Vinitaly, con il suo focus specifico sul vino italiano, e con una scelta sempre più premiante di dirottare il pubblico degli appassionati in città ed il business in fiera, non è (più) in discussione. Mentre sull’asse Parigi-Dusseldorf, il peso specifico della partecipazione italiana alle due fiere enoiche ha iniziato a spostarsi verso “Wine Paris & Vinexpo Paris” (di scena anche domani, nella “Ville Lumiere”), i cui spazi dedicati al Belpaese sono cresciuti moltissimo. Mentre ProWein, dove ancora la partecipazione italiana rimane comunque massiccia, inizia a perdere qualche metro (si parla di 500 metri quadrati in meno su oltre 16.000, e di qualche defezione tra le aziende più piccole, ndr), come ci hanno confermato dalla fiera tedesca. Ed ora inizia ad essere messa in discussione, quando, invece, fino a pochi anni fa, con la crisi del Vinexpo a Bordeaux, prima della scelta francese di andare a Parigi, sembrava impossibile. E, se in questo 2024, tanti italiani sono andati a Parigi, in queste ore, quasi essenzialmente all’interno di collettive, per tastare il terreno, e saranno, comunque, anche al prossimo ProWein (dal 10 al 12 marzo, ndr), è probabile che scelte più nette (e che vedono favorita Parigi), si vedranno nel prossimo anno. A giocare a favore di Parigi (su cui la Francia punta forte, con il suo sciovinismo storico, e anche per rispondere ad una crisi della sua filiera che vi abbiamo raccontato spesso in questi mesi), sono tanti fattori. Logistica, in primis. Perchè Parigi, grande capitale europea e mondiale, non sente “il peso della fiera”, rispetto ad una città più piccola come Dusseldorf (o come la stessa Verona, ndr), consente collegamenti più frequenti, economici e diretti da ogni parte del mondo, ha un’offerta di ospitalità molto più ampia e accessibile economicamente, nei giorni della fiera, e consente anche di organizzarsi “last minute”. Dusseldorf ha dalla sua parte il fatto di essere una sorta di “campo neutro”, vista l’esigua produzione tedesca e austriaca, rispetto ai big player come Francia e Italia. Ma, a Parigi, paradossalmente, se gli operatori di tutto il mondo vanno principalmente per incontrare le cantine francesi, presenti in massa da tutti i territori, Bordeaux, Borgogna e Champagne su tutti, ma non solo, in molti approfittano anche per un giro in Italia, sia per business diretto (c’è chi racconta anche di ordini direttamente in fiera) che per darsi appuntamento poi a Vinitaly. E per la cantine italiane, utilizzare questo “effetto scia” creato di francesi, sta diventando un vantaggio da sfruttare. È il sentiment, raccolto da WineNews, tra i vertici di Consorzi, imprese e raggruppamenti di aziende tra i corridoi di Paris Expo Porte de Versailles, il cui unico punto debole pare essere dimensionale, se la presenza, italiana (cresciuta del 40% negli spazi e del 75% nel numero degli espositori, tra il 2024 ed il 2023, con il Belpaese che, per la prima volta, ha un suo padiglione dedicato), ma non solo, tenderà a crescere ancora. Come raccontano, a WineNews, i vertici di aziende, gruppi e Consorzi, dal Prosecco Doc al Chianti, dall’Abruzzo a Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, all’Istituto Marchigiano Tutela Vini, da Italia del Vino Consorzio a Iswa-Italian Signature Wine Academy, da gruppi strutturati come la toscana Piccini 1882, a piccole griffe come la friulana Zorzettig.
