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ICE: NEL 2001 CALA L’EXPORT DEL VINO ITALIANO, MA SOLO DI QUELLO DI SCARSA QUALITA’

“Secondo le nostre previsioni, il 2001 dovrebbe chiudersi con un calo del 10% delle esportazioni dei nostri vini” – lo affermato oggi a Winenews Leonardo Montemiglio, responsabile ufficio vino e bevande dell’Istituto del Commercio Estero (Ice). Si tratta di gustose anticipazioni dei dati che l’Ice presenterà all'ormai prossimo Vinitaly di Verona (5/9 aprile).

“Lo scorso anno, che si è trattato di un anno record per i nostri vini sui mercati esteri abbiamo esportato – ha proseguito Montemiglio – circa 18,5 milioni di ettolitri. Per quest’anno le nostre stime parlano di un export tra i 17 e i 17,5 milioni di ettolitri”. "Ma non è un calo che deve preoccupare - ha spiegato Montemiglio - perchè a perdere il passo sui mercati esteri sono i nostri vini venduti allo stato sfuso. Mentre prosegue il trend di crescita dell’export dei nostri vini in bottiglia e a denominazione". “Questi vini – ha detto Montemiglio – è dal 1986 che conoscono un trend di crescita. E questo la dice lunga di come sia vincente per il nostro paese la strada della qualità".

“Andando a guardare i diversi mercati – ha aggiunto Montemiglio – ci si accorge che i nostri vini stanno crescendo soprattutto sui mercati dei Paesi cosiddetti alternativi come quelli del Sud est asiatico (Giappone in primis) e del Nord America. E questo è un ottimo dato che ci consente di aprire e di diversificare gli orizzonti dei nostri prodotti. In calo, invece, per i nostri vini sono invece i mercati tradizionali come quello della Francia (-15%) e della Germania (-5%). Come pure in calo, quasi dimezzato, è l’export dei nostri vini in Spagna e in Portogallo che sono tradizionalmente acquirenti del nostro vino sfuso”. Ma per Montemiglio non bisogna dormire sugli allori: “è in questi momenti di successo, quando i tuoi vini sono richiesti su tutti i mercati che bisogna pianificare per il futuro investendo ancor più risorse sulla qualità e sulla promozione dei nostri vini”.

Su quale è la chiave di successo dei nostri vini sui mercati esteri, Montemiglio non ha dubbi:” la tipicità, intesa come originalità dei nostri vini che li rende unici. Inutile nasconderci che per noi il mercato dei vini internazionali può essere affrontato solo dai grandi gruppi che hanno la forza commerciale di competere con i colossi francesi e soprattutto con quelli del nuovo mondo. Ma per la grande massa delle produzioni enologiche italiane la tipicità frutto dell'utilizzo di varietà autoctone è la vera e unica arma per rimanere competitiva sul mercato internazionale”. “Il Chianti, tanto per fare un esempio – ha concluso Montemiglio – è da anni che tentano di imitarcelo, ma con risultati decisamente insoddisfacenti per nostra fortuna”.


Fabio Piccoli

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