La ricerca spaziale degli ultimi anni non è stata rivolta esclusivamente a cercare la vita su Marte o a indagare i misteri dell’universo: anche sulla Terra l’azione dei satelliti è stata valutata e sperimentata, e potrebbe presto portare ad una rivoluzione in agricoltura. In Italia uno dei primi pionieri ad avvicinarsi alle nuove tecnologie è Jacopo Biondi Santi, storica griffe del Brunello di Montalcino: “Sarà la ricerca spaziale, in un futuro prossimo, a permetterci di “pilotare” il lavoro all’interno dei vigneti, attraverso mappature del territorio realizzate dai satelliti. Questi infatti sono in grado di fornire informazioni dettagliate sullo stato del vigneto e del suolo, sulle mutazioni del territorio in relazione all’evoluzione del clima e sulle potenzialità di una determinata zona”.
Nella sua tenuta del Castello di Montepò (360 ettari), una suggestiva fortezza di straordinario fascino architettonico nel cuore della Maremma, Jacopo Biondi Santi produce da alcuni anni blasonati supertuscan, come il Sassoalloro, il Montepaone e lo Schidione, insieme al Morellino di Scansano. Qui Jacopo Biondi Santi sta lavorando per coniugare la tradizione con i più sofisticati strumenti messi a disposizione dalla tecnologia: proprio con la finalità di ottimizzare la produzione della sua azienda partendo da un’analisi rigorosa del contesto ambientale, l’erede della storica griffe del Brunello ha realizzato, assistito da un team di tecnici, uno studio computerizzato della tenuta. Il Castello di Montepò rappresenta il coronamento di un progetto avviato con l’obiettivo di diversificare la produzione tradizionale della famiglia Biondi Santi - che agli inizi dell’Ottocento ha “inventato” il Brunello di Montalcino, la cui produzione continua nella celebre Tenuta Il Greppo - e di produrre anche vini più vicini alle esigenze del mercato.
“Ho voluto fare uno screening globale della mia proprietà - spiega Jacopo Biondi Santi - analizzandola in ogni suo aspetto: dalla composizione chimica dei suoli in ciascuna microzona, all’inclinazione, all’esposizione, fino al numero di ore di luce solare diretta che ogni porzione di territorio riceve nell’arco dell’anno; il tutto completato da una mappa consuntiva che ci permette di identificare per ciascuna particella di territorio la preparazione ideale del suolo, quale portinnesti utilizzare in relazione alla composizione dello stesso, quali e quanti interventi di manutenzione effettuare sulle viti, come contrastare gli attacchi delle malattie secondo principi biodinamici (l’azienda è biologica) …”.
“Credo che studi di questo tipo - continua Jacopo Biondi Santi - molto costosi se realizzati a titolo privato, dovrebbero essere istituzionalizzati a carico del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, creando una banca dati alla quale tutti gli agricoltori, di tutte le categorie, possano accedere godendone i benefici; è chiaro che poi, partendo da queste basi, ogni azienda potrebbe contestualizzare nel proprio ambito produttivo - sia esso vitivinicolo, olivicolo o frutticolo - attraverso approfondimenti specifici, tale patrimonio di informazioni, al fine di valorizzare sempre di più i territori irripetibili da cui provengono i nostri vini, legandoli quanto più possibile a cultura, storia e microzone. Il ruolo di un imprenditore moderno consiste anche nel guardarsi intorno ed essere attento alle esigenze di tutto il proprio comparto per il bene comune, e di essere costantemente aggiornato sulle opportunità che l’innovazione scientifica offre agli agricoltori, tradizionalmente un po’ restii a cambiare le cose”.
