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"È FINALMENTE SCOPPIATA LA BOLLA SPECULATIVA SUL CIBO ED È ARRIVATA LA CRISI: COSÍ I PRODUTTORI ABBASSERANNO I PREZZI”: LO HA DETTO IL NUTRIZIONISTA GIORGIO CALABRESE AL CONVEGNO “ALIMENTAZIONE E SALUTE” A ROMA

“Finalmente è scoppiata la bolla speculativa sul cibo ed è arrivata la crisi. Perché dobbiamo tornare a riportare il prezzo per quello che davvero il cibo vale”: lo ha affermato il nutrizionista Giorgio Calabrese a margine del convegno “Alimentazione e salute”, ideato da Salute-La Repubblica, che si è aperto oggi a Roma. Secondo il professore di nutrizione umana alla Cattolica di Piacenza, la crisi economica sta finalmente spingendo i produttori ad abbassare i prezzi degli alimentari. “Scegliamo formaggi freschi, vino giovane, pasta e riso. Preferiamo il vitellone al filetto e le carni bianche e le uova e beviamo acqua del rubinetto”: così, secondo Calabrese, si può spendere di meno e mangiare ugualmente sano.

Sempre secondo Calabrese i vari controlli sui prezzi degli alimentari non devono esser condotti dai Nas, ma dai nutrizionisti e dai medici. “Mantenere i prezzi giusti è importante - ha proseguito Calabrese - non solo dal punto di vista etico, ma anche dal punto di vista sociale. Perché abbiamo bisogno che la gente mangi bene, altrimenti si ammala e poi le spese ricadono su tutta la comunità”.

Secondo un’indagine realizzata da Format e presentata nel corso del convegno, quasi il 60% degli italiani negli ultimi 12 mesi ha modificato le proprie abitudini alimentari, prevalentemente per ragioni di prezzi (43,5%). Cresce inoltre del 3,8% rispetto al 2007, arrivando al 28%, il numero di coloro che dichiarano di avere avuto problemi nel mangiare riconducibili a motivi di carattere economico. Il dato più allarmante è costituito dalla riduzione significativa del consumo di pesce (-26,7%), carne (-21,2%) e pane (-20,2%). Dall’indagine risulta poi che i problemi di carattere economico si manifestano in modi diversi: facendo la spesa, ad esempio, il 19,8% acquista gli stessi prodotti ma in quantità inferiore, e il 14,1% acquista prodotti diversi, scelti esclusivamente in base al prezzo più basso. Rispetto a sei mesi fa il 7,5% degli intervistati ha cambiato i punti di vendita frequentati: di questi, l’87% compra esclusivamente in supermercati e discount, e il 10,9% non acquista più nei negozi tradizionali. Si contraggono, secondo la ricerca, i consumi fuori casa: l’8,8% ha rinunciato alla colazione al bar, il 6,7% ha rinunciato al pranzo al ristorante nei giorni feriali e il 12% ha diminuito la frequenza delle uscite a cena.

Secondo Giuseppe Politi, presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, “la dieta mediterranea non è più di casa nel nostro Paese. Prodotti che per secoli hanno alimentato generazioni, come pane, frutta, ortaggi, vino ed olio, oggi cominciano a mostrare evidenti segni di crisi”. La causa principale di questo cambiamento nei consumi - osserva Politi - è da imputare ai vertiginosi rincari che hanno reso, in questi ultimi anni, più “povere” le nostre tavole. Le nuove abitudini alimentari, specialmente da parte dei giovani, hanno fatto il resto. Bisogna, quindi, rilanciare un’alimentazione che ha riconoscimenti e che vanta seguaci in tutto il mondo, ma che, invece, è sempre più ignorata nei Paesi d’origine (tra i quali, appunto, l’Italia), dove sono aumentati a dismisura i consumi di grassi e di calorie. Il presidente della Cia, in particolare, ha sottolineato la necessità di valorizzare la dieta mediterranea come patrimonio dell’Unesco. Secondo i dati dell’organizzazione, nel 2007 il consumo di pane è diminuito del 6,2% rispetto all'anno precedente, e flessioni si registrano anche per pasta (-3,5%), frutta (-2,8%), ortaggi (-4,2%), olio d’oliva (-1,8%) e vino (-4,6%). Le previsioni per il 2008 sono per ulteriori ribassi dei consumi (pane -2,3%, frutta -4,2%, ortaggi -2,4%, olio d'oliva -2,1%, vino -2%), ad eccezione della pasta (+1,2%).

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