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TERRITORI E STRATEGIE

La voglia di guardare oltre la pandemia: il messaggio della “Valpolicella Annual Conference”

Tante le difficoltà, dalla crisi Covid ai dazi Usa, dalla Brexit e non solo. Ma la denominazione (come il vino italiano) ha retto, e pensa al futuro

Nella consapevolezza di una situazione ancora molto complessa e lontana dal dirsi risolta, anche per il commercio del vino, tra pandemia, dazi Usa, Brexit e non solo, arriva comunque una leggera aria di ottimismo dall’incontro istituzionale della “Valpolicella Annual Conference”, la due giorni digitale organizzata dal Consorzio di tutela dei Vini della Valpolicella, oggi, dedicato alle nuove politiche a sostegno del mercato del vino italiano. Molte delle partite in campo, ovviamente, si devono ancora giocare. Ma sia ragionevole oppure no, di sicuro di vedere il bicchiere mezzo pieno c’è bisogno. A partire dalla tenuta di uno dei territori più importanti del vino italiano come la Valpolicella. Denominazione capace di muovere un giro d’affari di 600 milioni di euro all’anno. I cui vini, pur se in altalena sui mercati nel 2020 del Covid, tutto sommato chiudono l’anno tirando un sospiro di sollievo (sulla falsa riga dell’andamento del vino italiano nel suo complesso, ndr). Tiene l’Amarone (prodotto in oltre 15 milioni di bottiglie), calano il Valpolicella (18 milioni) e il Ripasso (30 milioni), l’export va meglio rispetto al mercato interno, sorridono le grandi aziende, ma non le piccole, con il prezzo medio che cala un po’ per tutti. “Vista la congiuntura - ha detto Christian Marchesini, presidente del Consorzio della Valpolicella - ci possiamo dire soddisfatti della performance positiva dell’Amarone, che ci permette di reggere l’urto chiudendo l’anno meglio rispetto al trend nazionale, e anche della gestione della denominazione”.
Il quadro di sintesi viene dai dati raccolti dall’Osservatorio Consorzio Valpolicella-Nomisma, presentati da Denis Pantini, responsabile di Nomisma-Wine Monitor. Le denominazioni della Valpolicella, principale polo si produzione di vini rossi del Veneto, chiude le vendite di vino a valore nel 2020 con un -3,3%, frutto di un risultato stabile dell’export (-0,1%) e di un calo sulla domanda italiana del -9,6%. “La produzione di Ripasso - ha illustrato Marchesini - è aumentata del 50% dal 2011 al 2020, grazie al successo prima all’estero e poi in Italia, e il Valpolicella, diminuito negli anni, dovrebbe andare verso la stabilizzazione. L’abbiamo dimenticato e vogliamo rimediare e puntare sulla valorizzazione del Valpolicella Superiore, percorrendo una strada vecchia e nuova al tempo stesso, assecondando il percorso intrapreso già da molte aziende puntando sui cru. Ci preoccupano le disparità all’interno del dato generale, con le piccole imprese di qualità, ossatura della nostra denominazione (ben 258 sulle 329 totali, ndr), che pagano pesantemente la chiusura dell’horeca, con perdite medie del 10% per l’export e del 28% sulla domanda interna”.
Guardando al futuro, come ha sottolineato nel suo saluto Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, “l’economia globale riprenderà quando la pandemia sarà sotto controllo e chi prima arriverà a questo traguardo avrà un vantaggio competitivo consistente. È indispensabile procedere con i vaccini che ci servono in fretta - ha spiegato a proposito dell’acquisto autonomo di dosi da parte del Veneto - perché noi in 100 giorni saremmo in grado di vaccinare 5 milioni di veneti”.
E in Veneto, dove il settore agricolo e quello turistico giocano in sinergia, raggiungere questo traguardo all’inizio dell’estate vorrebbe dire poter accogliere nuovamente visitatori e ridare fiato ed energia a entrambi i settori. L’interesse per lo sviluppo dell’enoturismo è molto alto nella regione e anche in Valpolicella dove da un’indagine del Consorzio emerge che nei prossimi anni 7 aziende su 10 intendono investire in questo ambito.
