“Le produzioni qualificate del made in Italy non sentono sicuramente l’esigenza dei trucioli, in quanto non rappresentano una pratica sostitutiva dei classici metodi di affinamento del vino in legno. Dunque questo è un tema che non mi “appassiona” molto, proprio perché non mi riguarda direttamente. Da imprenditore mi rendo conto però che possono esserci segmenti di vini che non hanno un radicamento forte nel territorio, che si inseriscono in un segmento di prezzo più basso, e che potrebbero quindi avere una certa utilità nell’utilizzo dei trucioli, proprio per competere con gli stranieri che invece li adottano da tempo”. Così Piero Mastroberardino, uno dei più importanti produttori italiani (nonchè presidente di Federvini/Confindustria, ndr) intervistato da WineNews, interviene sulla questione dei trucioli che oggi è tornata prepotentemente alla ribalta perché la possibilità di un loro utilizzo è stata analizzata nel corso del Comitato di gestione dei vini a Bruxelles. Saranno necessari infatti ancora tre o quattro mesi poi anche i viticoltori europei - a determinate condizioni - avranno la possibilità di usare trucioli di legno di rovere per “invecchiare” il loro vino, come già avviene per molti vini importati in Europa dagli altri partner mondiali. L'unica incognita ancora da sciogliere: la modifica all'Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) di alcune norme chieste dall'Europa sull'etichettatura. Da alcuni mesi la questione è discussa dagli esperti dei 25 stati membri e della Commissione Ue per evitare ai produttori europei quella che di fatto viene considerata una concorrenza sleale. Ai viticoltori americani, sudafricani, sudamericani o altri é infatti permesso di sostituire l'invecchiamento tradizionale e in barrique con l'immissione direttamente nel vino di trucioli per migliorare il prodotto sotto il profilo del gusto, della morbidezza, dell'aroma. Il compromesso che si profila prevede di introdurre anche in Europa questa pratica enologica ma ogni stato membro può decidere in quale categoria di prodotti autorizzarla. L'Italia ha indicato che consentirà questa pratica solo nei vini da tavola mentre verrà vietata per le denominazioni di origine. I paesi europei produttori di vino e la Commissione Ue hanno concordato di introdurre la pratica del truciolato nella normativa europea accettando che non venga ripresa in etichetta. Hanno però posto una condizione importante: vietare in etichetta l'indicazione “invecchiato in barrique” per i vini soggetti alla pratica enologica del truciolato. Nei prossimi mesi la risposta della Wto e la decisione dell'Ue.
Secondo Confagricoltura “La proposta di modifica al regolamento Ue di introdurre l'impiego dei trucioli nella produzione di vino danneggia gravemente i produttori di vino che vogliono utilizzare tecniche tradizionali di produzione, ovvero quelle tecniche che non attribuiscono caratteristiche “ingannevoli” al prodotto. Ciò determinerebbe una situazione di grande confusione nei consumatori - spiega Confagricoltura - costringendo verosimilmente i produttori che utilizzano legno o barrique a differenziare le loro bottiglie mediante indicazioni facoltative in etichetta, con costi aggiuntivi rispetto a coloro che usano i trucioli". Dello stesso avviso Coldiretti: “L’utilizzazione dei trucioli per invecchiare il vino senza un’etichettatura trasparente inganna i consumatori e danneggia i produttori che si impegnano nel mantenimento di tecniche tradizionali, quali la maturazione dei vini in botti di legno”. Più possibilista la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori): "Non ci opponiamo a questo tipo di procedimento, ma chiediamo che, prima che venga adottata qualsiasi definitiva decisione a livello comunitario, ci sia l'impegno dell'Ue a prevedere nell'etichetta la chiara indicazione sul metodo utilizzato per invecchiare il vino".
Anche Città del Vino e Legambiente si schierano contro l’utilizzo dei trucioli: “La pratica enologica in uso negli Stati Uniti e ora ammessa anche in Europa va decisamente contro la tradizione e l’identità vitivinicola europea e italiana in particolare - spiegano congiuntamente le due associazioni - indurrà in confusione il consumatore e rischia di mettere in crisi quel che resta di una plurisecolare tradizione artigianale, quella dei bottai”. Legambiente e Città del Vino si appellano quindi al nuovo governo affinché venga sbarrata la strada all’impiego di queste pratiche che nulla hanno a vedere con la tradizione enologica italiana.
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