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VINITALY 2007 - DOPO LA PAURA TORNA L’OTTIMISMO E IL MONDO DEL VINO SI INTERROGA SUL SUO FUTURO. GLI SCENARI PROSSIMI SECONDO MASTROBERARDINO, PEDRON (GIV), PLANETA E GAJA

Decisamente positive le aspettative sul futuro del vino italiano. Ma anche una responsabile attenzione verso i problemi che restano ancora aperti, da parte dell’Italia enologica. Si potrebbe sintetizzare in questo modo il “sentiment” diffuso dell’imprenditoria vitivinicola italiana, alle prese con il futuro del mercato, ma anche del suo assetto come sistema, emerso oggi a Vinitaly nel convegno “Vino: il mercato che verrà”, organizzato dalla rivista “L’Informatore Agrario”.
“La polverizzazione delle aziende, accanto ad una frammentazione dei sistemi locali, come quello delle denominazioni, restano ancora elementi problematici della nostra offerta - spiega Piero Mastroberardino a capo della azienda campana Mastroberardino e presidente di Federvini - e un’incessante proliferazione di nuove denominazioni, rischia di creare confusione sui mercati, dove le aziende italiane, al di là della loro massa critica, fanno ancora fatica a posizionarsi in modo chiaro ed efficace”.
“Abbiamo passato almeno gli ultimi 5 anni a ripeterci “meno norme, più mercato, viva il marchio” - spiega Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini (Giv) - ma forse abbiamo sbagliato. Il modello del Nuovo Mondo sta andando lentamente in crisi e le nostre complicazioni burocratiche, i nostri vincoli, dopo tutto, ci hanno salvaguardato. E, Paesi come Usa e Australia cominciano a cercare un ancoraggio più sicuro al territorio e a darsi delle regole. Come io non parlavo di crisi nel recente passato - continua Pedron - oggi non vedo come si possa parlare di fine della crisi. E’ vero c’è grande ottimismo fra i produttori, ma è la stessa cosa anche fra i consumatori? Penso piuttosto che sia tornata una certa normalità nei mercati in cui siamo riusciti ad esportare di più, a fronte di guadagni più bassi. Una reazione a difficoltà di mercato - conclude Pedron - che è gravata soprattutto sulle spalle dei viticoltori, costretti a vendere le loro uve praticamente sottoprezzo”.
E guardando più da vicino ai mercati internazionali, Alessio Planeta osserva che “mercati quali Cina, India, Messico, sono mercati promettenti anche se ancora da decifrare perfettamente e per adesso non da grandi numeri. Piuttosto continuo a non comprendere come un mercato come quello degli Stati Uniti sia di riferimento grazie al “fenomeno”, davvero indecifrabile, del Pinot Grigio italiano e all’influenza di una unica rivista specializzata”.
“L’Europa del vino non è più in tempo per darsi un assetto strategico diverso sul modello del Nuovo Mondo - spiega Angelo Gaja - e questo, a posteriori, rappresenta un vantaggio competitivo. Piuttosto sono contrario al proliferare di nuove denominazioni, create solo per questioni esclusivamente di “campanile”. Come sono contrario all’introduzione di una Igt Italia: non solo perché porterebbe soltanto ulteriore confusione e la possibilità di fare un vino con uve provenienti da tutta la Penisola, ma anche perché andrebbe ad impattare con il pregresso delle nostre Igt, costituito da vini simbolo come, per esempio il Tignanello o il Masseto”.

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