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C'ERA UNA VOLTA LA "BARBATELLA" ...

Come nei racconti più affascinanti, la piccola barbatella crescerà e diventerà una rigogliosa vite, darà succosi acini d’uva che si trasformeranno in un vino da favola! E come in ogni novella c’è il mago e la magia. In questo caso il ruolo è interpretato dal viticultore che con attenzione e sapienza dovrà discernere e dosare accuratamente gli ingredienti che occorrono per giungere alla trasformazione finale. A noi, fruitori compiaciuti della famosa bevanda, la storia piace perché…vissero tutti felici e contenti, ma leggiamo anche fra le righe perché potremmo scoprire che dietro tutto il tempo, il lavoro e la difficoltà che servono per ottenere un buon vino occorre davvero l’impiego di un’arte un po’ occulta, l’arte di far fruttare la terra.

Nell’antichità era risaputo che il vino ottenuto dalle vigne in collina era di meno ma più buono di quello di pianura, ma la loro coltivazione si basava di solito su conoscenze approssimative acquisite spesso solo con l’esperienza e i cui errori erano il più delle volte nascosti dalla robustezza della vitis vinicola che ha da sempre avuto il grande pregio di attecchire e crescere anche in situazioni non ottimali. Oggi si guarda alla produzione enologica con presupposti indirizzati all’ottimizzazione del prodotto in termini di quantità, ma soprattutto di qualità e scienza e tecnologia sono due alleati preziosi per raggiungere questi risultati. Ecco allora che la barbatella, la piccola pianta di vite, sarà trapiantata in un ambiente preventivamente analizzato e studiato ed eventualmente reso ancora più adatto alla sua crescita. Vediamo, sinteticamente, quali sono gli elementi che vengono presi in considerazione nello scegliere il terreno per l’impianto di un determinato vigneto.

Il calore e la luce del sole e, naturalmente, l’acqua sono gli ingredienti primari per lo sviluppo della pianta. Le ore ideali di insolazione vengono generalmente indicate tra le 1300 e le 1500 e le temperature medie devono oscillare tra i 18-20°C in estate e 0°C in inverno, non inferiori comunque ai 10°C di media annua. L’altitudine, che sarà direttamente proporzionale alla latitudine, influisce in modo notevole su questi dati così nelle zone collinari la pendenza del terreno, oltre che favorire un deflusso dell’acqua in eccesso, potrà facilitare anche la concentrazione dei raggi solari. Se nelle regioni climaticamente più calde l’influenza del sole arriva anche in zone non totalmente esposte, in quelle più fredde si cercherà di disporre il vigneto verso mezzogiorno in modo da sfruttare tutto il calore del giorno. Per quanto concerne la pioggia è preferibile che le precipitazioni atmosferiche (600/700mm annui) siano concentrate nel periodo primaverile quando le piante stanno germogliando e hanno quindi più bisogno di nutrimento. Sembra poi dimostrato che la vicinanza di corsi d’acqua abbia un azione benefica per il mantenere una umidità e una temperatura costante in quanto limita l’escursione termica. E’ indispensabile quindi considerare anche tutti quei piccoli elementi, come per esempio un fogliame troppo rigoglioso che ombreggia i grappoli o un terreno che per natura trattiene troppa umidità, che possono portare alterazioni sostanziali nell’ambiente climatico anche di uno stesso appezzamento.

Questi fattori già determinano le caratteristiche organolettiche del prodotto e una primaria scelta del vitigno perché la quantità di sole che quella di acqua determinano sia il contenuto zuccherino dell’uva che il grado alcolico del vino. Pensiamo, per esempio, alla nostra penisola con i vini bianchi del nord, quelli liquorosi del meridione e le regioni centrali dove troviamo vini corposi sia rossi che bianchi.

La scelta del tipo di pianta non può limitarsi solo a queste conoscenze, c’è un’altra variabile, che fa sì che uno stesso vitigno produca addirittura vini differenti, il terreno. Questo accade perché la composizione del suolo fornisce non solo l’impianto ma, ovviamente, anche il nutrimento alla vite, bisogna quindi conoscere preventivamente la sua struttura fisica e chimica, dal grado di acidità ai diversi sali minerali contenuti, ed eventualmente intervenire per renderlo migliore per la pianta.

Tra considerazioni geografiche e geologiche, analisi chimiche e climatiche, il viticultore ha già avuto un gran daffare, adesso ha tutti gli elementi per scegliere la barbatella giusta per il suo vigneto ed è giunto al momento di rimboccarsi le maniche.

Si inizia con dissodare il terreno e si pratica una livellatura per renderlo più uniforme possibile, si tracciano gli scoli per il drenaggio dell’acqua e si procede a scavare una fossa continua, tanto più profonda tanto maggiore è la consistenza del terreno, dove verranno sistemate le piantine, ma prima un’altra operazione importante: il sesto impianto. Si tratta della definizione delle distanze tra un filare e l’altro e tra una pianta e l’altra e che stabilirà la densità di piante per ettaro. Non solo, gli approfondimenti nel capo della viticoltura hanno appurato che, aumentando la concentrazione delle viti (da 2-3000 a 5-7000), si ottengono anche risultati qualitativamente migliori. Adesso si possono segnare i filari, gli interfilari, le capezzagne e sistemare i pali, i tiranti e i fili che sosterranno le viti.

La piccola pianta, finalmente accomodata nel neovigneto, avrà bisogno di ben tre anni prima di fruttificare, ma solamente dopo altri due anni giungerà a produrre raccolti apprezzabili. Durante la sua crescita sarà seguita con pazienza dal viticultore che attraverso la potatura le darà una forma, che dipende dalla tradizione e dalle proprie esigenze, ad alberello, a pergola, a guyot ..., che la concimerà e le toglierà le erbe infestanti dal terreno. Ci sono però le gelate, le grandinate, i parassiti vegetali (muffe, peronospora,oidio) e animali (filossera, acari, virosi), tutte insidie che potrebbero mettere in serio pericolo raccolto e vigneto, e se, contro gli eventi atmosferici non sempre il nostro mago sarà in grado di proteggere le sue piante, per gli altri nemici farà ricorso all’aiuto di prodotti chimici o, meglio ancora, dei parassiti antagonisti.
E al brindisi finale manca ancora metà della storia…!

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