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VINO? SÌ GRAZIE, MA QUELLO SENZA LA BOTTIGLIA INTORNO. TORNA DI MODA LO “SFUSO”, A RIPORTARLO IN AUGE QUALCHE GRANDE “FIRMA” DEL BEL PAESE. IL VINO “SFUSO” TORNA PROTAGONISTA DELLE VENDITE EFFETTUATE DIRETTAMENTE IN CANTINA

Da Nord a Sud, torna di moda lo “sfuso”. A riportarlo alla ribalta nomi altisonanti del panorama enologico del Bel Paese. E se regioni come Veneto, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo o Sicilia, non avevano perso per la strada l’alternativa del vino senza la bottiglia intorno, fa specie che anche in Piemonte e in Toscana questa tipologia si stia decisamente riaffacciando anche nelle cantine dei nomi più blasonati.

C’è chi non ha mai abbandonato questa pratica, chi l’ha cominciata adesso, chi invece l’ha ritirata fuori dopo anni di pausa. A ben guardare una tendenza, registrata da qualche tempo da www.winenews.it, uno dei siti più seguiti del wine web, per nulla trascurabile, dettata, evidentemente, da una crisi nelle vendite sul mercato interno ancora lontana dall’essere completamente scongiurata, che ha indotto non poche cantine a reintrodurre nel proprio portafoglio prodotti l’opzione dello “sfuso”. Ma anche suggerita dal selvaggio brulicare negli scaffali di enoteche e supermercati di una crescente quantità di etichette improbabili, difficilmente riconducibili ad aziende conosciute, che giocano tutto il loro appeal sul prezzo.

Difficili da far “digerire” al consumatore italiano decisamente sempre più avveduto e per nulla disposto, davanti a questo tipo di incognita, ad arrendersi alla sola convenienza. Così, molti consumatori abituali di vino preferiscono spesso organizzarsi con una damigiana o un più moderno brick per andare direttamente in una cantina conosciuta ad acquistare il vino di “tutti i giorni”. Il prezzo unanimemente riconosciuto giusto per un vino “quotidiano” è sui 7/8 euro (che poi sono sempre 14/16.000 lire del vecchio conio) che, se davvero consumato ogni giorno, abitudine ancora intatta in molte case, inciderebbero sul bilancio domestico per una cifra vicina ai 3.000 euro l’anno. Una follia per i più.
Ecco allora che, invece di navigare nel mare magnum di vini sconosciuti e imbattersi magari in prodotti non all’altezza del loro costo, sta tornando di moda un’usanza che in molti, forse troppo frettolosamente, avevano giudicato sulla via del tramonto, se non addirittura guardato con sospetto: l’acquisto di vino sfuso direttamente in cantina. Anche perché, comprare il prodotto sfuso non vuol dire bere vino di scarto o adulterato, anzi, spesso gli assaggi stupiscono per qualità (i cosiddetti “torchiati” sono vini ottenuti da moderne presse, assolutamente non paragonabili ai torchi della tradizione e, molto spesso, addirittura, i prodotti destinati alla vendita come sfuso, non sono altro che il risultato della vendemmia delle viti più giovani, per esempio al loro primo anno di produzione).

Il ritorno dello “sfuso” significa per le aziende eliminare tanti costi (bottiglia, etichetta, sughero, commercializzazione ...) e spuntare prezzi vantaggiosi (da 1 a 2 euro al litro); per il cliente andare in cantina significa passare un momento piacevole in luoghi spesso molto belli, assaggiare direttamente il prodotto che si va ad acquistare, evitando brutte sorprese. Senza precludersi l’apertura della bottiglia di pregio, da riservare però ad occasioni particolari. E poi, con il vino sfuso di qualità, si riesce a fare bella figura anche nel caso di convivi numerosi, riuscendo ad accontentare i commensali senza rimetterci lo stipendio.

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