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SALONE DEL VINO (TORINO, 26/29 OTTOBRE 2007) - QUOTARSI IN BORSA PER CRESCERE ED INNOVARE: ECCO LA STRADA DELLE CANTINE ITALIANE PER VINCERE LA SFIDA DEL MERCATO GLOBALE. GLI ESPERTI A CONVEGNO

Il primo comandamento per le cantine italiane è aggregarsi, innovare e dotarsi di capitali più robusti per reggere la concorrenza internazionale: è il giudizio del convegno “Vino & Finanza, gli strumenti per crescere”, messo in piedi dalla Promotor International con la collaborazione de Il Sole 24 Ore, il più diffuso e autorevole quotidiano economico italiano, che ha messo in luce come uno dei principali problemi del settore vitivinicolo in Italia sia l’atomizzazione, la ridotta dimensione delle imprese, la mancanza di un sistema commerciale capace di reggere l’urto della concorrenza organizzata dei Paesi emergenti, e soprattutto una debolezza di capitali.
Di particolare significato la comunicazione di Anna Clauser di Borsa Italiana Spa, la quale ha affermato: “erroneamente si crede che la quotazione non sia destinata ad aziende di dimensioni medie o piccole come le cantine. Si sono aperti apposta nuovi “contenitori”, come ad esempio il mercato Espandi, dove appunto la media delle aziende quotate sta sotto i 50 milioni di fatturato. La più piccola ammessa a questo listino ha solo 14 milioni di fatturato, ma in tre anni ha triplicato le sue dimensioni sfruttando bene la massa di capitale che gli è arrivata attraverso operazioni di oversubscrition. Una dimensione propria di molte cantine. Da un’analisi che abbiamo compiuto - ha sottolineato la Clauser - abbiamo visto che già al momento 9 cantine italiane potrebbero quotarsi, ma con pochi interventi la platea delle aziende vitivinicole che possono aspirare al listino sono 56. Noi siamo pronti a fornire ogni consulenza. Quotarsi è uno strumento per aggregare, per consolidare e per innovare. Stiamo pensando anche ad un sistema di quotazione per aggregati, sul tipo dei fondi. Certo bisogna accettare lo spin off (cioè la separazione) tra proprietà fondiaria e gestione dell’impresa. Bisogna avere almeno tre caratteristiche: buona marginalità, buona redditività, buona capacità di generare incremento finanziario, ma sono convinta che attraverso la quotazione le cantine italiane potrebbero essere incentivate a risolvere i problemi di dimensioni, i problemi di pulizia dei conti per far emergere i costi nascosti, problemi anche di passaggio generazionale”.
La eccessiva parcellizzazione delle imprese è stato il tema centrale del dibattito. Lo ha sottolineato con forza Gianni Chiri, responsabile del settore agroalimentare di San Paolo Intesa, che ha aggiunto: “è necessario che oggi banche e imprese dialoghino su un terreno di collaborazione. Si temeva che Basilea 2 creasse problemi di accesso al credito. Si è visto che non è stato così. Anzi è stato un fattore di crescita perché ha spinto le aziende ad essere ancora di più imprese. Hanno dovuto pulire i loro bilanci, recuperare efficienza. Ma sono convinto che oggi le banche possono essere un partner nella crescita del sistema vino. Queste aziende hanno caratteristiche di vitalità e capacità di generare marginalità positive molto interessanti. Serve spesso la consulenza finanziaria e questo la banca deve imparare a fare. Noi come San Paolo abbiamo per esempio creato le cosiddette banche territoriali proprio per interpretare al meglio i bisogni della cantine. Che tuttavia devono fare uno sforzo per crescere dimensionalmente, per mettersi insieme. Il sistema bancario è prontissimo a finanziare buone idee e soprattutto processi di crescita dimensionale”. Un imperativo quello di fare sistema riproposto sia da Giuliano Lengo, del centro estero per l’internazionalizzazione delle imprese del Piemonte, sia da Luca Remmert del Comitato Torino Finanza, il quale ha affermato: “le banche devono abituarsi a finanziare i progetti e non i soggetti”.
Ma i tre pilastri sui quali tutti chiedono di insistere per ammodernare il sistema imprenditoriale del vino è: identità, dimensioni, innovazione. Lo ha sottolineato Vittorio Manganelli, direttore dell’Università delle Scienze Gastronomiche, lo ha chiesto con forza Lamberto Vallarino Gancia, a capo delle storiche cantine ma anche presidente del Comitato europeo delle imprese vitivinicole, il quale ha sottolineato: “ci serve fare qualità, ci serve avere la capacità di stare sul mercato globale avendo buoni reti distributive, ma ci serve anche far percepire la cultura del vino attraverso una esportazione del nostro modello di consumo”. Sui valori immateriali ha molto insistito Pierangelo Biga di International Capital Management, il quale ha sottolineato come “oggi le cantine devono vendere valore e comunicare valore attraverso sia il marchio di territorio sia il brand aziendale, ma per farlo servono politiche di promo-commercializzazione di sistema” . Ed al sistema vino si è riferito anche Christian Roger di “Vino & Finanza”, che ha sostenuto come in Italia “sarebbe importante importare il sistema della vendita en primeur, per farlo tuttavia è indispensabile che l’Italia organizzi correttamente degustazioni en primeur, che i grandi vini accettino di sottoporsi a questo sistema, che i prezzi delle annate varino a seconda della qualità e che nascano i commercianti o meglio i grandi distributori di vino”. La vendita en primeur però riporta la necessità di dotare finanziariamente il sistema vino Italia, che assieme all’aggregazione e alla innovazione sono i tre comandamenti per il vino italiano che voglia crescere e avere successo nel mondo.

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