Se il Portogallo domina i piani alti della “Top 100” di Wine Spectator, la classifica più attesa nel mondo enoico, l’Italia non può certo lamentarsi, con ben 19 etichette, 3 in più del 2013. Sul proprio sito, del resto, il magazine Usa aveva promesso maggiore attenzione per i vini di Italia, Francia e California, come dimostra anche la rappresentatività delle etichette in classifica, dove, accanto ad “habitué” come i vini della Toscana e del Piemonte, ancora una volta al top, a quota, rispettivamente, 8 e 5 etichette, trovano posto territori ancora tutti da scoprire, almeno per il panorama internazionale, dalla Sicilia alla Valtellina, passando per Puglia ed Abruzzo (www.winespectator.com).
Dietro al Chianti Classico San Lorenzo Gran Selezione 2010 di Castello di Ama, alla posizione n. 6, troviamo così il Flaccianello 2011 Fontodi Colli della Toscana Centrale, alla posizione n. 14, seguito dal Chianti Classico Riserva 2010 Castello di Volpaia (21), seguito ad un’incollatura dal Bolgheri 2011 Volpolo Podere Sapaio (22). E ancora, il Barolo 2009 Massolino alla posizione n. 24, seguito dal Sangiovese-Cabernet Sauvignon Toscana 2011 Poggio al Tufo Rompicollo Tommasi alla n. 31, quindi il Barbaresco 2010 Rabajà Giuseppe Cortese (37), e ancora il Barolo 2010 Oddero (39), il Luce della Vite 2011 Toscana (47), il Barolo 2010 Brunate Giuseppe Rinaldi (51). Alla n. 65 troviamo quindi l’Ornellaia 2011, seguito dal Primitivo di Manduria LXXIV 2010 Feudo di Santa Croce (69), quindi il Molise Ramitello 2011 di Majo Norante (74), la Barbera d’Asti 2012 Tre Vigne Vietti (76), il Valtellina Superiore 2010 Quadrio Nino Negri (80) ed il Montepulciano d’Abruzzo 2010 Marina Cvetic S. Martino Rosso Masciarelli (85). Infine, il Sicilia Santagostino Baglio Soria Red 2011 Firriato (87), il Vino Nobile di Montepulciano 2010 Incanto Vecchia Cantina di Montepulciano (92), e l’Etna 2012 Tenuta delle Terre Nere (97). Nella lista della Top 100 il vino più caro è italiano ed è il Bolgheri Superiore Ornellaia 2011 della Tenuta dell'Ornellaia, che costa in Usa 240 dollari. Da notare quest’anno l’assenza dalla classifica del Brunello di Montalcino, un fatto insolito, specie negli ultimi anni, ma che, dal 1988, si è registrato più di una volta, sempre in concomitanza con le annate più difficili, come la 1992, la 1996 e la 2003.
Quella dell’Italia nella “Top 100” di Wine Spectator è una storia fatta di alti (molti) e bassi (qualcuno), con un filo conduttore ben preciso, ossia il “duopolio” di Piemonte e Toscana, le Regioni che, in questi 26 anni, hanno dominato la chart. Nel complesso hanno fatto meglio i toscani, anche se il merito va diviso tra diversi terroir e tipologie: fino al 1995, quando esplose il Brunello (sull’onda di una delle migliori annate di sempre, la 1990), erano soprattutto i Chianti e gli Igt (poi diventati “Super Tuscan”) a “tirare la carretta”, anche se nel 1993 fu il Piemonte a surclassare (11 a 3) i vini toscani, grazie alla vendemmia 1989 dei Barolo, tanto che furono ben 8 le etichette premiate.
Quasi sempre sopra i dieci vini presenti nella “Top 100”, il Belpaese ha però dovuto fare i conti con annate a dir poco negative: la performance peggiore fu nel 1997, quando la corsa si fermò a quota 4 etichette, ma non andò troppo meglio nel 1996, quando i premiati furono solo 6, e neanche nel 1989 e nel 1998, quando entrarono in classifica solamente 8 etichette tricolore. Il record nel 2002, con 21 vini in classifica (di cui 7 Brunelli, proprio come nel 1995), ma anche il 2011 è stata una grande edizione della “Top 100”, con 20 vini, di cui, manco a dirlo, 4 Brunelli, 3 Baroli, 2 Chianti e 2 Barbareschi ... Ad eccezione di qualche sparuta incursione franciacortina o veneta, fino al 2000 non c’è stato spazio per nessun altra Regione che non fosse Toscana e Piemonte. In quell’anno, invece, fece la propria prima apparizione il Sud Italia, con un vino campano ed uno siciliano, e da allora in avanti il pluralismo non ha più abbandonato la rappresentanza italiana nella “Top 100” di Wine Spectator.
Riepilogando il vertice della classifica, sul gradino più altro, come detto, un vino lusitano, il Dow’s Vintage Port 2011, che corona così un’annata eccezionale nella Vallata del Douro, mentre a completare il podio sono l’australiano Mollydooker Shiraz McLaren Vale Carnival of Love 2012, e un altro portoghese, il Prats & Symington Douro Chryseia 2011. California e Francia, gli altri due “osservati speciali” hanno tre vini in due nella top 10: il Brewer-Clifton Pinot Noir Sta. Rita Hills 2012 (Santa Barbara) alla n. 8, il Clos des Pape Châteauneuf-du-Pape 2012 alla n. 7, e lo Château Léoville Las Cases St.-Julien 2011 (Médoc) alla n. 10. Meglio ha fatto l’Australia, che oltre alla seconda posizione aveva conquistato anche la n. 5, con il Leeuwin Chardonnay Margaret River Art Series 2011, mentre l’outsider della top 10 è il cileno Concha y Toro Cabernet Sauvignon Puente Alto Don Melchor 2010, alla posizione n. 9. L’Italia, comunque, gode di una discreta tradizione: nei 25 anni di vita della “Top 100” della rivista Usa “Wine Spectator” è riuscita guadagnare il primo posto in tre occasioni: nel 2006, con il Brunello di Montalcino 2001 Tenuta Nuova di Casanova di Neri, nel 2001 con l’Ornellaia 1998 di Tenuta dell’Ornellaia, e nel 2000 con il Solaia 1997. Ma non è sempre andata bene, dal 1988 ad oggi: per tre volte, infatti, i vini del Belpaese sono rimasti fuori dalla top 10, nel 1989, nel 1996 e nel 1997. Per due volte, invece, l’Italia è riuscita a piazzarne ben 4 di vini tra i migliori 10, nel 2001, quando dietro all’Ornellaia 1998 di Tenuta dell’Ornellaia, alla posizione n.1, si piazzarono il Vino Nobile di Montepulciano Grandi Annate Riserva 1997 di Avignonesi (al n. 4), il Bolgheri Superiore Guado al Tasso 1998 di Antinori (al n. 6) ed il Barolo 1997 di Pio Cesare (al n. 7); e nel 2009, quando al n. 5 arrivò il Chianti Classico Castello di Brolio 2006 di Barone Ricasoli, al n. 7 il Barolo Marcenasco 2005 di Renato Ratti, al n. 8 il Flaccianello Fontodi Colli della Toscana Centrale 2006, ed al n. 10 il Brancaia Toscana Tre 2007.
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