sembra ormai lontana. In sintesi - prosegue il direttore generale della Marchesi Antinori - oggi si beve meglio, spendendo meno di cinque, dieci anni fa. Il mercato italiano resta ancora difficile, con una confusione di nuove proposte che cannibalizza ogni segmento di prezzo. Vanno bene i vini dai prezzi bassi e i vini che al ristorante stanno sotto i 40 euro a bottiglia, rappresentando una nicchia interessante. All’estero la situazione mi sembra più leggibile e positiva - afferma Cotarella - a parte il dollaro debole penalizzante per il primo mercato dei vini italiani, che, per questo motivo, non è il più remunerativo. Riprende il mercato tedesco, pur restando molto competitivo e va molto bene la Russia, ma in generale l’Europa con mercati come l’Inghilterra in rapida espansione. Di buone potenzialità, almeno per i nostri vini paesi come Kazakistan e Repubbliche Baltiche, restano ancora mercati difficili Polonia, Romania e Bulgaria, dove manca una ristorazione italiana. Spero che la mia generazione - conclude Cotarella - riesca a vedere l’esplosione di mercati cinesi e indiani, per ora aperti limitatamente ai vini icona e con una propensione al consumo del vino ancora molto bassa”.

Non ci sono dubbi per Enrico Viglierchio, direttore generale della Castello Banfi, azienda leader del Brunello di Montalcino: “il vino italiano va molto bene negli Usa, che resta il nostro primo mercato, mentre in Germania è in atto una “ripresina”. In crescita l’aerea dell’Est Europa, con buone performance della Russia e incoraggianti sviluppi anche in paesi come Romania e Cecoslovacchia, dove il mercato del vino italiano sta nascendo adesso. Anche in Asia i principali mercati sono in crescita - continua Viglierchio - dove a contare non è il prezzo, ma il blasone di un vino. Sono mercati da coltivare, con un’attività di promozione e di vera e propria educazione al gusto italiano e dove i ristoranti di cucina italiana restano i fondamentali ambasciatori del nostro vino. Vedo una certa ripresa anche in Italia - conclude Viglierchio - i consumi si sono stabilizzati ed è in atto una certa normalizzazione del mercato con una tendenza verso i vini a denominazione sia di fascia di prezzo bassa che alta, mentre restano in sofferenza i vini di prezzo medio, penalizzati dall’enorme abbondanza di nuove etichette”.

In controtendenza, le indicazioni di Lodovico Antinori, fondatore della Tenuta dell’Ornellaia e adesso a capo della bolgherese Tenuta di Biserno, sicuramente uno degli imprenditori che meglio conoscono le dinamiche dei mercati mondiali del vino: “ho messo come un “velo” su mercati quali quello tedesco, svizzero e austriaco, tradizionali consumatori dei vini italiani di alta gamma - spiega Lodovico Antinori - ma che oggi, invece, sono alle prese con una sorta di rifiuto verso quei vini e considero attualmente quei mercanti in uno stand-by destinato ancora a durare nel tempo. Sto, invece, concentrando le mie energie verso Paesi come Russia e Dubai, una specie di Las Vegas del Medio Oriente, e ho intenzione di studiare adeguatamente la capacità di assorbimento di un mercato come quello indiano, che considero di grandi prospettive e molto migliore di quello cinese, forse ancora poco più che un fenomeno di moda. In India - prosegue Antinori - credo che esista una nuova borghesia dalle buone possibilità economiche e culturalmente preparata al vino, perché ha molto spesso studiato nei college di Oxford piuttosto che di Cambridge, impadronendosi di uno stile di vita assolutamente europeo. Gli Stati Uniti rappresentano ancora il nostro mercato di riferimento - continua Antinori - e importanti segnali arrivano anche dal Canada e dai paesi del Nord Europa, Svezia Finlandia e Danimarca, ma anche dalla Lituania. Sempre maggiore importanza sta assumendo l’Inghilterra, un mercato che non si vergogna di andare a pescare in Australia, piuttosto che in Cile i vini dal rapporto qualità/prezzo più vantaggioso, ma che, allo stesso tempo, guarda con molto interesse alle produzioni di fascia alta diverse da quelle francesi. I nuovi ricchi russi - spiega ancora Lodovico Antinori - consumano regolarmente i grandi vini italiani. Nelle tavole circolano con buona regolarità i vini cosiddetti “cult”.

Diego Planeta, uno dei nomi che ha costruito la moderna enologia siciliana, considera la domanda proveniente dall’estero dei vini italiani “assolutamente viva e con un trend dell’esportazione in buona crescita. La concorrenza è fortissima, evidentemente, ma i vini italiani sono in serena risalita, nonostante non siano supportati da politiche di promozione forti ed unitarie. Più problematico il mercato italiano - continua Planeta - dove una miriade di nuove aziende, incapaci di andare sui mercati oltre confine, rendono il mercato interno tendenzialmente caotico. Sui piccoli mercati che è possibile costruire in giro per il mondo - conclude Planeta - tante piccole nicchie finiscono per costituire una discreta massa critica. Il vino è una piccola merce che sta dentro ad un mercato, tutto sommato, piccolo, e bisogna lavorare su ogni possibile sbocco commerciale”.

Marco Caprai, l’imprenditore che ha saputo costruire l’immagine internazionale del Sagrantino di Montefalco, commenta che “buone risposte vengono dai mercati storici, Usa, Canada e Germania, in crescita anche l’Est Europa, con in testa la Russia. Ma va anche sottolineato il ruolo sempre più importante dei piccoli mercati come la Lituania o le Maldive. Nel primo stiamo costruendo un mercato per i consumi locali, mentre nel secondo dobbiamo soddisfare le richieste soprattutto dei turisti. Ma al di là delle evidenti differenze - continua Caprai - sono mercati promettenti, che dobbiamo organizzare meglio e in cui dobbiamo essere più presenti. Anche in Italia vedo una certa ripresa - conclude Caprai - dai ritmi non molto sostenuti, ma continui”.

“C’è in atto - spiega Piero Mastroberardino, al vertice della storica azienda campana - un consolidamento dei mercati storici Canada, Stati Uniti e Germania in testa, ma si registra un certo fermento positivo in paesi come Russia e Brasile. Si aprono con facilità molti mercati nuovi, che debbono però essere adeguatamente seguiti e organizzati, perché facciano anche numeri. Più stanca - conclude Mastroberardino - la situazione nel mercato italiano, comunque in ripresa rispetto a come si presentava, per esempio, nel 2002”.

Sandro Boscaini, presidente dell’Agricola Masi, uno dei marchi storici del veneto enologico, commenta che “Usa e Canada sono mercati che vanno alla grande, nonostante la debolezza del dollaro, mentre soffrono di più i paesi in cui si produce vino. Corea, Cina e Tailandia sono mercati da coltivare con attenzione - continua Boscaini - costruendo una cultura del vino italiano, necessaria perché anche quei mercati comincino a fare numeri soddisfacenti. In Italia - conclude Boscaini - la domanda maggiore è sempre a vantaggio dei vini regionali e a denominazione”.

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