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IL VINO NELLA STORIA

"VINO": LA DERIVAZIONE ETIMOLOGICA

"Vino" ha origine dalla parola sanscrita "vena", formata dalla radice ven (amare, da cui Venus, Venere). Questa parola ha dato luogo alle altre definizioni: "oinos", in greco; "vinum", in latino: "wein" e "wine" nelle lingue germaniche e anglosassoni. Il vino è, dunque, storicamente per tutte le civiltà, fonte di vita, di gioia, d'amore e di voglia di vivere.



LE ORIGINI

La Bibbia narra che il patriarca Noè, quando si accinse a coltivare la terra, "iniziò col piantare la vite". Come dimostrano diversi ritrovamenti archeologici, la Vitis Vinifera cresceva spontanea nelle foreste già 300.000 anni fa. Gli uomini, oltre a dare a questa pianta rampicante un significato mistico, impararono ben presto a ricavare il meglio dai suoi frutti. Le prime tracce sulla coltivazione della vite sono in Asia Minore, sulle rive del Mar Caspio e le prime testimonianze documentate sono invece nelle tavole di Hammurabi, nel 1700 a.C. (dove risulta che la viticoltura era diffusa, ed ordinata in filari, in Mesopotamia ed a Babilonia). Ma è soltanto con gli Egizi, e le loro grandi opere d'irrigazione dei terreni e di canalizzazione delle acque del Nilo, che si sviluppa la coltivazione della vite e quindi la produzione di vino. Così, il vino va a sostituire, pian piano, le altre tradizionali bevande (soprattutto l'idromele: miele fermentato ed addizionato d'acqua). Erodoto descrive le grandi feste dell'ubriachezza che gli Egizi celebravano in occasione della luna nuova e del plenilunio.


LA MAGNA GRECIA. L'ANTICA ROMA. I GALLI.

La "sacralità" della vite e del vino è però più evidente e sviluppata nelle tradizioni religiose e letterarie sia dei Greci che dei Latini. Nell'Olimpo delle divinità greche, un posto importante era riservato a Dionisio, figlio di Zeus e protettore della natura, ed a Roma, la devozione verso Bacco, il dio dell'uva e della felicità, era molto diffusa: spesso le gioiose cerimonie in suo onore, i baccanali, si coloravano di aspetti molto popolareschi e goderecci (poi regolamentate per reprimere gli eccessi). Il vino era riservato solo agli uomini: le donne non potevano avvicinarsi a questo liquido sacrificale, per loro impuro. All'inizio, il vino era poi un vero e proprio "status symbol": un prodotto elitario per l'elevato costo e quindi riservato alle classi ricche e nobili. Poi, grazie anche alla diffusione ad opera dei Romani, nell'Impero, in Europa e nel mondo bizantino, come raccontano i letterati del tempo (ed in particolare Orazio), il "mercato" di vino si allargò ed il suo consumo raggiunge a Roma i 200 litri all'anno procapite: nascono le taverne e la bevanda si avvia a diventare alimento di consumo quotidiano. Il vino comunque era molto diverso da quello di oggi: sciropposo, dolce e molto alcolico (il perchè è da ricercarsi soprattutto nella tecnica di bollitura alla quale veniva sottoposto per evitare il deterioramento nel tempo). Si doveva allora allungarlo con acqua, correggerlo con miele, aromatizzarlo con spezie, sale e fiori, a seconda del gusto dei bevitori. La sua conservazione avveniva in recipienti di terracotta rivestiti di pece, nei piani superiori delle case, vicino alle canne fumarie: assumeva così gusti resinati e affumicati. Nella "Naturalis Historia", un'enciclopedia in 37 libri, testo scientifico fondamentale per tutto il Medioevo, Plinio il Vecchio stila la prima classificazione, individuando 80 zone d'elezione e 185 vini. Con l'avvento del Cristianesimo, il vino nelle cerimonie religiose torna ad assumere un significato profondamente mistico ed intenso. I Galli, intanto, creano la botte di legno, un'invenzione-rivoluzione sia per la vinificazione che per i trasporti.


LA FAVOLA DI BACCO

La letteratura romana minore ha tramandato una favola che ben testimonia il "carattere" di Bacco. La "benvoluta" divinità, a capo di un esercito celeste, vuole conquistare il mondo e si prepara a dure lotte, rifiutando però ostinatamente l'uso delle armi. E quando Giove gli ordina di conquistare l'Egitto, Bacco consulta Sileno, il suo protettore: " … se non vuoi spargere sangue, spargi qualcos'altro che gli somigli" suggerisce Sileno, il quale presenta a Bacco una strana pianta con frutti assai buffi, tanto amanti della compagnia da stare raggruppati in moltitudine attorno al gambo. "Da questi frutti puoi ricavare un liquido portentoso, dal sapore delicato ma di colore simile al sangue. Chi ne beve avrà in dono forza, energia e coraggio. Ma chi eccede nella libagione, avrà le membra conquistate dal sonno e dalla stanchezza". Così Bacco riuscì a rendere invincibile il suo esercito ed a sconfiggere gli agguerriti nemici.


