La 2010 è stata un’annata eccezionale per il vino italiano, un mondo che ha passato gli ultimi tempi contando i giorni che mancano all’arrivo sul mercato dei big dell’enologia del Belpaese. Il Barolo, accolto con grande entusiasmo, ha svelato già da qualche mese l’annata 2010 al grande pubblico, e adesso è la volta del Brunello. Grande conoscitrice dei due alfieri del vino italiano nel mondo, è Kerin O’ Keefe, italian editor del celebre magazine Usa di “Wine Enthusiast”, che a WineNews ha fatto il punto sul successo dei vini italiani sul mercato Usa, e sulle prime impressioni suscitate dall’annata 2010 del grande rosso toscano.
“L’annata 2010 del Brunello è un’annata per la quale in America c’è grande attesa, specie dopo un’annata non eccezionale, né facile, come la 2009, mentre il Barolo, sempre con la 2010, è già arrivato da un po’, ed è stato un enorme successo. Anche il Chianti Classico - racconta Kerin O’ Keefe - sta facendo bene, con la Gran Selezione che sta riscuotendo grande successo, perché alla fine conta ciò che è nella bottiglia, al di là del nome. Per le bollicine il boom continua, ci sono tanti produttori che puntano sul metodo classico da uve autoctone, e stanno venendo fuori delle cose molto interessanti un po’ da ogni parte d’Italia. Anche il Sud va bene, a partire dall’Etna, dove il Nerello Mascalese fa la parte del leone, con risultati davvero interessanti. E proprio sull’Etna - continua la O’ Keefe - il lavoro di mappatura e delimitazione delle zone produttive procede spedito, e questo è un fatto molto interessante, perché in Italia bisognerebbe parlare di “territori”, non soltanto di “territorio”, perché gli intenditori vogliono sapere di più sui cru e sulle menzioni geografiche, che stanno diventando sempre più importanti per le grandi denominazioni del Belpaese”.
Focus - L’accoglienza degli Usa, tra critica e mercato, al Brunello 2010
A confermare la bontà delle aspettative sull’annata 2010 del Brunello di Montalcino, arrivano dall’altra parte dell’Oceano i primi commenti delle firme più autorevoli della critica enologica Usa. A partire proprio da Kerin O’ Keefe, che parla dell’annata 2010, per il Brunello, “ottima, che riscatta una 2009 in alcuni casi deludente, ma si vede chi ha saputo lavorare meglio in vigna e chi meno. Ci sono alcuni vini usciti dalla cantina già stanchi, altri con un’elevata gradazione alcolica, segno che le uve a volte sono rimaste troppo a lungo sulla pianta, a volte per volontà del produttore, altre per errore. Ma nel complesso, chi è abituato a fare un buon Brunello questa volta ha fatto un grande Brunello. I migliori, però, sono quelli equilibrati, con una grandissima freschezza, una bella frutta, e un equilibrio stupendo. Ciò che differenzia i diversi Brunello - continua la O’Keefe - è l’esperienza: chi è alla seconda o terza generazione, con un’annata così lineare, ai limiti della perfezione, ha fatto un gran bel lavoro, mentre altri, come detto, hanno fatto vini troppo concentrati, proprio per mancanza di esperienza. I migliori, in definitiva, saranno al top tra 4-5 anni, ma continueranno ad essere eccezionali per altri 15-20 anni”.
Si aggiunge al coro Walter Speller, voce e firma dell’autorevole Jancisrobinson.com il primo ad arrivare a Montalcino per degustare i nuovi nati in casa Brunello: “avevo già l’impressione che fosse un’annata interessante e, dopo 140 assaggi ho la conferma che si tratta davvero di una grande vendemmia. Per la Riserva 2009, invece, siamo di fronte a vini molto ben fatti ma concentrati, privi dell’originalità e della caratteristica eleganza del Sangiovese”.
Affida il proprio entusiasmo ai social un’altra grande firma come Monica Larner, corrispondente in Italia per “The Wine Advocate”, che parla senza timore di “vini eccellenti, che fanno della 2010 un’annata iconica, quella che segna la fine delle paure adolescenziali e porta Montalcino nella maggiore età. Ma è anche un’annata - aggiunge la Larner - per la quale sarà fondamentale la pazienza, non siamo di fronte a vini immediati, anzi, è un’annata superba per testare il vero potenziale di invecchiamento del Sangiovese”.
Per Dwight Casimere, “thewinedoctor”, responsabile delle pagine food & wine del “Times Weekly”, “il 2010 è un vino “food-friendly”, che esprime il gusto della regione da cui proviene. E per il mercato americano sono convinto che sia importante promuovere il vino insieme al cibo, ponendo quindi attenzione anche alla gastronomia, come si fa in Italia”.
E a proposito di mercato, l’ottimismo a stelle strisce per l’annata 2010 del Brunello di Montalcino, ovviamente, non è solo della critica, ma anche dei protagonisti del mercato, che l’hanno assaggiata all’anteprima americana di Benvenuto Brunello. Grande l’affluenza agli appuntamenti di New York e San Francisco, dove sono arrivati in 1.600 tra wine master, giornalisti, ristoratori, sommelier e importatori. “Conosco pochi vini invecchiati che sono già così pronti per essere gustati. Il frutto - racconta la Master of Wine Christy Canterbury, che ha guidato gli assaggi newyorkesi - è morbido e maturo, i tannini sono già pronti”. Ottima anche le impressioni di Anthony Dias Blue, tra i massimi esperti di enogastronomia, protagonista della tappa di San Francisco: “il gusto dei consumatori americani – spiega - sta cambiando e c’è sempre più interesse a scoprire le diverse varietà di vino. Non ci sono più solo Chardonnay e Cabernet. Gli americani apprezzano e amano il cibo italiano, ma il Brunello che ho assaggiato non è adatto solo alla cucina italiana ma a ogni tipologia di cibo”.
Nunzio Castaldo, Vicepresidente di Winebow Group, che importa e distribuisce negli Stati Uniti il Brunello e altri vini da tutto il mondo, trova che l’annata 2010 abbia “grande equilibrio, una perfetta acidità che significa grandi aspettative nel tempo. È un “must-have” che ti connette al territorio e la tradizione montalcinesi”. Joe Campanale, direttore esecutivo per il settore beverage del prestigioso gruppo di ristoranti Epicurean, elogia l’annata 2010 per il livello di acidità ma anche per la maturità del frutto e la morbidezza dei tannini. “Per questo - aggiunge - credo che il Brunello 2010 avrà un’ampia finestra di fruibilità, ottimo giovane ma con un’acidità che lo renderà gradevole nel tempo”. Per Campanale “i newyorkesi adorano tutto ciò che è italiano e il Brunello rappresenta la più elevata qualità italiana. I consumatori americani, buoni conoscitori e con un’elevata disponibilità economica, si stanno sempre più appassionando e iniziano ad approfondire la conoscenza del territorio di provenienza del vino che consumano. Attraverso il Brunello - conclude Campanale - si accede alla storia, alla tradizione, al territorio e questo valore supera quello di altri vini nel mondo”.
Dall’altra parte della “barricata”, il feedback del vicepresidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, Francesco Ripaccioli, è ottimo: “è stata un’occasione importante per coinvolgere e fidelizzare chi fa opinione e influenza le scelte degli appassionati attraverso tutti i canali, dalla stampa ai ristoranti, dagli importatori ai sommelier, in un mercato strategico come quello americano, che rappresenta quasi il 30% dell’esportazione totale di Brunello”.
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