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MADE IN ITALY

“World Pasta Day”, i primati dell’Italia e le criticità, a partire dalla materia prima

Coldiretti: “export verso i 2,9 miliardi di euro”. Confagricoltura: “rafforzare la filiera del grano italiano”. Italiani i primi produttori e consumat

Icona del cibo italiano ma ormai alimento mondiale, la pasta oggi più che mai è al centro dell’attenzione. Un prodotto il cui valore alla produzione a livello globale è stimato intorno ai 20 miliardi di euro, di cui il 25% realizzato in Italia, che oggi viene celebrato nel “World Pasta Day”, iniziativa lanciata nel 1998 da Napoli, una delle patrie nobili della pasta italiana, e che ogni anno si celebra il 25 ottobre. “In Italia si producono 3,9 milioni di tonnellate di pasta - sottolinea Coldiretti - con una filiera che conta 120 imprese, oltre 10.000 addetti e quasi 200.000 aziende agricole italiane impegnate a fornire grano duro di altissima qualità. Nel tempo sono aumentati esponenzialmente anche i formati della pasta che sono ormai arrivati a quota 300, mentre alle varietà tradizionali si sono aggiunte quelle fatte con l’integrale, il gluten free, quelle con farine alternative e legumi. La ricerca del made in Italy ha condotto anche alla riscoperta di grani antichi, riportando nel piatto il Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla e altre varietà che hanno fatto la storia del Paese a tavola”.
Di certo la pandemia ha inciso anche sul rapporto tra italiani e pasta, con 4 famiglie su 10 che, nel 2021, soprattutto quando eravamo chiusi in casa nei lunghi mesi del lockdown, sono tornate a fare tagliatelle, tortellini, lasagne ravioli e così via. Con una passione per la produzione domestica di pasta che si fa largo anche tra i giovani. “Anche grazie a questo trend l’Italia resta il paese - rileva la Coldiretti - con il più elevato consumo di pasta per un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita da Venezuela (15 kg), Grecia (12 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg), che testimoniano come questo tipo di prodotto abbia estimatori ad ogni latitudine. Non a caso all’estero finisce ben oltre la metà (il 62%) della produzione nazionale di pasta. In testa alla classifica dei principali clienti si piazza la Germania, davanti a Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Giappone, cinque Paesi che assorbono da soli oltre metà dell’export, mentre i mercati in più rapida crescita sono Cina, Canada, Spagna e Arabia Saudita”. E, così, come l’export made in Italy agroalimentare punta verso il record di 52 miliardi di euro nel 2021, anche la pasta farà la sua parte, con le spedizioni stimate verso un valore di 2,9 miliardi di euro, secondo le proiezioni su dati Istat di Coldiretti, che oggi a Milano in “Tuttofood” ha presentato il rapporto “Dal grano alla pasta, attacco al made in Italy”, con analisi sulle nuove tendenze di consumo e produzione in Italia e all’estero (con talk su “La filiera agroalimentare, un traino per la ripartenza del Paese”, con l’introduzione del segretario generale Coldiretti Enzo Gesmundo, Luigi Scordamaglia, consigliere delegato Filiera Italia, Luca Palermo, ad e dg di Fiera Milano, Carlo Ferro, presidente Ice, Stefano Patuanelli, Ministro delle politiche Agricole ed Ettore Prandini, presidente Coldiretti).
“L’Italia è il primo Paese produttore di pasta a livello mondiale. Più del 60% della produzione è destinato all’esportazione, ma solo il 60-70% del grano duro utilizzato arriva dalle imprese agricole italiane. Possiamo e dobbiamo fare di più per rafforzare ulteriormente la filiera”, è, invece, la sottolineatura della Confagricoltura, che “da tempo, è impegnata nei contratti di filiera, per aumentare la produzione interna di grano duro e per rispondere alle esigenze delle industrie di trasformazione anche sotto il profilo della qualità”, il presidente Massimiliano Giansanti. Nei primi 7 mesi 2021, secondo i dati provvisori Istat, le importazioni sono ammontate a poco meno di 1,5 milioni di tonnellate, per un valore di 690 milioni di euro. “Con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) - prosegue il presidente Confagricoltura - abbiamo l’occasione irripetibile per far fare alla cerealicoltura italiana un passo in avanti decisivo. Con l’auspicio che l’applicazione nazionale della nuova Pac non penalizzi le imprese agricole professionali, da