“In Veneto - ha continuato il presidente Zaia - produciamo 11 milioni di ettolitri di vino, abbiamo 54 denominazioni alcune delle quali non hanno problemi, ma molte sono le aziende in sofferenza con importanti giacenze in cantina che vanno aiutate con parte dei 222 miliardi di euro in arrivo dal Recovery Fund per farle ripartire. Lo stesso vale per l’horeca. Peraltro non si capisce perché la ristorazione aperta a pranzo debba rimanere chiusa la sera. Cosa si teme che il virus, come Dracula, esca solo con il buio?”.
Ad affrontare i tre temi più caldi attualmente in Europa - vino e piano anticancro della Commissione Ue, dazi Usa e accordi dell’ultima ora poco felici per la Brexit, l’europarlamentare Paolo De Castro, primo vice presidente della Commissione Agricoltura. Sulla minaccia per il settore vitivinicolo costituita dall’attuale piano anticancro delle Commissione Ue, che punirebbe alcolici e carni indistintamente da tipologie e quantità, De Castro ha rassicurato: “non si tratta di una proposta legislativa, ma di un piano sacrosanto nelle sue finalità generali. Come Parlamento Europeo e Commissione Agricoltura lavoreremo per evitare che ci siano conseguenze sia sul versante promozione che sull’etichettatura”. Quanto ai dazi Usa ha annunciato “l’impegno europeo per una moratoria di 6 mesi, per avere del tempo per discutere i problemi, che comunque rimangono, con l’amministrazione Biden non appena la sua squadra si insedierà definitivamente”. “Gli accordi dell’ultima ora sulla Brexit, necessari ma poco felici - ha concluso - si stanno rivelando disastrosi per noi e soprattutto per i britannici per le molte problematiche di ordine burocratico-amministrative. Con l’Intergruppo vino abbiamo richiesto una sospensione fino alla messa a sistema di una piattaforma elettronica dei certificati di esportazione che risolva i grandi problemi che stiamo accusando nell’export vitivinicolo”.
Insomma l’Unione Europea c’è e, come ha ricordato l’europarlamentare Herbert Dorfmann, è stata appena firmata in Commissione Agricoltura la proroga retroattiva dal 20 ottobre 2020 dei fondi per gli interventi di crisi (vendemmia verde, distillazione). “Ci sarà, quindi, continuità e le misure che erano in essere andranno avanti per il 2021 - ha detto Dorfmann - sperando che si risolvano gli attuali problemi del settore vino: chiusura dell’horeca, flessione del turismo a livello internazionale e flessione dell’export i particolare verso l’importante mercato degli Usa”.
Sulla nuova normalità conta anche Veronafiere: “stiamo lavorando per un Vinitaly sicuro, fortemente contingentato e orientato alla ripresa della domanda interna oltre che quella europea” ha esordito Giovanni Mantovani, ceo Veronafiere.
“Occorre farsi trovare pronti a intercettare gli operatori extra europei che a giugno saranno già in fase di ripartenza perché già vaccinati. Il vino italiano non può permettersi di perdere questo vantaggio competitivo. E per quanto riguarda il crollo di fatturato dell’industria fieristica italiana auspico che il nuovo governo attui in temi brevi i finanziamenti e i ristori a fondo perduto previsti dai diversi decreti e il superamento del limite del “de minimis” come già fatto dalla Germania. Diversamente si verificherebbe una grave disparità con i competitor europei, che metterebbe al palo non solo la fiera di Verona ma l’intero settore”.
L’orizzonte temporale per l’uscita dalla crisi del commercio globale del vino, però, è ancora lontano secondo Unione italiana vini. “Dai dati del nostro Osservatorio il ritorno alla situazione pre-Covid avverrà non prima della fine 2022 - ha sottolineato Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv). Le chiusure dell’horeca nel mondo comporteranno una contrazione dei consumi di vino di oltre 100 miliardi di dollari nel triennio 2020-2022, un danno commerciale enorme per il nostro settore. A livello nazionale stiamo chiedendo di cancellare l’obbligo di chiusura anticipata delle enoteche disposto dal Dpcm, il ristoro dei fondi al settore attesi per lo scorso anno (50 milioni di euro) e il varo dell’altrettanto attesa norma unica sulla sostenibilità”.