L’Agenzia Spaziale Europea sta, intanto, già predisponendo l’uso del satellite nella gestione dei vigneti, mentre in California si tratta di una tecnologia già ampiamente utilizzata. Lo scenario prospettato dagli scienziati per il futuro è ancora più avveniristico: tra alcuni anni con le vendemmiatrici meccaniche collegate ai satelliti sarà possibile ricevere direttamente in cantina un quadro della vendemmia in tempo reale, metro per metro. In questo modo si potranno avere svariate informazioni, dalla produzione del vigneto allo stato di maturazione delle uve. Quando investire in vino d’autore rende …
La curiosità - La Biondi Santi al primo posto
delle “blue chips” italiane in bottiglia
Il vino d’autore è piacere, passione e glamour, ma le etichette più pregiate possono trasformarsi anche in un’importante occasione di investimento: chi ha scommesso, nel mercato e nelle aste, nelle “blue chips wine” si è assicurato rendimenti da record, superando di gran lunga i guadagni di Bot, Borsa e beni immobiliari, specialmente in questi tempi di crisi economica. La conferma? Stando alle quotazioni delle aste internazionali, la Biondi Santi, storica griffe che ha “inventato” il Brunello di Montalcino, è la cantina a più alto indice di rendimento in Italia: la riserva 1955 - unico vino del nostro Paese inserito tra i dodici migliori del Novecento nella classifica di Wine Spectator, la “bibbia” enologica degli Usa - si è rivalutata del 141.923% sul valore iniziale, e la Riserva 1945 si è incrementata dell’85.112%. Addirittura cifre da capogiro per i “gioielli storici” della maison che ha fatto grande il Brunello di Montalcino, annate ormai introvabili e ricercatissime dai collezionisti nelle aste di tutto il mondo (Christie’s, Sotheby’s, Finarte, Pandolfini): nel 1988, la Riserva 1888 è stata venduta per 20.658 euro, e nel 2001 la Riserva 1891 è stata aggiudicata, dopo vari rilanci, per 15.235 euro. Ma, oltre che per le aste, lo stesso trend vale per i rendimenti di mercato delle migliori vendemmie Biondi Santi: in enoteca, al 1 gennaio 2004, la Riserva 1975 (in commercio dal 1981, dopo sei anni dalla vendemmia, come tutte le Riserve Biondi Santi) si è rivalutata del 2.410% e la Riserva 1990 (in commercio dal 1996) si è incrementata, in soli sette anni, dell’832%. Attenzione: si tratta di esempi più unici che rari, che solo la Tenuta Il Greppo Biondi Santi può garantire: per questa ragione è l’unica griffe italiana che può essere accostata ai grandi Premier Cru francesi, con i quali condivide blasone, storia ed eccellenza qualitativa. Un primato che Jacopo Biondi Santi sta trasferendo in parallelo nello Schidione, già Supertuscan di culto nel mercato e nelle aste, che nasce in Maremma nella Tenuta del Castello di Montepò.
Il ritratto - Biondi Santi, la dinastia
del vino da Montalcino a Montepò
“Coniugare la tradizione con le nuove esigenze del mercato”. E’ questa la filosofia di Jacopo Biondi Santi, alla guida di un insieme di aziende: Tenuta Il Greppo (22 ettari vitati), griffe storica del Brunello di Montalcino e del vino italiano di grande prestigio; Villa Poggio Salvi (38 ettari), dagli anni Ottanta proprietà di Francesca Tagliabue, moglie di Jacopo Biondi Santi; Castello di Montepò a Scansano (60 ettari vitati), una delle tenute più affascinanti della Toscana, di proprietà di Jacopo e Francesca Biondi Santi, che l’hanno acquistata dalla famiglia dello scrittore inglese Graham Greene. La Biondi Santi Spa (giro d’affari 2003: 8,5 milioni di euro) ha oggi a listino 36 referenze, frutto del lavoro delle tre aziende, ognuna con la propria filosofia e marchio commerciale. La produzione totale è di 500.000 bottiglie all’anno, di cui il 45% è destinata all’export: i principali mercati di riferimento sono Stati Uniti, Giappone, Germania, Svizzera, Brasile e Canada. Dal 2002 Biondi Santi è nella selezionata rosa di aziende di Altagamma, associazione che riunisce le più belle griffe del “made in Italy”: Ferrari, Gucci, Ferragamo, Versace, Etro, Fendi, Ferrè, Valentino, Tod’s, Bulgari ... Grandi imprese appartenenti al settore della moda, del design e dei motori, unite con l’obiettivo di contribuire alla valorizzazione dei beni e dei marchi del nostro Paese, cui si affianca con assoluta proprietà il vino rappresentato da Biondi Santi.
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