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ORIZZONTI

Vino bio, i trend di consumo, le prospettive di sviluppo e le possibilità di crescita sui mercati

Il focus “Vino bio: trend & sfide”, promosso da FederBio e AssoBio (insieme a Veronafiere e Vinitaly), e curato da Nomisma-Wine Monitor
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Il vino bio italiano

I trend del vino biologico, i cambiamenti degli ultimi due anni, le prospettive di sviluppo e le possibilità sui mercati internazionali: ecco i focus “Vino bio: trend & sfide”, webinar promosso da FederBio e AssoBio (insieme a Veronafiere e Vinitaly), e curato da Nomisma-Wine Monitor, che ha presentato i risultati dello studio “Posizionamento e prospettive di sviluppo del vino bio in Italia e sui mercati internazionali”. A fare il punto sul peso del biologico nel panorama italiano, è Roberto Zanoni, presidente AssoBio, che ricorda come “con 70.000 produttori e 10.000 imprese di trasformazione l’Italia è leader in Europa, ed è al primo posto nel mondo per export insieme agli Stati Uniti, con 2,9 miliardi di euro, pari al 6% dell’export dell’agroalimentare nazionale complessivo. I consumi pro capite, invece, ammontano a soli 64 euro l’anno, contro i 180 euro di Germania e Francia e i 350 euro di Svizzera e Danimarca, per cui c’è ancora molto da crescere. Il settore vinicolo, nel mondo del biologico, eccelle, sia per l’incremento degli ettari vitati che delle esportazioni. Il concetto di sostenibilità, unito alle varietà autoctone e alla qualità delle produzioni, rende - continua Zanoni - la viticoltura bio italiana un’eccellenza internazionale, ma anche un esempio di innovazione e di tutela dei territori, con il 19% delle superfici vitate attualmente convertite al biologico. Dal fronte dei consumi, invece, arriva la richiesta di una offerta più ampia e profonda, ma anche la necessità di avere maggiori informazioni sui vini biologici, specie tra coloro (54%) che non ne hanno mai consumato”.

A mettere in numeri le tendenze produttive e di consumi, in Italia e all’estero, sono Silvia Zucconi e e Emanuele Di Faustino, che hanno curato lo studio Nomisma “Posizionamento e prospettive di sviluppo del vino bio in Italia e sui mercati internazionali”. Da cui emerge, prima di tutto, il contesto, che è quello di un Paese, l’Italia, in cui i consumi di vino nel 2021 sono arrivati a 23,2 milioni di ettolitri, per 39,2 litri pro-capite, riprendendo un trend di crescita iniziato nel 2014 (+1,8% di crescita media annua fino al 2019) ed interrotto nel 2020 a causa della pandemia. Oggi l’Italia è il terzo mercato al mondo per consumi complessivi, con l’87% degli italiani tra i 18 ed i 65 anni che ha consumato vino almeno una volta negli ultimi 12 mesi. Altro trend interessante riguarda i canali: nel 2021 il 73% dei consumi è passato per il canale off-trade, ed il 27% per il fuori casa.

Partendo sempre dal contesto generale, quali sono le caratteristiche più ricercate in un prodotto agroalimentare dai consumatori? In una scala di maggiore o minore importanza, al primo posto l’italianità (il 43% lo considera un fattore decisamente importante), seguita dalla sostenibilità (29%), quindi il biologico (27%), il prezzo basso (25%), il marchio Dop/Igp (23%) e la marca nota (15%). Quando si restringe il campo al vino, invece, le caratteristiche più importanti per il consumatore sono diverse, e premiano la territorialità: provenienza da uno specifico territorio (23%), presenza del marchio Doc/Docg/Igt (20%), brand/cantina molto nota (13%), presenza di promozioni/offerte (13%), sostenibilità ambientale e sociale del prodotto (7%), confezione sostenibile (7%), presenza del marchio biologico (6%), prezzo basso (7%) e confezione bella/attraente (4%).

