I viticoltori biologici italiani sono non meno di 5.000, con almeno 25.000 ettari in tutte le zone viticole del Paese, con una produzione di eccellente qualità, apprezzata dal mercato internazionale, che assorbe dal 70 all'80% della produzione. E di vini biologici, prodotti senza l'uso di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti e altre sostanze di sintesi (con una riduzione al minimo degli essenziali
conservanti naturali) si è occupata “Biobacchus” (convegni e degustazioni nella villa seicentesca del Principe Aldobrandini a Frascati), che rientra in un progetto transnazionale di assistenza tecnica sulla viticoltura e la vinificazione con metodi biologici finanziato dall'Unione Europea.
L’evento è stato organizzato, tra gli altri, dalla Regione Lazio, dall’Associazione Nazionale
Citta' del Vino, dall’Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica.
In una nota stampa, “Biobacchus” (info: biobacchus@greenplanet.net ) spiega, tra l’altro, anche “come e quanto vengono usati i pesticidi, i diserbanti e gli insetticidi nella coltivazione dei vigneti”: “Theodor Mommsen faceva risalire il termine "vino" al sanscrito "venas", che significa "piacevole" (è a questo termine che deve anche il nome la dea Venere). La teoria del grande filologo tedesco, che accomuna gli effetti inebrianti di questo nettare degli dei alla gioia dell'amore, ha un suo fascino. Sfortunatamente, però, la coltivazione dei vigneti comporta un uso massiccio di pesticidi, diserbanti e insetticidi. Anche nella fase di trasformazione delle uve in vino non si scherza: il vino è uno dei pochi prodotti che, oltre a non recare la data di scadenza (fatto giustificato dalla superba resistenza delle migliori bottiglie alle ingiurie del tempo), neppure riporta l'elenco degli ingredienti e degli additivi. Oltre ai solfiti (che, se presenti oltre un certo livello, causano alle persone sensibili la tipica sensazione di mal di testa dopo aver bevuto anche una modesta quantità), sono autorizzati numerosi altri coadiuvanti tecnologici, dagli innocui caolino e bentonite per arrivare all'isosolfocianato di etile veicolato in paraffina o al ferrocianuro di potassio. Insomma, per realizzare 8000 bottiglie di vino (anche di etichette prestigiose o leggendarie), può essere stata utilizzata anche una tonnellata di sostanze di sintesi: ideale per accompagnare una costata di “mucca pazza” o un arrosto di “pollo alla diossina”, ma un pò troppo per godere un calice di vino pensando alle gioie dell'amore ... “
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