“Quella di Parigi è una fiera ben organizzata - commenta Roberta Corrà, alla guida del Giv-Gruppo Italiano Vino, e di Italia del Vino Consorzio, il cui spazio collettivo è organizzato da Area39, e che mette insieme 25 realtà di primissimo piano come Angelini Wines & Estates, Banfi, Bisol 1542, Ca Maiol, Cantina Mesa, Cantine Lunae, Casa Vinicola Sartori, Di Majo Norante, Diesel Farm, Duca di Salaparuta, Ferrari Fratelli Lunelli, Gruppo Italiano Vini, Librandi Antonio e Nicodemo, Marchesi di Barolo, Medici Ermete & Figli, Nosio Spa, Ronchi di Manzano & C., Santa Margherita Gruppo Vinicolo, Tenimenti Leone, Tenuta La Palazza, Terre de La Custodia, Terredora di Paolo, Torrevento, Zaccagnini e Zonin1821, per un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro - con molta affluenza, molte persone interessate. È una fiera che mi piace molto: anche gli eventi fuori per incontrare i clienti, con la mobilità che funziona, sono più semplici, e ci sono tante ragioni oggettive che si toccano con mano per valutarla bene. In prospettiva, poi, i buyer più importanti del mondo sono attirati dai vini francesi, e usarne la scia è molto utile. Credo che questa fiera, che è già una fiera importante, lo sarà sempre di più, sempre niente togliere a Dusseldorf, che è stata e resta una fiera di riferimento. Ma vedo una crescita importante della fiera francese, è oggettiva e nei numeri. L’anno scorso ProWein era un po’ sottotono, per capire il futuro bisogna capire come ognuna si evolverà e saprà trovare la sua strada, perchè altrimenti tre grandi fiere, tenendo come punto fermo Vinitaly, diventano difficili da gestire ... In ogni caso - chiude la Corrà - se guardiamo ai mercati si respira un po’ più di fiducia rispetto ad un 2023. Criticità come il de-stocking in Nord America, ma anche l’inflazione, si stanno risolvendo o comunque migliorando, e questo aiuta. Poi ci sarà da capire se il calo dei consumi che c’è stato e c’è ancora è legato alle difficoltà economiche, e quindi è congiunturale, o a scelte dei consumatori legate al salutismo, ed è, quindi, strutturale, ma per questo ci vorrà tempo”.
Sulla stessa linea Roberto Bruno, ad Fontanafredda e vicepresidente Iswa (Italian Signature Wine Academy), che riunisce cantine come Fontanafredda, Bellavista, Allegrini, Villa Sandi, Frescobaldi, Caprai, Masciarelli, Feudi di San Gregorio e Planeta: “è una fiera che sta andando anche oltre le nostre aspettative. Noi, come Iswa, ci abbiamo creduto fin dalla prima edizione. Ci sono tanti elementi di vantaggio rispetto ad altre manifestazioni fieristiche - sottolinea Bruno - che possono farci pensare che questa diventerà la fiera internazionale di riferimento in Europa, e se le cose vanno così aumenteremo ancora la nostra presenza qui perchè c’è una forte risposta da parte degli operatori internazionali. Vinitaly è una fiera focalizzata sul vino italiano, resta un punto fermo. Ma Parigi, rispetto a ProWein, presenta tanta vantaggi logistici, e quello che abbiamo notato è che molti operatori internazionali si sono organizzati anche last minute: Parigi questo te lo consente perchè trovi voli a prezzi competitivi anche pochi giorni prima, non ha problemi con gli hotel a trovare posto, e questo altre città non ti consentono di farlo, e può essere un vantaggio rilevante per il futuro, perchè puoi muoverti in maniera molto più flessibile. Detto questo è difficile pensare a decisioni drastiche. Di certo i rapporti di peso tra Parigi e Dusseldorf - spiega Bruno - non saranno gli stessi: è chiaro che se aumentiamo gli sforzi su Parigi ridimensioniamo Dusseldorf. Anche da un punto di vista temporale sul calendario Wine Paris & Vinexpo Paris è collocata bene: sul mercato io noto che come sempre ci sono tante opportunità all’inizio dell’anno, ovviamente anche rischi legati a situazioni macroenomiche e geopolitiche, ma penso che sia un anno nel quale l’atteggiamento giusto sia la prudenza. Che non vuol dire stare ad aspettare, ma essere attivi, nonostante tutto. Ci sono mercati con trend più positivi di altri, ma in linea di massima è cambiato un po’ il mood generale dopo il Covid, sembra quasi che abbiamo trovato un antidoto alle difficoltà, le guardiamo con più concretezza e positività rispetto a prima”.