Ma cosa si intende per “vino sostenibile”? Il 72% indica azioni di sostenibilità ambientale: “prodotto nel rispetto dell’ambiente” (26%), “prodotto minimizzando l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi” (16%), “ha una confezione a minor impatto ambientale” (11%), “salvaguarda la biodiversità” (10%), “è biologico” (9%). Il 27% si focalizza invece sulla sostenibilità socio-economica: “è prodotto rispettando il patrimonio culturale e paesaggistico di un territorio” (14%), è prodotto nel rispetto dei diritti dei lavoratori (7%), “garantisce lo sviluppo economico dell’azienda produttrice” (6%). Per capire il tasso di penetrazione del vino biologico in Italia, invece, ai consumatori è stato chiesto se avessero trovato e acquistato, al ristorante o allo scaffale, un vino con il logo (la foglia verde, ndr) del vino bio in etichetta negli ultimi 12 mesi: “sì e l’ho acquistato” (51%), “sì ma non l’ho acquistato” (19%), “no, ma sarei interessato” (8%), “no, ma non mi interessa” (3%), “non ci ho fatto caso” (19%). Uno degli aspetti più importanti è però la crescita della base di consumatori di vino biologico, passati dal 2% del 2013 al 51% del 2022, ma nel food è molto più alta (89%), il che suggerisce enormi potenzialità di crescita.

Ma dove si concentrano questi consumi? Il 55% solo in ambito domestico, il 27% solo fuori casa, il 18% sia in casa che nel fuori casa. I canali di acquisto prevalenti sono iper e supermercati (46%), enoteche (19%) e cantine in vendita diretta (15%). Per accrescere i consumi di vino biologico, i fattori più rilevanti secondo i consumatori sono: prezzo più accessibile (25%), qualità superiore (22%), assortimento più ampio di vini bio (15%), grandi marche che introducono vini a marchio bio (10%), presenza nei negozi di scaffali dedicati ai vini bio (7%) e informazioni più chiare (8%). Parallelamente, i motivi che tengono lontano il 48% dei consumatori di vino della produzioni biologiche sono: costa troppo (23%), scarsa pubblicità/promozione nei punti vendita (20%), non c’è nei negozi/ristoranti che frequento (16%), non trovo nessuna differenza rispetto al vino non bio (12%), non ne conosco i benefici (12%), in generale non mi fido delle garanzie offerte dal marchio biologico (8%). L’assortimento e la conoscenza sul prodotto sono, quindi, i due fattori su cui lavorare per crescere.

Tra i non consumatori, i fattori che potrebbero avvicinarli ai vini bio sono: prezzo più accessibile (30%), possibilità di fare assaggi nei negozi che frequento (14%), presenza di maggiori informazioni (13%), qualità superiore (12%) e i diversi aspetti relativi all’assortimento (che sommati valgono il 22%). Il risultato è quindi che il 37% dei consumatori di vino bio sarebbe disposto a pagare il 5% in più per una bottiglia di vino bio, il 42% dal 5% al 10% in più, l’8% oltre il 10% in più, ed il 14% non si dice disposto a spendere di più. Percentuali che tracollano tra chi non beve vino bio: il 27% spenderebbe il 5% in più, il 18% tra il 5% e il 10% in più, nessuno oltre il 10% in più, e ben il 55% non sarebbe proprio disposto a pagare di più.

Passando ai trend del vino bio nella Gdo italiana, le vendite in iper, super e discount hanno toccato nel 2021 i 46,5 milioni di euro (+3,7% sul 2020, contro il +3,8% del vino convenzionale), pari all’1,7% del totale vino. Vini fermi e frizzanti valgono 40,1 milioni di euro (86% del totale dei vini bio), con i vini Dop cresciuti del 7,5%, quelli generici addirittura del 26% e gli Igp di solo lo 0,1%. Gli spumanti bio, invece, valgono 6,4 milioni di euro, il 14% del totale dei vini venduti in Gdo, con lo Charmat dolce (Asti) che cresce del 58% e i metodo classico (Franciacorta e Trentodoc) del 42,3%. Le vendite online di vini bio valgono 895.000 euro (+13,4% sul 2020), e rappresentano l’1,9% del totale vino. Sui canali e-commerce (Gdo e Amazon, ma non i pure player come Tannico, Callmewine e gli altri, che intercettano più dell’80% delle vendite di vino online) il prezzo medio dei vini bio è di 8,8 euro al litro, contro i 6,7 euro al litro dei vini convenzionali. Allo scaffale il prezzo medio dei vini bio scende invece a 8 euro al litro, contro i 5,9 euro al litro del vino convenzionale.

