Alba, Asti, Barbaresco, Barile, Barolo, Buonconvento, Canale, Carema, Carmignano, Castagneto Carducci, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Diano d’Alba, Dogliani, Dozza, Firenze, Frascati, Gaiole in Chianti, Gattinara, Greve in Chianti, Jesi, La Morra, Melissa, Monforte d’Alba, Montalcino, Montecarotto, Montefalco, Montescudaio, Neive, Nizza Monferrato, Ovada, Pramaggiore, Radda in Chianti, Rufina, San Severo, Siena, Treiso d’Alba, Zagarolo: sono questi i 39 Comuni che hanno fondato il 21 marzo 1987 a Siena le “Città del Vino”, e che ieri si sono ritrovati a discutere di nuovo sul futuro del vino (l’associazione oggi ha 548 Comuni e 21 soci straordinari).
I temi e i dati analizzati? “Investimenti - si legge in una nota stampa - per l’innovazione in vigneto e in cantina, misure per l’ambiente e lo sviluppo rurale ed anche un fermo no ad un’estirpazione indiscriminata che metterebbe a rischio i paesaggi del vino delle isole, di montagna e dei territori minori. Ed ancora, lo strumento più adeguato per “produrre meno e produrre meglio” è quello di intervenire sull’abbassamento delle rese per ettaro, incidendo fortemente anche sulla maggiore qualità delle uve, quindi del vino. Le risorse potrebbero essere utilizzate per rinnovare i vigneti; agevolare la superficie media aziendale, favorendo aggregazioni tra imprese; riformare i meccanismi di gestione delle denominazioni, con una più chiara responsabilità di filiera; fare promozione e marketing efficaci; incentivare l’uso di eccedenze per altri scopi, come quello energetico con il bioetanolo. Le Città del Vino hanno chiesto anche la difesa del sistema delle denominazioni d’origine, che comunque necessita di miglioramenti da introdurre con la riforma della legge 164/92, rinnovando il ruolo delle Igt, che possono essere terreno di sperimentazione per mantenere un saldo legame con il territorio”.
Il presidente Valentino Valentini ha anche evidenziato nuovamente “negli ultimi venti anni nelle Città del Vino le enoteche sono cresciute del 60%, i ristoranti del 100%, la popolazione è aumentata del 10% nei piccoli borghi e del 27% nelle case sparse (quindi in territorio rurale); tutto questo mentre nel resto del Paese sono aumentati gli abitanti delle grandi città; nelle Città del Vino 35 case sparse ogni 100 sono stabilmente abitate, nel resto d’Italia lo è solo 1 su 100. E tutto questo significa che, nei nostri Comuni, la qualità della vita è alta, merito degli sforzi fatti in questi anni dalle imprese e dagli amministratori che si sono impegnati nella salvaguardia dell’ambiente e nella promozione della cultura e dell’identità dei singoli territori”.
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