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Vino & business: gli Usa, mercato n. 1 al mondo “in pausa” dopo la crescita degli ultimi anni, o forse già al loro massimo, e la Cina che cresce, e dove è ora di investire sulle “Tier 2 cities”, nell’analisi dell’agenzia Uk Wine Intelligence

Italia
Vino e business: gli Usa in pausa e la Cina in crescita, le analisi di Wine Intelligence

Gli Usa, il mercato n. 1 del vino al mondo e dove l’Italia, nonostante la frenata che si annuncia nel 2016 (nei primi 9 mesi 2016, -0,9% in volume e +1,8%, a 989,9 milioni di dollari secondo l’Italia Wine & Food Institute), sono il partner di riferimento del presente e del futuro dal vino del Belpaese. La Cina, invece, che è già uno dei mercati più importanti, vede l’Italia ancora assai distante dai principali importatori, Francia, Australia e Cile su tutti, nonostante il +28,6% in valore (69 milioni di dollari) nei primi 7 mesi 2016 (dati WineMonitor - Nomisma). Mercati diversissimi, ma con tante potenzialità ancora da cogliere se le cose si analizzano con attenzione, come spiega l’agenzia inglese Wine Intelligence.
Negli States, per esempio, negli ultimi anni c’è stata una crescita lenta e strutturale nei consumi complessivi, del +1% all’anno, e oggi si bevono sui 12 litri procapite. I margini di crescita, dunque, ci sarebbero tutti, considerano anche che il 60% della popolazione adulta america, di fatto, ancora non beve vino, spiega Wine Intelligence. Una prateria da conquistare, dunque? Forse, ma non facilmente. Anche perchè, secondo l’agenzia inglese, i dati dicono che negli ultimi anni, seppur di poco, il consumo procapite di vino negli States è leggermente diminuito, invece che aumentare, ed è calato anche il numero di chi beve tutti i giorni, con regolarità, il nettare di Bacco, mentre cresce, invece, il gruppo di chi consuma vino in maniera sporadica, in feste o occasioni speciali. E questo che spiega anche, in parte, il boom degli sparkling wines, guidato dal Prosecco. Insomma, nella peggiore delle ipotesi, secondo Wine Intelligence, il mercato Usa potrebbe aver già raggiunto il suo picco. Oppure, guardando al futuro con più ottimismo (e anche più verosimilmente) potrebbe essere solo una “pausa di riflessione”, un momento di assestamento in una fase di ricambio generazionale, dove crescono i Millennials che bevono vino ancora occasionalmente, pur esplorando anche diversi stili produttivi, territori, vitigni e così via, ma dove i bevitori over 55 sono ancora determinanti. E dove, sui consumi complessivi, incide, comunque, una sempre maggiore attenzione agli aspetti salutistici dell’alimentazione, e quindi anche del bere vino.

In Cina, invece, secondo Wine Intelligence, per crescere ora è davvero il momento di puntare sulle cosiddette “Tier 2 cities”, ovvero le città che, pur essendo di grande dimensione, non raggiungono i livelli di Shanghai (oltre 14 milioni di abitanti) o Pechino (oltre 11 milioni), dove il mercato del vino di importazione è già molto sviluppato ed ipercompetitivo, ma che sono comunque metropoli con una popolazione che va dagli oltre 2,5 ai 10 milioni di abitanti (realtà come Chengdu, Chongqing, Wuhan, Shenyang, and Hangzhou. During), dove il business enoico è in uno stadio ancora iniziale e dove, secondo Wine Intelligence, ci sono le maggiori possibilità di sviluppo futuro.
Certo, anche tra queste città, ci sono quelle dove il mercato vinicolo è già un po’ più maturo e affollato, come Chengdu, per esempio, e altre dove è tutto da costruire, come Chongqing. Ma tutte hanno dei tratti distintivi di cui tener conto. Da una sempre maggiore ammirazione per gli stili di vita occidentali, di cui il vino è uno dei simboli, ad una crescita del benessere economico dei loro abitanti. Che, come tutti i cinesi, amano la logica del “tutto e subito”, e quindi fornire informazioni e possibilità di acquisto in modo rapido, semplice e diretto, utilizzando Internet e l’e-commerce, ma anche sviluppando accordi commerciali con gli operatori sui territori e una logistica adeguata, puntando anche sulla formazione e la professionalizzazione dei player del mercato, sono i fattori di un potenziale successo. Che sono meno difficili da cogliere rispetto alle città più importanti e affollate per varie motivi: da una platea di consumatori ancora tutta da conquistare, per rimanere sul “concettuale”, ai costi decisamente inferiori di strutture e negozi, per fare esempi decisamente “concreti”. Due situazioni diverse, dunque, quelle di Usa e Cina, ma che ribadiscono una cosa chiara al mondo del vino: niente è immutabile, e servono continui investimenti, in termini economici, di tempo, di conoscenza e di professionalità, per stare al passo con i tempi, o possibilmente anticiparli, nei mercati di tutto il mondo, da quelli storici e maturi a quelli giovani e da costruire.

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