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UNIONE EUROPEA: BENE STOP A FALSO GRANA IN ITALIA E ALL’ESTERO. IL MERCATO DEL FALSO “MADE IN ITALY” A TAVOLA VALE 50 MILIARDI DI EURO. LO AFFERMA LA COLDIRETTI

Nella lotta alle falsificazioni e alle imitazioni con l’utilizzo improprio delle denominazioni occorre agire con rigore in Italia e all’estero per evitare il rischio di una banalizzazione dei nostri prodotti tipici che già costa al nostro Paese 50 miliardi di euro all’anno. Lo afferma la Coldiretti nel commentare positivamente la decisione della Corte di primo grado dell’Ue che ha annullato, con una sentenza a Lussemburgo, la registrazione del marchio “Grana braghi” concesso nel 2003 dall’Ufficio europeo dei marchi di Alicante (Spagna) all’azienda italiana omonima, accogliendo il ricorso presentato dal consorzio Grana Padano.

La sentenza sancisce che la dizione “Grana” non è generica e riservarne quindi l’utilizzo in modo esclusivo ai formaggi che rispettano le norme contenute nel disciplinare di produzione del Grana Padano è - sottolinea la Coldiretti - una scelta di trasparenza per evitare che i consumatori siano tratti in inganno. Si tratta peraltro - continua la Coldiretti - di un precedente importante anche in vista della sentenza della Corte di Giustizia Ue contro la Germania per l’utilizzo improprio del termine Parmesan per formaggi di imitazione del Parmigiano Reggiano.

All’estero - continua la Coldiretti - è falso un prodotto alimentare italiano su quattro con le esportazioni di prodotti alimentari dall’Italia che raggiungono il valore di 16,7 miliardi di euro e rappresentano appena un terzo del mercato mondiale delle imitazioni di prodotti alimentari “made in Italy” che vale oltre 50 miliardi di euro. Se in Europa insieme al parmesan tedesco la Coldiretti ha scovato la Fontina svedese, il Parma grattugiato venduto in Spagna e il Cambozola (palese imitazione del gorgonzola) dalla Germania, in giro per il mondo sono numerose le imitazioni del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano che - rileva la Coldiretti - sono i due prodotti italiani tipici più imitati che diventano Parmesao in Brasile, Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesano in tutto il Sudamerica, Parmeson in Cina o Parmesan dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia fino al Giappone, ma anche “Grana Pardano”, “Grana Padana” o “Grana Padona”.

Negli Stati Uniti - denuncia la Coldiretti - appena il 2% dei consumi americani di formaggio di tipo italiano sono soddisfatti con le importazioni di formaggi “made in Italy”, mentre per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California. In particolare - continua la Coldiretti - vengono venduti falsi Grana o Parmigiano Reggiano nove volte su dieci. Ma i falsi grana e parmigiano rappresentano solo la punta di un iceberg di un mercato internazionale taroccato che inganna il consumatore globale.

Se negli Usa si vendono salsa e conserva di pomodoro “Contadina“ (Roma style) trasformata in California, provolone del Wisconsin e Mozzarella del Minnesota, in Australia si produce Salsa Bolognese e formaggi Mozzarella, Ricotta, Parmesan “Perfect italiano” con bandiera tricolore in etichetta, mentre in Cina l’industria locale offre pomodorini di collina, Parmeson, Caciotta (Italian cheese) e addirittura - continua la Coldiretti - Pecorino (Italian cheese), ma con raffigurata sulla confezione una mucca al posto della pecora.

Ma esempi di prodotti alimentari italiani taroccati non mancano nel Vecchio Continente dove la Coldiretti ha scoperto produzioni tedesche di Aceto balsamico di Modena e di Amaretto Venezia con una bottiglia la cui forma imita scandalosamente l’Amaretto di Saronno, mentre in Spagna si imbottiglia olio di oliva Romulo con disegnata in etichetta la lupa che allatta Romolo e Remo e si vende formaggio grattugiato Parma. E se in Portogallo si produce pasta Milaneza e spaghetti Napoletana, nei nuovi Paesi aderenti all’Unione Europea come l’Estonia - prosegue la Coldiretti - si vende salsa al basilico Bolognese di origine incerta. Siamo di fronte a un inganno globale per i consumatori che causa danni economici e di immagine alla produzione italiana e che sul piano internazionale va combattuto cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove - ha concluso il presidente della Coldiretti Sergio Marini - occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari.

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