In Inghilterra e negli Usa, sono ormai una realtà consolidata: un esempio importante può, infatti, essere considerato il “Redgold Wine Investment”, il fondo chiuso che ora il suo creatore, il finanziere francese Christian Roger, si sta preparando ad aprire al pubblico, fondo che ha avuto punte di rendimento vicine al 30% sfruttando l’assunto che i vini di grande pregio beneficiano di quotazioni tendenzialmente al rialzo. Anche in Italia qualcosa comincia a muoversi sul fronte dei fondi di investimento in vino (che fino ad ora hanno avuto difficoltà a partire a causa di una legge sul risparmio troppo complessa e protettiva), grazie ad una recente normativa che permetterebbe di includerli tra le operazioni delle Sim. Non si parla, comunque, soltanto di scommettere sui vini blasonati, anzi l’attrattiva principale è costituita da quelle aziende che stanno sviluppandosi raggiungendo dimensioni sempre più rilevanti: non dimentichiamoci che per interessare una società di investimento il fatturato si deve attestare sui cento miliardi di lire, traguardo che è possibile raggiungere raggruppando diverse realtà produttive in un unico brand. E’ importante che le aziende abbiano un’immagine forte ed una prospettiva di crescita dei volumi sostenuta, oltre ad essere organizzate nella comunicazione e nei rapporti con la distribuzione. L’obiettivo di un fondo è quello del ritorno sull’investimento del 30%, target difficilmente raggiungibile se nella valutazione degli assets se si va a tener conto del patrimonio dato dai terreni vitati, specialmente se si trovano nelle zone più prestigiose (in Trentino, Piemonte e Toscana alcuni cru raggiungono quotazioni di un miliardo ad ettaro) ed è per questo che le società di investimento sono interessate soltanto all’attività di produzione e vendita del vino, quindi la soluzione per le aziende è quella di dividere la società di proprietà da quella di gestione proponendo al fondo solo quest’ ultima. Proseguendo su questa strada, tra non molto anche da noi sarà possibile avere dei prodotti simili al fondo azionario sul vino aperto al pubblico lanciato in Francia dalla banca “Societè Genèrale” o al “Bordeaux Index”, che tratta sul mercato inglese i titoli in bottiglia o ancora ad altre iniziative del genere create in Canada ed in Svizzera.
Ma, parallelamente, ai fondi di investimento, il vino di pregio, grazie a uomini di finanza che sono anche produttori, sta diventando argomento d’interesse per altre iniziative finanziarie. Una di queste vede come promotore Claudio Ciastellardi, che, con Emprimer, sta lanciando una nuova iniziativa, d’intesa anche con la merchant bank Meliorbanca (guidata da Pierdomenico Gallo - grande appassionato di vini, soprattutto piemontesi - la cui passione per il vino lo ha portato già a progettare una serie di iniziative finanziarie in campo enologico). Emprimer, che presto si trasformerà in Spa (ne faranno parte gruppi bancari, finanziari, assicurativi tra i maggiori d’Italia), con tecnici esperti in vigna e cantina (tra tutti, lo “scienziato del vino”, l’enologo Donato Lanati), distribuzione, promozione, potrà finanziare iniziative per aiutare il piccolo e il medio produttore a rimanere indipendente ed a conquistarsi spazi sul mercato attraverso la qualità e la tipicità. “I compratori dei prodotti finanziari sono di massima di due tipi - spiega Ciastellardi - e hanno a disposizione diverse scelte. Il primo tipo è l’investitore amante del vino: il prodotto ideale è il prestito obbligazionario con warrants, ossia opzioni di acquisto, per vini unici a prezzi molto convenienti; il secondo tipo è l’investitore non necessariamente amante del vino, ma interessato a investimenti che hanno un forte potenziale di crescita”. “Presto - continua - presenteremo una nuova iniziativa nell’area dei prestiti obbligazionari. E, entro i primi mesi 2002, è una speranza, prevedo un ingresso nel mercato borsistico accompagnati da Borsa Italia Spa”. “Ma - conclude Ciastellardi - vorrei anche dire che la finanziarizzazione di un settore va di pari passo anche con la sua maturità economica e del comparto”.
Ma “Gli strumenti finanziari per il sostegno del mercato del vino e delle aziende vitivinicole” sarà uno dei temi di punta del Salone del Vino (dal 15 al 18 novembre) a Torino: saranno presenti al convegno "Il vino un bene liquido ?", in calendario il 16 novembre, Paul de Sury, professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari dell’Università di Torino, Barbara Alemanni dell’Università Bocconi di Milano, Claudio Ciastellardi, presidente di Emprimer, la Borsa Valori di Milano, la Casa d’Aste Christie’s e come testimonial di cantine, che hanno sperimentato forme di vendita en primeur, Ezio Rivella, oggi presidente dell’Unione Italiana Vini - per l’esperienza dei futures alla Castello Banfi di Montalcino - e Giovanni Geddes de Filicaja, amministratore delegato della Marchesi de’ Frescobaldi - per l’emissione di obbligazioni convertibili guidata da Mediobanca, operata dall’azienda toscana.
L’esempio - Claudio Ciastellardi (Emprimer):
“così lanceremo i nuovi futures …”
“Il certificato per l’acquisto di un vino - che potrà essere messo in borsa - sarà pronto nel 2005. La prima quotazione che il mercato darà di questo vino, che ancora non esiste, sarà di 10.000 lire la bottiglia (il prezzo, chiaramente, è un esempio, ndr). L’investitore potrà così prenotare 100 casse da 6 bottiglie e verserà un acconto di 1.000 lire la bottiglia per un totale di 600.000 lire. Il restante lo pagherà nel 2005. Ma, dopo due settimane, a causa della buona domanda sul mercato borsistico di quel vino, il prezzo potrebbe ragionevolmente salire fino a 12.000 lire la bottiglia. L’investitore, quindi, con un esborso di sole 1.000 lire avrà guadagnato 2.000 lire in soli quindici giorni e, se vuole, potrà vendere oppure attendere quando, al termine del periodo di maturazione del vino, la bottiglia sarà posta sul mercato a un prezzo prevedibilmente molto superiore. Tendenze e previsioni sull’evoluzione del prezzo del vino, nei prossimi anni, spiegano che il trend sarà comunque in crescita. Questo sarebbe un vero esempio di “futures” (non quelli di cui si parla quando si vende “en primeur”, ndr), da applicare alle “blue chips” ma anche ai vini che “saranno famosi”.
Massimiliano Calandrini
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