“È una fiera in crescita, senza dubbio - aggiunge Michele Bernetti, produttore con Umani Ronchi e presidente dell’Istituto Marchigiano Tutela Vini - e quest’anno siamo venuti a sondare il terreno. La logistica è molto più semplice ed economica, sia per i trasporti che per gli alloggi, e questo è un punto importante. È chiaro che in futuro si dovranno fare delle scelte, perchè tre fiere, per altro tutte ravvicinate, sono difficili da sostenere, e le preferenze di molti sembrano orientarsi su Parigi rispetto alla ProWein di Dusseldorf, al netto di Vinitaly che, per il vino italiano, resta il punto di riferimento”. Più netto il giudizio di Luca Giavi, direttore del Consorzio del Prosecco Doc: “noi su Parigi abbiamo creduto dalla prima edizione, è una fiera che vale molto, e che inevitabilmente metterà in discussione ProWein, che, secondo me, tornerà ad essere la fiera degli importatori per il mercato tedesco: sia nei trasporti che nella ricettività quello che può offrire Parigi non può offrirlo Dusseldorf. Valuteremo il da farsi. Ma è un dato di fatto che costi delle fiere sono diventati altissimi, ed i più faranno una scelta. E se si terranno dei presidi in entrambe le fiere, sicuramente, lo si farà in modo diverso sul passato”. Sulla stessa linea, con qualche sfumatura diversa, anche Elvira Bortolomiol, alla guida della storica cantina di famiglia e del Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg: “per noi Parigi è una fiera molto importante, sono tanti, sempre di più, i produttori che vogliono esserci, per confrontarsi non solo con il mercato francese, che è sempre più importante per noi, ma con quello mondiale, perchè ci sono sempre più importatori. Per adesso è una sorta di “preview” di ProWein, ci avvantaggia nel lavoro per l’appuntamento tedesco, ma è un investimento importante, e in futuro è probabile che si dovrà scegliere tra l’una e l’altra. Anche perchè bisogna tenere in conto che sebbene si guardi ad un 2024 in cui tornare a crescere, non tanto sui volumi - spiega Bortolomiol - ma lavorando sul valore, nel nostro caso soprattutto attraverso le nostre tipologie più caratterizzanti, come le Rive, il mercato del vino non vede prospettive troppo rosee a breve, e quindi anche sugli investimenti ci sarà più attenzione”. Più prudente, nella potenziale scelta tra Parigi e Dusseldorf, è, invece, il presidente del Consorzio del Vino Chianti, Giovanni Busi: “i padiglioni dei francesi, ovviamente, sono strapieni, ma già da ieri anche il padiglione Italia si stava riempiendo: le aziende sono contente, con contatti molto mirati, non c’è chi va solo per assaggiare. Le prime impressioni sono positive, c’è anche chi ha fatto ordini in fiera, ed è una cosa eccezionale. Quella di Parigi, insomma, è una buona fiera. Ma la nostra manifestazione di riferimento, però, è Vinitaly, e su quella dobbiamo puntare nella maniera più assoluta. Vinexpo sta crescendo, ma dipende anche dal mercato. Scegliere Parigi e Dusseldorf dipende molto da azienda e azienda, anche dai clienti e da dove vanno gli importatori. Il punto fermo è Vinitay, da dove arrivano clienti da tutte le parti del mondo, per il resto vedremo”.
