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SOAVE SUPERIORE "PIEVE VECCHIA ‘99" DI FASOLI DI COLOGNOLA AI COLLI E’ IL MIGLIOR VINO BIOLOGICO D’ITALIA: LO HA STABILITO IL CONCORSO INTERNAZIONALE DEI VINI BIOLOGICI DI VERONA

Ormai i vini biologici si stanno sempre più staccando da quell’immagine che li voleva prodotti “senza chimica” ma anche di scarsa qualità. Lo ha messo in splendida evidenza il concorso internazionale dei vini biologici, svoltosi dal 10 al 12 novembre a Sant’Ambrogio di Negrar, in provincia di Verona. E lo dimostra anche l’interesse di un numero sempre maggiore di aziende, tra le quali anche alcuni nomi prestigiosi, che da qualche anno hanno scelto di investire anche in produzioni biologiche. Ma veniamo al Concorso che quest’anno ha visto vincere un vino italiano scelto tra oltre 200 campioni di vini provenienti da tutto il mondo.

Si tratta del Soave Superiore “Pieve Vecchia 1999” dell’azienda agricola Gino Fasoli di Colognola ai Colli (Verona) il vino che ha totalizzato un punteggio di ben 97/100. Lo seguono a ruota un vino spagnolo (“Lignum Negre” ‘98, un Penedes di Albet y Noya) e un merlot francese (“Merlot dom.Soulié” ‘98, di Domaine de Soulié). Un altro bianco veronese compare al quarto posto: è il Bianco di Custoza ‘98 della Cooperativa Agricola “Ottomarzo” (Sant’Ambrogio di Valpolicella, Verona). Tra i 230 campioni di vino organico provenienti da 10 paesi, sono in tutto appena 31 quelli che hanno superato gli 85 centesimi di valutazione e che per questo verranno premiati nel corso del prossimo VinItaly. Nella lista dei vini vincitori gli italiani sono tredici, provenienti da Piemonte, Toscana, Emilia Romagna e Veneto, mentre gli altri sono austriaci, francesi, spagnoli e statunitensi. “La crescente partecipazione di aziende italiane ed estere a quello che finora è l’unico concorso internazionale dedicato ai vini biologici in Italia - commentano gli organizzatori della rassegna - è un segnale indicativo dell’interesse con cui si guarda a questo tipo di vitivinicoltura anche da parte di aziende convenzionali già da tempo sul mercato”.

Le ragioni di una scelta “bio” non sarebbero perciò da ricercarsi unicamente in questioni di mercato, che pure hanno il loro peso dato il forte trend ascendente che il vino biologico sta registrando già da alcuni anni, ma anche in motivazioni di carattere culturale: sempre più le persone manifestano l’esigenza di sapere che cosa mangiano e da dove proviene ciò che mangiano. La selezione operata dalle commissioni d’assaggio, formate da una quarantina di giudici tra enologi e tecnici italiani e stranieri e alcuni giornalisti specializzati, si è rivelata comunque molto rigorosa, e ha portato alla luce una situazione di qualità del vino biologico che pur essendo generalmente buona rivela comunque una certa disomogeneità: “Tecnologia ed esperienza sono d’importanza vitale nel settore del biologico - spiega Sandro Lanza, responsabile commerciale della Cooperativa “Ottomarzo” - Nel biologico sono presenti molte realtà produttive piccole o molto recenti o entrambe le cose che per questo motivo ancora non dispongono della tecnologia e dell’esperienza necessarie. Per questo è interessante che aziende già affermate nella viticoltura convenzionale si aprano anche a quella biologica, perché già dispongono del necessario know-how tecnico e umano fondamentali per assicurare sempre un’elevata qualità al prodotto finale”.


Fabio Piccoli

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