Diventa sempre più importante la presenza dei vini bianchi italiani sugli scaffali e sulle tavole dei consumatori del Bel Paese e del resto del mondo. Un trend che nasce dalla ricerca di etichette dal contenuto alcolico meno “importante”, più immediatamente fruibili, adatte anche a non influire molto sugli abbinamenti, specialmente quando nel piatto leggerezza e contaminazione con le cucine più esotiche stanno conquistando un appeal sempre maggiore. È questa una tendenza registrata da WineNews per Vinitaly, la rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 9-12 aprile; www.vinitaly.com).
Il primo segnale di questa controtendenza, almeno a guardare gli ultimi 20 anni della storia del vino italiano, arriva dalle stesse enoteche. Al di là del fenomeno “bollicine”, ormai evidente e che ha condotto questa tipologia ad essere consumata tutto l’anno e non soltanto nelle feste, sono proprio i bianchi i protagonisti di queste ultime stagioni. Dal Pinot Grigio del Trentino, ai bianchi altoatesini, Traminer in testa, a quelli friulani e siciliani, dal veneto Soave ma anche dal marchigiano Verdicchio all’abruzzese Pecorino e ai campani Greco e Falanghina, l’offerta bianchista del Bel Paese è ampia e decisamente apprezzata. Tant’è che anche i bianchi hanno lasciato il loro consumo classico, quello stagionale, prettamente estivo, per essere bevuti anche d’inverno, purché profumati e saporiti. Del resto, anche i dati parlano chiaro. I vini bianchi tricolore sono cresciuti del 22% a 25,6 milioni di ettolitri, il 18% sopra la media storica di 21,7 milioni di ettolitri (dati Istat definitivi 2015, sul 2014). E anche guardando alle performance dell’export i numeri parlano altrettanto chiaramente. Nel primo semestre del 2016 (dati Istat), i vini bianchi Dop crescono a svantaggio dei vini Igp, che restano comunque preponderanti, nel contesto delle esportazioni di vino fermo imbottigliato. I bianchi Dop sono a +17% a discapito dei vini bianchi Igp (-11%): i primi crescono a 287 milioni di euro in valore, il livello più elevato di sempre (230 milioni di euro nel primo semestre 2013, 231 milioni nel 2014, 246 milioni nel 2015), mentre i secondi calano a 306 milioni di euro dai 343 del 2015, ma dopo una serie di anni di progresso consistente (290 milioni di euro nel primo semestre 2013 e 323 milioni in quello del 2014).
Un cambiamento che si intravede anche dall’andamento della distribuzione dei vitigni più piantati in Italia. Nell’ultimo decennio, infatti, la produzione di barbatelle di vitigni autoctoni (vedi il caso Glera e Grillo solo per fare due esempi) e di alcuni internazionali (come Pinot Grigio e Chardonnay) ha cambiato letteralmente la sua caratterizzazione. Con il risultato di disegnare lo scenario attuale in cui i vitigni bianchi sono il 57% contro il 43% dei rossi (dati Uiv - Unione Italiana Vini). Una combinazione di più fattori (sociali, economici, climatici, ambientali ...) stanno dando un nuovo indirizzo alla piattaforma varietale nazionale e, con i trend più forti di Glera, Pinot Grigio e Syrah (l’unico rosso), il vigneto italiano non preferisce più i vitigni a bacca rossa.
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