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VINO & ALCOLICI, È TEMPO DI RIFLETTERE E DI RESTITUIRE IL NETTARE DI BACCO ALLA CATEGORIA CHE GLI COMPETE: ALIMENTO E VALORE CULTURALE. FEDERVINI: “NO AD USO DI DROGHE, NO ALL’ABUSO DI ALCOL. SCONCERTO PER STUDIO INGLESE”. IL COMMENTO DI WINENEWS ...

Italia
Lamberto Vallarino Gancia, a capo di federvini, che protesta

Sembra riaprirsi un forte dibattito sull’alcol, argomento sul quale si è disputato vivacemente in estate. Adesso è la volta di uno studio della rivista inglese “Lancet”, basato sulla ricerca scientifica dell’ex consigliere del governo laburista per la lotta alla droga, David Nutt, a ridare fuoco alle polveri: l’alcol sarebbe più dannoso per la salute di cocaina, cannabis o ecstasy ed è lo “stupefacente” più nocivo in relazione al suo impatto sulla società.
La ricerca, condotta in Gran Bretagna, è rigorosamente scientifica e, come tutte le ricerche scientifiche, si regge sulla forza inoppugnabile dei numeri. Il fatto è che un conto sono i dati, un altro conto è saperli leggere. Perché spesso i dati, loro malgrado, finiscono per accomunare fenomeni diversi tra loro, proprio come nella ricerca di Nutt, dove si confondono vino e superalcolici.
Ma - viene da chiedersi - l’operazione è lecita? Vino e distillati: non esistono differenze sostanziali, tra loro? A ben vedere, sì. La prima differenza è pratica: il distillato alcolico è il prodotto di un’operazione “indotta” dall’uomo, il vino è frutto di una fermentazione naturale che di per sé produce alcol. Ma esiste anche una differenza culturale. Perché se il distillato nasce per il puro “piacere”, il vino rappresenta un elemento della cultura alimentare (mediterranea, ma non solo), che non dovrebbe essere associato “sic et simpliciter” al contenuto alcolico.
In fondo, crediamo, il problema sta qui: nel far capire il suo valore storico-alimentare e, quindi, educarne il consumatore alla funzione specifica, quella di una componente dei pasti. Non sarebbe allora il momento di smarcare il vino, come concetto, da quello troppo generalizzante di “alcolici”, per collocarlo, invece, in una sua dimensione specifica, tanto sul piano alimentare che su quello culturale?

Focus - Lamberto Vallarino Gancia (Federvini): “no all’uso di droghe, no all’abuso di alcol. Sconcerto per studio inglese”
“No all’uso di droghe, no all’ abuso di alcol. Senza se e senza ma, e soprattutto senza classifiche, più o meno attendibili. In queste poche parole, concentrerei lo sconcerto che ho provato leggendo la sintesi dello studio del professor Nutt pubblicata oggi sulla maggior parte dei quotidiani”. Lo afferma Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini, la federazione italiana industriali produttori importatori ed esportatori di vini acquaviti liquori sciroppi ed affini, sui numerosi articoli pubblicati oggi sui media italiani, relativi allo studio pubblicato sulla rivisita scientifica “Lancet” in cui si afferma che bere alcolici è socialmente più dannoso che prendere eroina, cocaina o altre droghe.
“Non da oggi - prosegue il “numero uno” dei produttori di alcolici italiani - il settore è impegnato a diffondere messaggi forti in tema di lotta a tutti gli abusi ed a tutti gli usi scorretti dei nostri prodotti, e leggere che ancora si discute se sia meglio brindare tra amici, o celebrare la nostra tradizione e la nostra cultura enogastronomica che tutto il mondo ci invidia,oppure assumere sostanze illegali, francamente fa cadere le braccia, se non fosse che ogni persona di buon senso non ha dubbi sulla risposta corretta”.
“Tanto premesso, ritengo Le conclusioni dello studio effettuato dal professor David Nutt, che equipara il consumo di alcol all’assunzione di droghe sono sbagliate e inaccettabili, soprattutto per gli effetti “sociali” a cui farebbe riferimento l’indagine”, ed alle perverse conseguenze che ne potrebbero derivare nella percezione dei consumatori, soprattutto dei più giovani. Al di là di ogni polemica, è del tutto fuorviante, e molto pericoloso, assimilare il consumo di bevande alcoliche con l’assunzione di stupefacenti tanto sotto tutti i punti di vista. Inoltre, una tale posizione, che fortunatamente rappresenta una visione molto minoritaria all’interno della comunità scientifica, non tiene in alcun conto la stragrande maggioranza dei consumatori, che consuma bevande alcoliche in modo socialmente corretto, moderato e responsabile, ma solo una piccola minoranza che ne abusa. Peraltro, il professor Nutt non sembra nuovo a tali operazioni: nel 2009, l’autore dello studio fu costretto a lasciare il suo ruolo di capo dei consiglieri governativi britannici per affermazioni dello stesso tipo sulla marijuana e, dopo, aver criticato il governo per non aver seguito le sue indicazioni.
Attendibilità a parte, quindi, lo studio non considera la tradizione millenaria rappresentata da coloro che bevono moderatamente e ai pasti; una cultura salutare i cui effetti positivi sono stati più volte confermati da innumerevoli studi scientifici”. “La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) - prosegue Vallarino Gancia - ha adottato recentemente una Risoluzione in cui si sottolinea che il problema non è l’alcol in sé, ma il suo abuso, ovvero uso scorretto. In questo contesto ancor più spicca l’abnormità di uno studio che arriverebbe a giustificare, se non consigliare ai consumatori ed alla Società nel suo complesso la sostituzione del consumo di bevande alcoliche con l’assunzione di eroina, cocaina e altre droghe”. In quanto “più salutare” o “meno dannoso”.

Il commento di WineNews - Gli opportuni distinguo
Ecco l’ennesima ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista inglese “Lancet”, dell’ex consigliere del governo laburista per la lotta alla droga, David Nutt e ripresa dai media di tutto il mondo, che punta il dito sugli effetti dannosi dell’alcol, definendolo addirittura più pericoloso di eroina, cocaina e altre droghe. Se è vero che l’alcolismo è un problema sempre più diffuso tra i giovani, anche in Italia, occorre separare nettamente l’universo-vino, da sempre presente nella nostra tradizione alimentare, da quello dei superalcolici. È tempo di smarcare il vino da tutto ciò che serve al semplice “sballo”, e collocarlo nello spazio che gli compete, cioè quello di un alimento-cardine della nostra cultura, con una propria connotazione storica e - appunto - culturale. Meglio investire di più in educazione al bere consapevole, allora, piuttosto che portare avanti una inutile, quanto dannosa, caccia alle streghe.

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