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3000 APPASSIONATI A DEGUSTARE IL MEGLIO DELL’ENOLOGIA TOSCANA “ALLA CORTE DEL VINO”. LANCIATA L’IDEA DELLA “CARTA PER L’USO SOSTENIBILE DEL TERRITORIO DEL CHIANTI”

“Su 3000 ettari del Chianti fiorentino, solo 1300 ettari conservano i tratti storici del paesaggio mezzadrile. E la manutenzione di queste caratteristiche costa circa 30 miliardi. Istituzioni locali e produttori devono quindi stringere una sorta di patto e fissare regole per tutelare il paesaggio storico del Chianti”. Lo ha detto il professor Paolo Baldeschi, docente di pianificazione territoriale dell’Università di Firenze, al seminario “La tutela del paesaggio da vincolo a risorsa … Verso una Carta per l’uso sostenibile del territorio chiantigiano”, a San Casciano Val di Pesa, a “Alle Corti del Vino”, la vetrina del grande vino toscano (86 tra i migliori winegrowers di Toscana, con 201 vini: dai “supertuscan” ai Brunello di Montalcino, dai Chianti Classico ai Nobile di Montepulciano), allestita nella suggestiva Villa Le Corti, una delle torri fortificate erette in linea sulla Val di Pesa a difesa di Firenze da Siena.

Ginolo Ginori Conti, presidente della Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico, ha ricordato che “sessanta anni fa il Chianti era coltivato a mezzadria e gli abitanti erano autonomi dal punto di vista del consumo. Dopo la guerra lo spopolamento ha lasciato lentamente spazio ad un ripopolamento, composto soprattutto da stranieri. Così i terrazzamenti sono stati sostituiti da coltivazioni intensive di vigneti e oliveti. Ma il territorio, per fortuna, non è stato sciupato dall’industrializzazione. I problemi ora sono l’urbanizzazione a volte selvaggia, il turismo che da elitario sta diventando di massa e la necessità di trovare un compromesso tra le esigenze economiche e la salvaguardia del paesaggio. La “Fondazione” ha fatto conoscere tra loro tutti sindaci del Chianti che ora cominciano a lavorare insieme, per trovare insieme una gestione “sostenibile” del territorio”. Da Ginori Conti, la parola è passata poi Ugo Fiechter, agricoltore e consigliere del Parco Nazionale delle Cinque Terre, che ha portato l’esperienza, recentissima, delle Cinque Terre, dove sono riusciti a trasformare un vincolo in risorsa: “la situazione era drammatica. 600.000 metri cubi di terrazzamenti, di cui solo un centinaio non era stato coltivato. Si voleva evitare lo spopolamento ma senza puntare sul turismo che le Cinque Terre hanno sempre avuto in abbondanza. Le terrazze abbandonate erano un pericolo. Si rischiavano caduta e dissesto. Così è nato il progetto di far adottare un vigneto da gente che avesse voglia di investire in manodopera locale (messa a disposizione dal Parco) e ripristinare le coltivazioni. Sono arrivate oltre 1000 sottoscrizioni e l’operazione che è ancora all’inizio dimostra di funzionare economicamente sotto molti aspetti, ma soprattutto da un punto di vista della salvaguardia del paesaggio”. A questa esperienza ha fatto eco la “Carta per l’uso sostenibile del territorio del Chianti”, presentata dal professor Paolo Baldeschi, docente di pianificazione territoriale dell’Università di Firenze: “un patto stipulato dalla società chiantigiana: uno statuto che dovrebbe segnare la strada verso il diventare distretto di questo territorio. La “Carta” ha continuato Baldeschi è in quattro parti: i principi fondamentali, il quadro conoscitivo della zona, le regole per la gestione e i progetti per la trasformazione. Insomma, una definizione di responsabilità di tutti i soggetti (enti locali e collettività chiantigiana), ma anche un progetto comune che promuova anche finanziamenti diversi, come è stato per le Cinque Terre”.

Dell’evento “Alla Corte del Vino”, la due giorni di San Casciano Val di Pesa che ha registrato 3000 appassionati a degustare il meglio dell’enologia toscana, “sono doppiamente soddisfatto: il successo dell’asta di vini (che ha fruttato al Maggio Fiorentino 132 milioni, ndr) ha ricambiato - spiega Duccio Corsini, ideatore dell’evento e rampollo di una delle famiglie più influenti e antiche dell’aristocrazia toscana, mecenati e collezionisti d’arte, promotori di importanti interventi architettonici - l’amore dell’opera per il vino, dai “lieti calici” ad un contributo concreto. Il successo di “Alla Corte del Vino” dimostra sempre la necessità di momenti dove il pubblico può scoprire chi c’è “dietro la bottiglia”: appassionati produttori che trasmettono amore per il vino”. A “Villa Le Corti” si sono poi anche analizzate le tesi dei produttori del Chianti Classico (che mette in moto, come ricaduta sul territorio, un giro d’affari annuo che sfiora i 1000 miliardi), divise tra i sostenitori del mantenimento della composizione tradizionale dell’uvaggio, con il tradizionale Sangiovese “in purezza”, e di chi è propenso invece ad utilizzare il cambio - peraltro già apportato - alla ricetta storica, con uve provenienti da vitigni internazionali (soprattutto merlot e cabernet).

Tra le altre aziende vinicole che hanno partecipato “Alle Corti del Vino”, Avignonesi, Badia a Passignano, Banfi, Biondi Santi, Castellare di Castellina, Castello del Terriccio, Fattoria del Cerro, Fattoria Le Pupille, Marchesi de’ Frescobaldi, Montevertine, Moris Farms, Poliziano, San Fabiano Calcinaia, San Felice, Tenimenti Ruffino, Capezzana, Tenuta di Trinoro, Fontodi, Guado al Tasso, Tenute Ambrogio Folonari … Carlo Ferrini, con 9 aziende (Castello di Fonterutoli, Fattoria Le Corti, Fattoria Nittardi, Poliziano, San Fabiano Calcinaia, Tenuta di Ghizzano, Tenuta Sette Ponti, Castello del Terriccio, Barone Ricasoli), e Giulio Gambelli, con 6 aziende (Castello di Cacchiano, Fattoria di Rodano, Montevertine, Tenuta di Lilliano, I Balzini, Fattoria di Rignana), sono i due enologi con più aziende in questa autorevole vetrina del vino toscano di qualità (a seguire, i loro colleghi Federico Staderini, Gabriella Tani, Maurizio Angeletti, Alberto Antonini, Maurizio Castelli, Nicolò D’Afflitto, Vittorio Fiore, Attilio Pagli).

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