La sostenibilità in vitivinicoltura ormai è un elemento fondamentale per conquistare un ulteriore valore aggiunto sui mercati. Ma è anche un concetto e una pratica che rischia di restare intrappolata nel flusso delle mode passeggere, se non è declinata in modo tale che possa essere misurata e dimostrata da risultati concreti, essere percepita dai consumatori e “digerita” adeguatamente dalle filosofie produttive delle cantine, visto che certamente contraddistinguerà la viticoltura futura e non solo.
Un tema fondamentale, dunque, per il comparto vitivinicolo al cento del convegno “Sostenibilità e innovazione in viticoltura per la competitività del vino italiano” by Bayer-CropScience che, con il progetto “Magis” (che raccoglie 150 aziende in tutta Italia, http://magisvino.imagelinenetwork.com) ha costruito nei vigneti e, presto, costruirà anche nelle cantine, un progetto solido in nome della sostenibilità, ambientale, economica e sociale. Per Bayer-CropScience, insomma, la sostenibilità non è una moda e per chi la ignora è un rischio, ma per chi la integra è una opportunità.
“Secondo i dati dell’Onu, nel 2050 la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi, mentre la superficie coltivabile diminuirà fino a 0,16 ettari pro-capite - spiega Pietro Tagliabò, manager di Bayer-CropScience - il rispetto dell’ambiente diventa quindi una necessità ineluttabile, insieme alla sicurezza alimentare, alle energie alternative. Tutti elementi che condizioneranno lo sviluppo agricolo, sollecitato da una pressione demografica sempre più forte. L’agricoltura sostenibile è proprio il mezzo migliore per contrastare questa tendenza”.
Ed è proprio intorno alla “triade” sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e sostenibilità economica che si è costruito il progetto “Magis” di Bayer-CropScience per la viticoltura, che passando anche da un ripensamento complessivo sulle metodologie per contrastare le malattie della vite, integrando prodotti di sintesi a prodotti biologici, è giunta anche all’ottenimento della certificazione, diventando, di fatto, non più solo un progetto ma un nuovo processo produttivo.
““Magis” - sottolinea Manuela Casaleggi, responsabile food-chain di Bayer CropScience - integra le filiere che contribuiscono alla produzione di una bottiglia di vino, dalle industrie dei macchinari per le lavorazioni agricole a quelle che fabbricano le bottiglie. “Magis” è un vero e proprio processo che integra mondo della ricerca e aziende, un processo sostenibile che riduce i trattamenti in campo, risparmiando materiali e, allo stesso tempo, producendo materia prima ineccepibile (-30% di fertilizzanti utilizzati, -9% di trattamenti effettuati dalle aziende che hanno aderito al progetto). Un valore aggiunto che si riverbera direttamente sul prodotto finale che, in più, diventa più appetibile per i mercati perché è certificato. Il tutto misurabile e dimostrabile da risultati concreti e che aumentano anche la redditività degli stessi protagonisti di questo nuovo processo produttivo”.
La riduzione del carico chimico sull’ambiente, una richiesta sempre più pressante che proviene da più parti, e la gestione dei loro residui nel prodotto finale (alcuni mercati, ricordiamolo come esempio, richiedono anche presenza “0” di tali sostanze) ha di fatto imposto un nuovo modo di vedere il processo produttivo che porta dall’uva alla bottiglia, cambiando, se non completamente, almeno in buona parte il paradigma fin qui conosciuto. Anche su questo fronte “Magis” è un progetto complessivo, nel senso che è anche un modo di divulgare la sostenibilità. E se fra i produttori il messaggio è passato agevolmente, questo non si può dire certo per quanto riguarda i consumatori. “I consumatori sono diventati più attenti ma allo stesso tempo sono anche più confusi - spiega Daniele Tirelli della Iulm di Milano - perché i media in primis, forniscono informazioni parziali, ambigue e a volte fuorvianti, fondate su stereotipi che sono soltanto strumentali ad una semplificazione della narrazione. Un esempio? La chimica è sempre un male e la natura è sempre buona. Ma non è così o non è sempre così. Poi bisogna fare i conti con l’ignoranza sul vino dei consumatori - conclude Tirelli - anche loro troppo spesso dipinti dai media come degli esperti. Il 58% degli italiani dichiara di non intendersi di vino e soltanto il 2% dichiara di essere un esperto, con il resto che, a vari gradi, si dichiara sostanzialmente lontano dal mondo del vino”.
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