cui dipende la gran parte dell’offerta nazionale di grano duro”. A livello congiunturale, i mercati stanno attraversando una fase straordinaria con un livello delle quotazioni per il grano duro (540 euro a tonnellata) che supera del 130% la media dei prezzi registrati negli ultimi cinque anni. “Sull’evoluzione dei mercati - segnala Confagricoltura - pesa la situazione degli stock a livello mondiale che sono sul livello più basso da 5 anni, soprattutto a seguito della contrazione dei raccolti in Canada. Allo stesso tempo, le nostre imprese - rileva Giansanti - stanno facendo i conti con un forte incremento dei costi di produzione, a partire da quelli direttamente legati all’energia. Per il balzo avanti del prezzo del gas, ad esempio, il prezzo dei fertilizzanti azotati si è triplicato nel giro di un anno. Nel “World Pasta Day”, oggi, proponiamo a tutti i rappresentanti della filiera - dalla produzione della materia prima, all’industria fino alla distribuzione - di sederci attorno ad un tavolo, per concordare il modo migliore per fronteggiare questa situazione eccezionale”.
Ma, ad alzare un altro allarme, è ancora la Coldiretti: “addio alla pasta 100% italiana con la scadenza dal prossimo 31 dicembre 2021 dell’obbligo di etichettatura dell’origine del grano utilizzato, con grave danno per quei consumatori che hanno preso d’assalto penne e spaghetti certificati tricolori, con un aumento delle vendite del 29% nel 2020. L’obbligo dell’etichettatura di origine del grano impiegato fortemente voluta da Coldiretti è scattato il 14 febbraio 2018. Il decreto prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia - spiega la Coldiretti - debbano indicare il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi Ue, paesi Non Ue, paesi Ue e Non Ue. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si può usare la dicitura: “Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue. Una misura che ha portato gli acquisti di pasta con 100% grano italiano a crescere ad un ritmo di quasi 2 volte e mezzo superiore a quello medio della pasta secca, spingendo le principali industrie agroalimentari a promuovere delle linee produttive con l’utilizzo di cereale interamente prodotto sul territorio nazionale. Per acquistare la vera pasta made in Italy 100% - precisa la Coldiretti - basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Un trend sul quale rischia però ora di scatenarsi una tempesta perfetta, con la scadenza dell’obbligo dell’origine in etichetta che si aggiunge al caro prezzi determinato dagli aumenti delle quotazioni internazionali del grano, legati al dimezzamento dei raccolti in Canada. Il Paese nordamericano è il principale produttore mondiale e fornitore di un’Italia che è costretta oggi ad importare il 40% del grano di cui ha bisogno ed è dunque particolarmente dipendente dalle fluttuazioni e dalle speculazioni sui mercati. Il tutto nonostante in Canada sia consentito l’utilizzo del glifosato in preraccolta, modalità vietata sul territorio nazionale.
Intanto, però, la pasta, icona di tradizione, si innova, nei formati ma anche nelle cotture e nella sua concezione culinaria. E se, per esempio, Sonia Peronaci, fondatrice di GialloZafferano e di soniaperonaci.it, ha messo a punto una ricetta velocissima a base di speck, zucca e verza da preparare in pentola a pressione in partnership con lo storico produttore di utensili da cucina Lagostina, c’è anche chi ha trasformato il simbolo dei simboli della pasta all’italiana, gli spaghetti al pomodoro, in un dolce, come ha fatto il vulcani Valerio Braschi, il più giovane vincitore della storia di Masterchef e chef estroso del ristorante 1978 di Roma, in collaborazione con Wmf, celebre brand tedesco di prodotti per la cucina. Con il pomodoro che viene caramellato, il basilico che diventa gelato, e al posto del formaggio grattugiato, una bella spolverata di cocco rapè.
Ma c’è anche chi celebra il “World Pasta Day” 2021 rilanciando un progetto che lega tradizione gastronomica e sartorialità, come “Uno.61”, progetto ideato da Federico Menetto, che unisce l’eccellenza della pasta trafilata in oro al tema del recupero e della sostenibilità, con le confezioni (riutilizzabili) realizzate con scampoli di tessuto cuciti interamente a mano e uniti con bottoni in puro corozo, con l’intento di regalare bellezza al “buono”.

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