L’attore e regista toscano Roberto Benigni, che sta per iniziare le riprese del suo nuovo film su Pinocchio, è stato intervistato dal giornalista Paolo Corbini per la rivista “Vino & Città” delle “Città del Vino”, in uscita in questi giorni, su i territori ad alta vocazione enologica, sui suoi vini preferiti, sul rapporto con la bevanda di Bacco ed il cibo … e così Benigni si è lasciato andare a “meglio il vino dell’Oscar” …
Di recente, ha vinto il premio “Città del Vino”, e quindi 2.400 bottiglie di 400 territori del vino, davvero, un’esclusiva e variegata cantina, che rappresenta al meglio la tipicità italiana. Come hai preso la notizia della vittoria del premio delle “Città del Vino” ?
Da quando si è sparsa la voce, tutti mi chiedono delle bottiglie di vino. Ed io dico a tutti, caso mai vi do gli Oscar ma non il vino. Sono un astemio condannato alla lucidità; devo perdere il vizio di non bere, che è un viziaccio tremendo. Ed io essendo astemio sono un gustatore di vini eccellente perché a tutti i tavoli sono quello che assaggio il vino e avendo il palato vergine sento le differenze infinitesimali dell’acidità, della gradazione, della struttura della vertebra, del cuore, del fegato del vino, proprio delle interiora stesse, dell’anima. Io so quante costole ha ogni marca di vino.
Vedo che sei preparatissimo. Hai fatto un corso di sommelier per caso?
No, ma andando a giro per il mondo e sapendo che sono toscano tutti mi parlano del vino. Sono andato in America ed ho incontrato Francis Ford Coppola, il grande regista, che mi ha fatto vedere le sue vigne in Napa Valley. Lui fa un vino particolare, devo dire anche buonissimo. E Steven Spielberg mi ha persino regalato una bottiglia di Sassicaia ’95.
Il tuo rapporto con il vino quale è ?
Stai parlando con un vero contadino toscano. Io, come nella Bibbia, ho visto mio padre ignudo in mezzo alle vigne, come Noè. Io l’ho pestato con i piedi il vino, anzi l’uva, con tutti gli insetti intorno, ragni che circolavano, l’ho pestato proprio come una volta.
Il 31 marzo è morta la bistecca fiorentina. Che ne pensi ?
Questo è un gran dolore per me. Mi ricordo quando da ragazzino vedevo proprio quelli più ricchi che buttavano via il filetto. Sai che i veri gustatori una volta buttavano via il filetto? Che per l’aristocrazia il filetto non era la parte meglio, lo era invece per il popolo. L’aristocrazia con il filetto ci spegneva i sigari. Io me lo ricordo bene tutto questo, quando c’erano le feste vere. Questa della bistecca fiorentina è una morte micidiale. È veramente una sciocchezza.
Il divieto durerà fino a dicembre.
Fino a dicembre? Non lo dovevano neanche mettere il divieto! Perché così mi hanno ammazzato l’anima, e io preferisco morire nel corpo più che nell’anima.
Il tuo rapporto con il cibo è più che godereccio, non è vero ?
Certo! Per me il fagiolo all’uccelletta è come il campanile di Giotto, è una cattedrale gotica, una bellezza tutta da vedere !
Ti consideri anche tu stesso un prodotto tipico ?
Certo, figurati che vorrei essere mangiato. A me piace tutto ciò che è corporale. Sono nato con questa passione addosso; vedi che ho la tensione a toccare, a palpare, ad avvicinarmi il più possibile per mordere. Mi piace fagocitare l’affetto degli altri e far fagocitare il mio. Mi paragonerei a un vitellino chianino.
Stai lavorando al tuo nuovo film su Pinocchio. Tra Pinocchio e il cibo che rapporto c’è ?
Strettissimo! Si parla sempre di mangiare nel mio film. Lui, Pinocchio, cerca sempre da mangiare. Lui sogna di mangiare dalla mattina alla sera. La sua è una figura che viene proprio dalle maschere della commedia dell’arte, che sono belle perché dietro di loro hanno un esercito di morti di fame. Questa è la grandezza di Pinocchio. Parla sempre del mangiare. Per un grappolo d’uva rubato Pinocchio fu costretto a fare il cane da guardia tutta una notte.
Il film quando uscirà?
Le riprese dovrebbero iniziare questa estate.
A parte il Chianti, vino simbolo della Toscana, quali altri vini hai assaggiato e quali ti piacciono di più ?
Tutti i vini siciliani, i vini umbri, tutti i vini di corpo. I vini del Corvo (di Salaparuta, ndr) mi fanno andare al manicomio. Son dei vini di potenza e garbatezza, s’associano bene. Son dei rossi che hanno uno splendore ed uno scintillìo, che me ne basta un sorso per andare nel paese dei balocchi.
Pensa che mia moglie è romagnola e andiamo spesso a Cesena. Li abbiamo un bel poderino con una piccola azienda agricola che abbiamo dato in gestione, e facciamo persino il vino biologico. Abbiamo un Sangiovese doc, di quelli che hanno vinto un primo premio per il rapporto qualità /prezzo.
I sindaci sono i protagonisti delle Città del Vino. Cosa vorresti dir loro ?
Che c’è sempre più bisogno della qualità, delle persone per bene che si curano delle cose e che cercano di proteggerle.
In molti stanno riscoprendo l’agricoltura, il turismo del vino. Che ne pensi ?
Noi siamo venuti dalla terra. Non si deve dimenticare mai da dove siamo venuti. Se ci si scorda da dove si viene, non si può sapere dove si va. E’ una bella cosa; in campagna si può avere uno scintillio, un barlume di luce, una meravigliosa immagine accecante di sole davanti a noi. I giovani dovrebbero imparare a stare in campagna, dovrebbero per forza toccare il pampano, sapere cosa vuol dire la parola vite, acino. Un poeta persiano, Omar Kayyahm, cantava secoli fa il vino in modo universale; leggerlo ti fa sentire il sapore della vita, quartine indimenticabili. Ecco, la vite e il vino danno sapore alla vita. Comunque questo è il premio più bello che abbia mai ricevuto. Un bacione a tutti i sindaci delle “Città del Vino”.
Paolo Corbini
Giornalista e Addetto Stampa “Città del Vino”
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