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IL SENTIMENT

Vino italiano: 2024 peggiore del 2023 per il 35% delle cantine. Solo il 25% prevede crescita

Sondaggio WineNews su un campione di imprese da oltre 2 miliardi di euro di fatturato. La preoccupazione maggiore? L’economia che frena i consumi
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La nave del vino italiano attraversa un mare in tempesta (foto generata con Ai)

La nave del vino italiano naviga un mare, quello del mercato, in gran tempesta, soprattutto quando si naviga nella acque profonde delle esportazioni. Difficoltà economiche, crisi internazionali, guerre, salutismo, clima e concorrenza di altre bevande, soprattutto tra i giovani, ma anche il rischio dei dazi in Usa, diventato decisamente concreto dopo la vittoria elettorale di Donald Trump, nel primo mercato mondiale del vino e primo partner straniero delle imprese italiane, sono gli scogli che rallentano la navigazione, in una burrasca che non accenna a placarsi nei prossimi mesi. Di falle vere e proprie nello scafo che facciano temere un naufragio al convoglio del vino italiano, però, ad oggi non se ne vedono di evidenti, ma diventa sempre più importante che i timonieri, i capitani d’impresa, riescano ad interpretare, in maniera sempre più precisa e al tempo spesso veloce, il mutare delle correnti, per evitare disastri. E tra loro, sono di più quelli che, all’orizzonte, scorgono nuvole ancora più scure e dense, spinte soprattutto dai venti delle difficoltà economiche del mondo, piuttosto che la luce di una nuova rasserenante alba. È il quadro che emerge dal sondaggio WineNews sulla chiusura del 2024 e le prospettive per il prossimo futuro, con la visione di 20 realtà di primissimo piano del vino italiano, che mettono insieme un fatturato aggregato superiore ai 2 miliardi di euro (che rappresenta oltre il 14% dell’intero giro d’affari, alla produzione, del settore), con un campione variegato, fatto di piccole aziende di grande blasone, grandi gruppi strutturati con cantine e brand di grande prestigio, e cooperative che, da tempo, hanno puntato sulla qualità e sulla costruzione di marchi importanti e ben posizionati sul mercato.
Guardando alla chiusura dell’anno, in particolare, se la maggior parte delle cantine (il 40%) si aspetta di chiudere in linea con il 2023, il 35% prevede un saldo negativo del fatturato, nella maggioranza dei casi contenuto entro il -4%, ma con punte anche del -9%/-10%, contro un 25% che invece prevede una crescita del giro d’affari, nella maggior parte dei casi tra il +2% ed il +5%, con pochissime eccezioni che prevedono di arrivare al +9%.
Un’attesa, quella per la chiusura dell’anno, sperando che le festività natalizie migliorino il quadro generale, che è sostanzialmente in linea con quanto visto nei primi 9 mesi 2024. Periodo in cui il 35% delle aziende dichiara fatturati in linea con lo stesso periodo del 2023, e solo il 25% una crescita, talvolta anche sostanziosa, tra il +5% ed il +10%. Ma ben il 40% del campione, di contro, dichiara un calo di fatturato, nella maggior parte contenuto entro il 5-6%, ma con punte che arrivano al -10-12%. Con andamenti diversi, però, se si guarda al mercato interno o a quello mondiale. Sul fronte Italia, il 25% del campione dichiara, infatti, una sostanziale stabilità, mentre è quasi parità tra il 35% che evidenzia una crescita, seppur contenuta nella maggioranza dei casi tra il +2% ed il +4%, con qualche escursione intorno al +6%, ed il 40% che racconta di un calo degli affari, spesso contenuto sul -2%/-3%, ma con qualche punta anche del -12%. Guardando oltreconfine, invece, la metà esatta del campione, il 50%, indica stabilità sui primi 9 mesi 2023, e solo il 15% parla di crescita, in una forbice che va dal +7% al +12%. Per il restante 35%, il business generato dalle spedizioni all’estero è in calo, anche in maniera sensibile, in un range che va dal -5% al -12%.
Un sentiment, dunque, quello che emerge dalle risposte delle imprese, che ben lontano sia dall’ottimismo vissuto con continuità per diversi anni nel recente passato, che dal catastrofismo, racconta una presa di coscienza delle difficoltà di questi tempi, per il settore, da parte di chi il vino lo produce, con una visione di fatto in linea, per esempio, con quella di chi lo vende, come gli enotecari italiani, come evidenziato da una recente indagine Vinarius.
Tra gli elementi che preoccupano di più i produttori, per l’immediato futuro, quello di gran lunga più gettonato è il perdurare, un po’ ovunque, delle difficoltà economiche e geopolitiche che frenano i consumi, segnalato dall’85% del campione. Mentre tra le preoccupazioni maggiori, indicate dal 50% delle imprese (era possibile la risposta multipla), c’è la crescita delle bevande alternative al vino, soprattutto tra i più giovani, a conferma che è realmente percepito un progressivo allontanamento delle nuove generazioni dai consumi di vino, testimoniato da decine e decine di studi internazionali. A seguire, tre le preoccupazioni maggiori delle cantine, ci sono, a pari merito, l’impatto del cambiamento climatico sulla produzione di vino, ma anche le politiche sempre più stringenti sulla salute che molti Paesi stanno adottando o promuovendo, indicate entrambe dal 40% dei rispondenti. E se il 35% indica anche la difficoltà di gestire i costi crescenti per le imprese, sotto ogni aspetto, il 20% ricorda, tra i problemi maggiori, la difficoltà crescente nel trovare manodopera, soprattutto nella parte agricola della filiera. Mentre, un po’ a sorpresa, solo il 10% indica la burocrazia, fino a qualche anno fa ritenuta una delle grandi zavorre ai piedi delle imprese, come reale fonte di preoccupazione. Anche questo, nel suo piccolo, un segnale di quanto lo scenario sia cambiato, ed in poco tempo, per il mondo del vino.

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