Focus - Il mercato dei vini della Valpolicella nel 2020 secondo l'Osservatorio Consorzio Valpolicella-Nomisma

I vini della Valpolicella reggono l’urto dell’emergenza e chiudono le vendite di vino a valore nel 2020 con un -3,3%, frutto di un risultato stabile dell’export (-0,1%) e di un calo sulla domanda italiana del -9,6%. È il quadro di sintesi presentato oggi dal responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini nella Valpolicella Annual Conference.
L’indagine, condotta su un campione di aziende che rappresenta circa la metà della capacità produttiva dell’area e una media pro-capite di 1,1 milioni di bottiglie vendute, segnala per l’Amarone un mercato double face, con una crescita importante (+7%) nel valore dell’export a fronte di una contrazione del 13% sulla piazza nazionale. Le destinazioni internazionali, che rimangono meta dei 2/3 delle vendite, accusano un calo nel prezzo del re della Valpolicella di circa il 5%.
Sul fronte delle vendite per canale in Italia è evidente come la presenza in Gdo (principale canale di sbocco con un’incidenza del 44% sul totale) delle piccole aziende sia limitata al 10% del totale del loro business, a fronte di una quota elevatissima (47%) di vendite effettuate attraverso la figura del grossista, in gran parte destinata alla ristorazione. In linea con la media nazionale, l’influenza delle vendite dirette (7%) e di quelle online (3%). Sul fronte export, gli Usa si confermano primo buyer per l’Amarone con una quota di mercato del 14%; a seguire Svizzera (12%), Regno Unito (11%), Canada e Germania (10%). Bene il trend della piazza statunitense a valore (+9%), positive anche le performance nelle altre top 5 piazze, con incrementi dal 4% al 7%.
Ancora più alta (73%) la propensione all’export per il Ripasso, dove però si registra un calo del 5% a valore. In rosso anche le vendite in Italia che segnano un -6%. Cali pesanti, rispettivamente del 23% e del 25% per le piccole aziende. Il Canada (+1% le vendite nel 2020) si conferma di gran lunga prima destinazione per il Ripasso con il 23% degli acquisti totali, seguito da Svezia (quota all’11%) e a pari merito da Svizzera, Germania e Regno Unito (9%). In Italia la Gdo è nettamente il primo canale, con il 62% delle vendite a valore.
Vira in negativo anche il Valpolicella, che paga a valore un -3% all’estero (67% l’incidenza export) e un -8% sul mercato nazionale, dove la Gdo rappresenta quasi 2 bottiglie vendute su 3 ma che vale solo il 9% del fatturato delle piccole imprese, in evidente difficoltà sia sulle piazze interne (-21%) che negli scambi internazionali (-21%). Anche qui il Canada si conferma sbocco principale con oltre 1/3 delle vendite totali, seguita dagli Usa (19% la quota) e Norvegia (9%).
Per il responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini: “La pandemia ha generato uno scenario di mercato spaccato in due, dove la linea di demarcazione è data principalmente dalle dimensioni aziendali che a loro volta determinano il posizionamento dei propri vini nei diversi canali distributivi. Quello che è accaduto per la Valpolicella trova analogie in tutti i vini del Belpaese e sta portando i produttori a rivedere le proprie strategie commerciali in un’ottica di maggior diversificazione sia di mercato che di canale, come anche emerso dalla stessa indagine svolta nell’Osservatorio sui vini della Valpolicella”.

Focus - Obiettivo enoturismo in Valpolicella: 7 cantine su 10 vogliono investire ancora

