“Il vino è il primo settore in termini di export dell’agroalimentare italiano, e nel complesso vale 12 miliardi di euro. I nostri imprenditori nel tempo hanno - oltre che venduto - anche insegnato cosa c’è dietro ad una bottiglia di vino. Nell’ultimo anno c’è stato, però, un attacco a livello globale sui consumi di vino: non sull’abuso, come sarebbe giusto fare, ma proprio sul consumo. E noi siamo quelli che più possono insegnare sul consumo moderato, sul consumo responsabile, parte della nostra cultura. Ma si tratta di un tema su cui auspichiamo anche l’aiuto da parte del Governo, per evitare danni reputazionali ed economici per l’industria del settore”. Parole chiare, quelle di Micaela Pallini, presidente Federvini, a difesa di un settore vitale per l’agricoltura, il turismo e la tutela del paesaggio italiani, ma di fatto sotto attacco, al “Made in Italy Summit” de “Il Sole 24 Ore” e “Financial Times”, in collaborazione con “Sky Tg24”, di scena oggi a Milano, nel panel “Sfide e prospettive internazionali per il settore food & wine italiano”.
“Vediamo un attacco a livello globale sui consumi di alcool, ma non all’abuso: si parla tout court di consumo. Per le nostre aziende c’è un danno reputazionale, oltre a problematiche economiche che il nostro settore si trova a combattere. Il vino è il primo contributore all’export agroalimentare italiano. L’export di vino vale 12 miliardi di euro. Ma è importante - ha aggiunto la Pallini - che i nostri rappresentanti parlino in Europa a voce alta, cosa che non sempre è avvenuto”. Per Federvini, “è molto importante che venga compresa la distinzione tra consumo moderato e consapevole e abuso e che questa sia portata avanti dal nostro governo in Europa e all’Oms, anche perché il rischio è che il vino possa uscire dagli accordi di libero scambio, se venisse inserito tra i prodotti considerati pericolosi per la salute”. Con il vino, ha continuato Pallini, “esportiamo uno stile di vita italiano: in Italia il consumo è soprattutto condiviso, e ai pasti, a differenza di quanto avviene in altri Paesi. Si deve puntare a diffondere un bere consapevole e responsabile, in abbinamento con la tavola che fa parte della nostra cultura”.
Il vino, in ogni caso, è uno dei principali alfieri del successo del made in italy agroalimentare che, come ha ricordato la direttrice generale di Ismea, Maria Cristina Zaganelli, nel 2021 ha superato i 52 miliardi di euro di export. “Un successo è contemporaneo quando si realizza ogni giorno del presente, perché è costruito su una visione che parte dal dato e sa aggiornarlo. Così sono strutturate le nostre azioni e i nostri strumenti finanziari. Così abbiamo vinto lo stress test di ogni crisi affrontata, recente e meno recente. Con un valore di 52 miliardi nel 2021, l’export agroalimentare italiano - ha sottolineato la Zaganelli - ha guadagnato 5,9% mediamente ogni anno dal 2010, arrivando a rappresentare una quota sul valore dell’export agroalimentare mondiale del 3%. I vini rappresentano il 14% delle esportazioni agroalimentari italiane e il ruolo del nostro Paese è molto rilevante sul panorama mondiale, dove è secondo solo alla Francia, mentre se si svolge lo sguardo alla graduatoria degli esportatori in volume è la prima Nazione. L’importanza dell’agroalimentare sul totale delle esportazioni italiane di merci è cresciuta nel decennio, passando dall’8,2% nel 2012 al 10,1% nel 2021. La pandemia, l’aumento dei costi e le questioni geopolitiche hanno purtroppo modificato numerosi elementi dello scenario, nell’ambito del quale il food & wine italiano sembrava aver trovato un assetto efficace - conclude la direttrice generale di Ismea - a ciò si aggiungono i cambiamenti climatici, il tema della sostenibilità, quello della logistica e delle infrastrutture irrigue, ma anche la delicata questione dell’etichettatura e l’evoluzione dei vini dealcolati”. Sfide che il vino italiano ed il made in Italy tutto, come dimostrato più volte, sono in grado di affrontare.
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