“Per le aziende, specialmente per le medio-piccole, sarà difficile fare tre fiere. Vinexpo sta crescendo - commenta, dal canto suo, Davide Acerra, responsabile marketing Consorzio Vini d’Abruzzo - e l’Italia ha un padiglione e mezzo. L’Abruzzo ha partecipato fin dall’inizio, c’è sempre più richiesta, eravamo solo in un padiglione, ora ne abbiamo uno dedicato, ma l’Italia è divisa, in un padiglione c’è tutto il Centro-Nord, mentre il Centro-Sud è in un altro, e questa è una cosa da risolvere. Ma è chiaro che l’attenzione sta crescendo, sia da parte dei produttori che vogliono venire qui, e molti hanno già deciso di fare Parigi e non ProWein, dove ne avremo meno di anno scorso, che da parte degli operatori. Non è una fiera da grandi numeri, e forse nessun ce l’ha più i grandi numeri. Anzi, forse è il concept della fiera anche che va ripensato, in generale. Ma se Parigi vuole scardinare ProWein, deve investire di più sull’incoming. Sulla logistica e sui costi, però, non c’è partita, non solo sui collegamenti: a Parigi puoi prenotare anche una settimana prima un hotel, ad un quarto di quanto spendi a Dusseldorf 6 mesi prima. Sul futuro molto dipenderà da ProWein 2024, ormai davvero alle porte: se sarà sottotono, come gli anni scorsi, molti non ci torneranno. Di contro Parigi ha uno spazio espositivo molto più piccolo, e farla crescere non sarà semplice”. Decisamente positiva, ed il linea con quella di tutti gli altri, la visione di Alan Gaddi, export manager della griffe friulana Zorzettig: “sicuramente la logistica di Parigi, anche in fase preparatoria, è molto efficace, anche per entrare in contatto con i buyer. Molti visitatori colgono l’occasione per prediligere il padiglione francese, soprattutto chi poi andrà a Vinitaly ed a ProWein. Parigi, però, non sente la fiera dal punto di vista dei costi, dei trasporti, dell’ospitalità: è una fiera in crescita, sicuramente, per produttori e visitatori, c’è un bel movimento, funziona tutto bene dal punto di vista logistico, e anche questo aiuta. Personalmente, però, credo che l’approccio delle fiere sia lo stesso da 20 anni, mentre il mondo è cambiato. E fare tre grandi fiere è un impegno molto pesante, logistico ed economico, farne due, può essere la giusta misura, quindi è probabile che si dovranno fare delle scelte. A meno che gli stessi player fieristici non trovino format diversi, magari qualcosa di biennale, oppure è probabile che alla lunga tre grandi eventi non siano sostenibili. Con la scelta che sarà tra ProWein e Vinexpo, mentre Vinitaly, con la sua specificità, è meno in discussione”. “Effettivamente parlando con importatori e distributori tutti preferiscono Parigi - spiega ancora Mario Piccini, alla guida di Piccini 1882 - raggiungerla è più facile e per la città e la logistica è più semplice da gestire. C’è più facilità di accedere ad una città così grande e bella rispetto a Dusseldorf. Non vedo problemi di convivenza con i vini francesi, anzi. Noi siamo stati tra i primi e sempre presenti anche a Bordeaux, che 30 anni fa era “la” fiera del vino internazionale. Poi piano piano è diventata più una festa per grandi produttori, logisticamente difficile da raggiungere, e ProWein, in quegli anni, ha preso quello spazio. Ora, invece, con Parigi, si sta tornando un po’ alla vecchia fiera business, concreta, come lo era un tempo Bordeaux. Di certo tra ProWein e Parigi sicuramente qualche azienda dovrà scegliere, ma Parigi sarà sempre più importante. Guardando al mercato, invece, si vede che i vini rossi stanno facendo - conclude Mario Piccini - un po’ di fatica, un po’ di riflessione su certi tipi di vino c’è. Anche i consumatori, in un periodo economico non particolarmente positivo, stanno riflettendo dove spendere i soldi, e il vino non è essendo una necessità, una prima scelta, un po’ questa cosa la subirà. Ma forse il vino italiano la crisi la sente meno di altri, grazie al “territorio Italia”, alla promozione fatta nel mondo, attraverso la ristorazione, ma non solo. Ha un approccio più trasversale ed inclusivo anche con i giovani. Ma, più in generale, penso che il 2024 sarà un anno dove giocare ancora con il “catenaccio”, aspettando tempi migliori”.
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