Ezio Rivella è da poco più di una settimana alla presidenza dell’Unione Italiana Vini. Lo abbiamo intervistato per sentire con quale animo si appresta ad intraprendere questa nuova avventura, dopo le tante vissute nella sua carriera, e quali le principali emergenze che si trova ad affrontare con questo nuovo ruolo.
Come deve essere l’Unione Italiana Vini di Ezio Rivella ?
Innanzitutto, devo ammettere onestamente che prima di presentare un programma dettagliato devo cercare di conoscere al meglio l’Unione che, a causa di impegni lavorativi, avevo frequentato poco in questi ultimi anni. Inoltre devo ascoltare attentamente anche tutti i pareri di chi da anni opera in questa organizzazione della lunga storia. Detto questo, credo che l’Unione Italiana Vini deve diventare un punto di riferimento per tutti i produttori vitivinicoli. Se si guarda i nomi degli associati, infatti, non si può negare che ci si trova di fronte ad una organizzazione dal grosso peso, credo, però sia necessario adeguare la struttura alle esigenze del mercato attuale. Gli associati, infatti, sentono la mancanza di un punto di riferimento non solo sul piano sindacale ma anche su quello della promozione.
Prende una Unione in un momento particolarmente felice per il vino italiano ?
In effetti non si sono grossi problemi in questo momento per il vino italiano che, anzi, rappresenta l’unico prodotto agricolo che sta vivendo una fase di successo. Oggi, infatti, non si può negare che il vino italiano faccia tendenza, ora, però bisogna far diventare di moda anche i produttori.
In che modo ?
Come già detto cercando di creare una struttura che risponda al meglio alle esigenze odierne dei produttori. Un sistema informatizzato per le cantine, ad esempio, ma anche pianificazioni di azioni promozionali. Credo, infatti, che non possiamo assolutamente dormire sugli allori.
E’ ottimista ?
Certo, anche se non mi illudo che sia una strada facile.
Una prima “grana” potrebbe essere già il decreto sull’erga omnes ai Consorzi di tutela, che ha scatenato non pochi problemi ?
E’ vero, questo decreto non è stato certo ben digerito da numerosi ambienti del mondo vitivinicolo italiano. Io stesso credo sia un brutto decreto che affida ai Consorzi un ruolo che non gli spetta e per il quale non hanno una struttura adeguata. Penso, infatti, sarebbe stato molto meglio seguire la strada dei francesi che con l’Inao, l’interprofessione, hanno trovato la via migliore.
Come mai trova che i Consorzi non sono le strutture più adatte per questo compito ?
Perché i Consorzi sono una struttura volontaria che da sempre intrattiene rapporti clientelari con i propri soci in misura del loro peso. E invece servirebbe una struttura indipendente come lo è appunto l’interprofessione. E poi, siamo onesti, in Italia i Consorzi che funzionano non sono più di cinque e quindi mi sembra ancor più difficile affidare loro un compito così complesso.
Cosa succede, allora, se questo decreto passa definitivamente ?
Io penso che questo decreto finirà male è infatti sufficiente che qualcuno facci ricorso al Tar per far saltare tutto.
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