Guardando alla ripartizione regionale delle vendite di vino bio (esclusivamente fermo e frizzante) in Gdo, al top c’è la Sicilia, con 7,8 milioni di euro (pari al 6% delle vendite complessive di vino siciliano), seguita da Abruzzo (6,3 milioni di euro), Toscana (4,7 milioni di euro), Marche (3,9 milioni di euro) e Piemonte (2,7 milioni di euro), che insieme valgono il 74% delle vendite complessive. Nella top ten delle denominazioni (e delle tipologie, ndr), per valore, delle vendite bio in Gdo in testa il Prosecco (5,1 milioni di euro), seguito da Nero d’Avola (2,9 milioni di euro), Montepulciano d’Abruzzo (2,6 milioni di euro), Pecorino (1,9 milioni di euro), Chianti (1,7 milioni di euro), Grillo (1,7 milioni di euro), Passerina (1,6 milioni di euro), Langhe Arneis (1,6 milioni di euro), Cerasuolo (0,7 milioni di euro) e Trebbiano d’Abruzzo (0,7 milioni di euro).

Prima di vedere le tendenze e le possibilità sui mercati internazionali del vino biologico italiano è utile ampliare l’orizzonte. Nel mondo, le superfici vitate condotte in maniera biologica rappresentano il 7,3% del totale (506.400 ettari), in crescita del 132% tra il 2010 e il 2020. In Europa la percentuale cresce al 12,1% (397.700 ettari, +119% tra 2010 e 2020), e in Italia le superfici vitate bio rappresentano ben il 17,8% del totale, con 117.400 ettari, in crescita del 125% in dieci anni. I nostri principali competitor, Francia e Spagna, non sono da meno: l’incidenza della superficie vitata biologica sugli ettari totali è del 18% per i filari francesi e del 14% per il vigneto spagnolo, cresciuti rispettivamente del 171% e del 129% tra il 2010 e il 2020.

Ma come si comportano i consumatori in giro per il mondo? La percentuale di chi pensa che i vini biologici saranno tra i trend di consumo per i prossimi 2/3 anni è molto variegata: si va dal 46% dei consumatori Usa al 39% dei consumatori Uk, dal 25% dei francesi al 21% degli italiani, daò 35% dei cinesi al 32% degli australiani. Proprio gli Stati Uniti, così, si confermano anche in questo caso come il mercato di riferimento, specie quando si parla di vino italiano: per la categoria vino, in effetti, l’origine italiana è importantissima, come per nessun altra categoria di prodotto, ed il fatto che sia bio non è che un motivo in più per spingere il consumatore americano all’acquisto. È una leva che, evidentemente, il vino italiano nel suo complesso deve sfruttare, perché nel mercato Usa il 62% della popolazione tra 21 e 65 anni consuma vino, e il 33% consuma vino bio: si tratta di 65 milioni di consumatori, e per il 20% di loro il bio è la prima scelta. I consumi complessivi, è utile ricordarlo, sono in calo a 29,6 milioni di ettolitri nel 2021 (-3,5% sul 2019, ultimo dato pre pandemia), pari a 9 litri pro-capite. Nella ripartizione per Stati, in vetta c’è la California (che vale il 17% dei consumi), seguita da Florida (9%), New York (8%), Texas (7%) e Illinois (4%): insieme valgono il 45% dei consumi complessivi.

Come detto, le opportunità nascono dal fatto che per il 63% di wine lover americani è molto importante che il vino bio sia di origine italiana, ed il 18% degli americani indica il vino come prodotto bio made in Italy a maggior potenziale. Attualmente, la quota di mercato dei vini bio italiani è pari al 34% dei vini fermi importati (contro il il 28% della Francia e il 10% della Nuova Zelanda) e al 33% degli spumanti importati (contro il 59% della Francia e il 7% della Spagna). Ma non ci sono solo gli Usa tra i mercati da mettere nel mirino, perché anche il Canada offre enormi potenzialità. Oggi è il quinto mercato per l’export del vino italiano, dove il 72% dei consumatori ha bevuto vino almeno una volta nell’ultimo anno (il 24% in maniera abituale), il 32% consuma vino biologico e l’11% considera il vino bio la sua prima scelta. Qui, i consumi pro capite di vino nel 2021 ammontavano a 16 litri a persona, molto di più della media Usa, con l’Italia che ha una quota del 21% del mercato. Inoltre, nella percezione dei consumatori canadesi, il vino italiano, per qualità, è secondo solo a quello francese.

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