L’imitazione del “made in Italy” nel mondo, inclusi Sud America, Est europeo ed asiatico, arriva ogni anno alla somma record di 52 miliardi di euro: è la stima di Federalimentare che, “di fronte all’affiorare di scandali veri o presunti sul fronte della produzione alimentare, precisa che la contraffazione è essenzialmente un fenomeno estero. L’industria alimentare ne è vittima al pari del consumatore”. Non è difficile ipotizzare, secondo Federalimentare, che l’intero business della contraffazione ed imitazione estera, anche se il mercato nord-americano è al top del fenomeno, si avvicini a 3 volte l’export dell’industria alimentare nazionale, che nel 2007 ha toccato quasi 18 miliardi di euro.
“Per tutelare il patrimonio alimentare italiano - afferma Giandomenico Auricchio, presidente di Federalimentare - è necessario il coordinamento tra il mondo delle imprese e le istituzioni. Non sono necessarie nuove norme, bisogna solo applicare quelle che già esistono”.
Secondo una stima presentata dall’Ice alla Camera di Commercio a Parma, nel Nord America (Usa e Canada), considerando “100” la quota di esportazione di prodotti alimentari italiani autentici, il cosiddetto “Italian sounding”, cioé l’imitazione, supera quota 300.
“Se fosse possibile eliminare integralmente la presenza di prodotti imitativi - afferma Federalimentare - le imprese italiane crescerebbero sul mercato nord-americano, da un export di 3 miliardi a circa 9 miliardi di euro. Da solo, infatti, il mercato nordamericano è il secondo sbocco del “food and drink” nazionale, con una quota pari al 14,7% del totale esportato, dopo il 17,7% della Germania. “Qui è lo scandalo - secondo Federalimentare - per la quale il falso “made in Italy” comporta “una sottrazione di mercato macroscopica, tanto più grave in una fase come quella presente che avrebbe bisogno di maggiore spazio e compensazione all’estero. L’industria alimentare sta incontrando crescenti difficoltà di fronte al calo dei consumi che presenta il mercato interno, e che i mercati esteri possono recuperare.
“Il falso “made in Italy” - ricorda Federalimentare - non fa altro che danneggiare all’estero l’immagine dell'originale, su gusto, qualità e sicurezza; mentre ogni anno l’industria alimentare italiana spende in ricerca, per qualità e sicurezza, circa 3 miliardi di euro”.
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