IL MEDIOEVO: I MONACI SPERIMENTANO UVAGGI E TECNICHE

Con il tramonto di Roma e la calata dei "barbari", la viticoltura va in crisi. Una situazione che solo l'imperatore Carlo Magno riesce a risollevare, grazie ad incentivi all'agricoltura e ad una stabilità politica. Gli artefici del nuovo corso sono i monaci benedettini e cistercensi, che nei territori dei monasteri e nelle abbazie danno impulso alle coltivazioni essenziali per la loro comunità e per le popolazioni, inventano nuovi uvaggi e sperimentano tecniche (non è un caso che sia un benedettino italiano a creare il metodo della rifermentazione in bottiglia, poi ripreso da Dom Perignon, altro benedettino che ha dato i natali allo Champagne). Ma anche il costante lavoro dei contadini-vignaioli, che con i loro saperi, tecniche, specializzazioni ed usi, sono stati a disposizione dei proprietari terrieri: sono loro i protagonisti della rinascita enologica europea e quelli che hanno permesso alla cultura della vite e del vino di arrivare fino a noi. Nel Medioevo, si sono consolidate molte delle pratiche in vigna e di cantina, che poi sono restate quasi immutate fino al XVIII secolo (è del 1303 il più importante testo sull'agricoltura ed enologia del Medioevo: il Liber Commodorum Ruralium di Pier de' Crescenzi).


IL RINASCIMENTO: IL VINO E' UN PIACERE DI VITA PER I RICCHI

E MEZZO D'EVASIONE PER IL POPOLO


Con la scoperta dell'America, l'epoca delle grandi navigazioni e del Nuovo Mondo, la produzione, il consumo e il commercio del vino sono già un fenomeno di considerevole interesse economico. Il vino diventa, insomma, per le classi popolari, un facile mezzo d'evasione dalle fatiche quotidiane ed un'insostituibile fonte di calorie a basso prezzo, e, per i nobili e la borghesia, uno dei più raffinati piaceri della vita. Dal Concilio di Trento (1545), il vino non è più dispensato, insieme al pane, ai fedeli nella comunione eucaristica (per questo il clero coltivava estesi vigneti).


DAL SEICENTO AL SETTECENTO: LA FRANCIA E' GIA' LEADER

Sono i secoli dell'incremento dei consumi (con grandi problemi d'alcolismo) e di produzioni di bassa qualità, ma anche delle prime mappature di vigneti e di territori a vocazione vinicola. C'è poi l'arrivo di altre bevande (gin, acquavite) e di nuovi prodotti (caffè e cioccolata), che portano inevitabilmente il mondo del vino verso la crisi, con molti vignaioli costretti a cercare nuove strade. Nel Settecento, la svolta della qualità, per il target alto di consumatori: vini più stabili, gusti più sicuri, conservazione in bottiglie di vetro e tappi di sughero. Il periodo e la filosofia dell'Illuminismo dà impulso anche alle tecniche di produzione e alle conoscenze scientifiche: in tutto il mondo, si piantano vigneti. Nasce la leadership della Francia, che, per prima esporta e diffonde nel mondo, i vini di Bordeaux e dello Champagne.


L'OTTOCENTO: ARRIVA LE MALATTIE DELLA VITE

E' il secolo delle malattie della vite, alcune arrivate dall'America: nel 1851, l'oidio, un fungo sconosciuto (che poi sarà combattuto felicemente con lo zolfo), e poi la filossera (un afide che attacca e uccide la vite alla radice). Le ripercussioni per la viticoltura sono molto gravi: distruzione dei vigneti in tutte le zone meno vocate alla viticoltura. Le vigne autoctone saranno sostituite con piante dal piede americano sul quale è inserito un portainnesto europeo: il gusto dei vini cambia. D'ora in avanti, i vigneti sono sistematicamente irrorati di zolfo ed altre sostanze per combattere l'oidio e la peronospora.


IL NOVECENTO: IL SECOLO DEI PROGRESSI DEL MONDO DEL VINO

La Francia, in avvio del secolo, prima al mondo, legifera in maniera di vino, ampliando ancor più il vantaggio che già aveva sugli altri Paesi produttori: arriva così la denominazione "Appellation d'Origine Controllée (AOC)", la delimitazione delle zone vinicole, la produzione massima per ettaro, i cru, gli organi di verifica e controllo sul rispetto della legge da parte dei vignaioli. L'Italia arriva invece agli stessi risultati legislativi molto più tardi (le Doc e Docg sono del 1963), poi migliorati con la legge 164/1992 (questa nuova legislazione classifica i vini secondo una struttura piramidale; distingue ulteriormente i livelli qualitativi, con nomi di zone, sottozone, comuni, frazioni, microzone, fattorie e vigne; riconosce il principio della scelta vendemmiale, ovvero l'opportunità per il vignaiolo di utilizzare più denominazioni per uno stesso vigneto; potenzia il controllo dei Consorzi di Tutela e chiarisce meglio i loro compiti). I progressi più grandi del mondo del vino sono stati, comunque, compiuti negli ultimi 30 anni, grazie alle ricerche scientifiche applicate in vigna e l'innovazione tecnologica in cantina. Il Novecento è poi il secolo del calo dei consumi ("bere poco, ma bere bene"), della riscoperta degli effetti benefici del vino sulla salute, dello scandalo al metanolo (1986), della guerra del vino per i vini da taglio tra Italia e Francia (metà degli anni Settanta), del lancio dell'enoturismo e della socialità del vino, della passione per le "blue chips" e del matrimonio tra vino e finanza, e, di recente, della corsa alla valorizzazione dei vitigni autoctoni.

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