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19 ANNI FA MORIVA IL GIUDICE ANTIMAFIA GIOVANNI FALCONE: L’INDIGNAZIONE DI ALLORA È DIVENTATA IL RISCATTO DI UNA GENERAZIONE, ANCHE GRAZIE AD ESPERIENZE COME “LIBERA ” DI DON CIOTTI ... WINENEWS INTERVISTA FARAONE, PRESIDENTE DELLA “PLACIDO RIZZOTTO”

19 anni fa, il giudice antimafia Giovanni Falcone, con sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, perdevano la vita a Capaci, vittime di uno dei più violenti attentati di mafia che si ricordi: uno dei giorni più bui della Repubblica, cui seguì l’indignazione e la rivolta del popolo siciliano. Da oggi molte cose sono rimaste come allora, molte altre sono cambiate, la mafia in giacca e cravatta ha preso il posto di quella coppola e lupara, ma ampi settori dell’economia (non solo) siciliana sono ancora in mani mafiose, a partire dal comparto ortofrutticolo, come denunciato dalle stesse associazioni di categoria.

Eppure, proprio in quegli anni, e proprio nei campi è iniziata la riscossa dell’antimafia, e l’avventura di “Libera”: oggi, il presidente della cooperativa Placido Rizzotto è Gianluca Faraone, allora sedicenne. “La strage di Capaci, cui seguì quella di Via D’Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino, precipitò la città in un clima di smarrimento, allora non si sapeva neanche - racconta Faraone - se ci sarebbe stata una reazione veramente forte da parte dello Stato. Ci rendemmo conto allora che ognuno di noi avrebbe dovuto fare la propria parte, perché tutti gli omicidi eccellenti avvenuti fino ad allora avevano colpito uomini lasciati troppo soli, sia dalle istituzioni che dai cittadini”.

Nasce così, nel 1995 per mano di Don Ciotti, “Libera” e grazie ad essa la legge di iniziativa popolare 109 del 1996, “che per prima parla di uso sociale dei beni confiscati alle mafie, mentre nel 2001 nasce la prima cooperativa, Placido Rizzotto, che tra i molti ettari confiscati a Riina e Provenzano, vanta circa 80 ettari di vigneti. Attraverso la quotidianità del lavoro sulle terre confiscate ai boss, si creano i presupposti per combattere le mafie, dando possibilità di crescita ai giovani e producendo tra l’altro vini di ottima qualità. È un’attività diversa da quella dello Stato, che dopo le stragi ha dato una risposta veemente ma non risolutiva”.

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