Sette aziende della Valpolicella su 10 intendono investire in enoturismo nei prossimi anni. A dirlo, l’indagine interna del Consorzio di tutela vini della prima Dop di vini rossi del Veneto. Secondo i dati raccolti su un campione di circa un terzo delle aziende del territorio, dopo un 2020 chiuso a -9,6% sul fronte delle vendite di vino made in Valpolicella, sarebbe proprio l’ospitalità la chiave di volta per la ripartenza nello scenario post-Covid: un asset importante, su cui l’area vitivinicola ha ancora molto potenziale inespresso.
Se infatti la vendita diretta al pubblico è una prassi diffusa su tutto il territorio e in ogni tipologia di azienda (è praticata dal 98% dei rispondenti), rappresentano solo il 28% le realtà che si sono lanciate nell’hospitality, per lo più con B&B (nel 39% dei casi) e visite e degustazioni in cantina (32%), e ancora meno (il 13%) quelle che offrono servizi di ristorazione. Si tratta inoltre di formule attivate in media da 15 anni, tanto che 2 su 3 tra quelle già inserite nel circuito enoturistico prevedono nuovi investimenti.
Per il presidente del Consorzio, Christian Marchesini: “la propensione all’investimento è un dato molto positivo per l’economia di tutto il nostro territorio, un segnale di rilancio forte che, per concretizzarsi, ha bisogno del supporto di tutti gli attori istituzionali che ruotano attorno alla gestione del prodotto turistico. Il Consorzio sarà in prima fila per supportare le aziende che decideranno di investire in questa direzione attraverso un cospicuo lavoro di rete, ma anche attraverso la formazione e la promozione”.
Valutando l’incidenza sul fatturato, le aziende hanno stimato un impatto medio dell’enoturismo pari al 17%, dato che sale oltre al 21% per le piccole aziende (con una produzione inferiore a 100mila unità) che, con 1/3 già impegnato in attività enoturistiche, sono quelle a dimostrare il più alto tasso di ricettività. La quota scende invece rispettivamente all’11% e 4% per le medie e grandi aziende.
Il Consorzio Vini Valpolicella vanta oltre l’80% della rappresentatività della denominazione. Nella provincia leader in Italia per export di vino, la Valpolicella detiene quasi 8.400 ettari vitati dislocati nei 19 comuni della Doc veronese ed esprime ogni anno un giro d’affari di circa 600 milioni di euro. Aperta a tutte le aziende del territorio, l’indagine censimento ha coinvolto un centinaio di realtà vitivinicole che sono state suddivise in piccole (fino a 100.000 bottiglie prodotte, 71% del campione), medie (100.000-500.000 bottiglie, 18% del campione) e grandi (più di 500.000 bottiglie, 11% del campione).

Focus - Il vino italiano nel quadro europeo tra dazi Usa, Brexit e piano anticancro della Commissione Ue, nella lettura dell'Europarlamentare Paolo de Castro
Dazi Usa, vino e piano anticancro della Commissione Ue, disastro Brexit. Sono i temi messi in campo oggi dall’europarlamentare Paolo De Castro, nella Valpolicella Annual Conference organizzata dal Consorzio tutela vini Valpolicella. “Sul tema dei dazi Usa-Ue - ha detto il primo vice presidente della commissione Agricoltura - proprio in questi giorni abbiamo avuto un confronto in commissione con il responsabile del Commercio, Valdis Dombrovskis che ha assicurato l’impegno europeo per una moratoria di 6 mesi su tutti i dazi che intercorrono tra i 2 alleati. La speranza è ora che la richiesta europea sia accolta dall’amministrazione Biden, con cui lavoreremo non appena la sua squadra si insedierà definitivamente”.
Sul discusso piano anticancro delle Commissione Ue, che punirebbe alcolici e carni indistintamente da tipologie e quantità, per De Castro: “Si tratta di un piano sacrosanto che però può avere declinazioni pericolose per alcuni prodotti del made in Italy e della dieta mediterranea, come carne rossa e vino. Abbiamo in atto una serie di iniziative a partire da quella importante in programma nei prossimi giorni a Bruxelles assieme a Coldiretti e Filiera Italia con esperti da tutta Europa per far capire quanto è importante affrontare questo tema in maniera seria. Come Parlamento europeo e Commissione Agricoltura lavoreremo per evitare che ci siano conseguenze sia sul versante promozione che sull’etichettatura su un piano che a oggi non ha alcuna proposta legislativa”. Infine la Brexit, che per l’europarlamentare “si sta rivelando un dramma, non solo per noi ma soprattutto per i britannici, che se ne stanno accorgendo ogni giorno di più. Purtroppo nonostante il no deal sulla Brexit registriamo molte problematiche di ordine burocratico-amministrative. Con l’Intergruppo vino abbiamo richiesto una sospensione fino alla messa a sistema di una piattaforma elettronica dei certificati di esportazione che risolva i grandi problemi che stiamo accusando nell’export vitivinicolo.

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